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dilemmi a sinistra

Giani: “Il Jobs Act? Schlein ne parli in Direzione nazionale"

Luca Roberto

"Le scelte politiche non possono essere frutto solo dell'espressione di un punto di vista personale", dice il presidente della Toscana. Che aspetta di sentire le ragioni della segretaria in un appuntamento convocato dai vertici del partito

Le sue parole sintetizzano almeno in parte l’aria che tira in un pezzo di Partito democratico. “Sul Jobs Act voglio vedere quali saranno le decisioni che prenderemo al nostro interno, discutendo nella direzione nazionale. Perché è quella la sede opportuna per dibattere sul metodo e nel merito, non rilasciando dichiarazioni sui giornali”. E insomma il presidente della Toscana Eugenio Giani si aspetta, al di là di un posizionamento personale già espresso da Elly Schlein a proposito della consultazione referendaria della Cgil per abolire le regole introdotte in epoca renziana, un’elaborazione ufficiale da parte del Pd. ” Vedremo che tipo di contenuti, che tipo di riflessi sono stati individuati dalla segretaria e che verranno portati all’interno della discussione del partito. Solo dopo averli visti mi esprimerò. Le scelte politiche non possono essere frutto solo dell’espressione di un punto di vista personale”, dice.

 

Giani è un pragmatico, viene da una storia riformista. Per questo, quando gli chiediamo se secondo lui il Jobs Act abbia funzionato o meno risponde che “le opinioni personali hanno poco senso”. Rimandando tutto, appunto, a un confronto specifico sull’argomento, tutto interno alla direzione, luogo deputato a far discutere le diverse anime dem. “Anche perché è una materia delicatissima da affrontare, soprattutto adesso che siamo in piena campagna elettorale”, spiega ancora Giani. 

 

E’ un po’ l’attitudine sposata dall’area vicina a Stefano Bonaccini, che ha voluto spegnere le tensioni degli ultimi giorni chiedendo che un confronto ci sia, certo, ma senza l’animosità di chi alla Schlein potrà chiedere chissà cosa. Questo perché, come ha spiegato anche il sindaco uscente di Bergamo Giorgio Gori, candidato alle elezioni europee nelle liste dem in quota riformisti, la decisione di Elly Schlein di firmare il referendum della Cgil “mi sembra una cosa coerente con la sua storia politica”. Aggiungendo pure, però, che “siccome firmare sarebbe totalmente incoerente con la mia storia politica, io sicuramente non firmerò”, perché “penso che il Jobs Act non abbia in alcun modo aumentato la precarietà che anzi è diminuita negli ultimi dieci anni, sono aumentati i posti di lavoro a tempo indeterminato, si è ridotto il contenzioso sui licenziamenti ed è rimasta perlopiù inapplicata la parte sulle politiche attive. Quello bisognerebbe fare, cioè completare l’implementazione del Jobs Act”.

 

Ad ogni modo Schlein, che in contrasto con le norme volute da Renzi decise di lasciare il Pd, non ha escluso un confronto ufficiale sulla materia. Conscia che esporre i dem in balia di un posizionamento così personalistico, della serie “io la penso così ma voi siete liberi di pensarla in maniera differente”, possa intensificare le critiche di chi la accusa di essere sempre più succube del Movimento cinque stelle. Ieri il senatore e responsabile Pnrr nella segreteria Alessandro Alfieri ha annunciato che non firmerà il referendum promosso da Landini, perché “preferisco firmare per il futuro e per ciò che unisce tutta la comunità democratica”. Stessa linea del presidente del Copasir Lorenzo Guerini. Mentre tra i firmatari c’è Laura Boldrini, ha fatto sapere ieri l’ex presidente della Camera. Fatto sta che una posizione elaborata in maniera condivisa potrebbe servire alla segretaria anche per togliere dagli imbarazzi e dall’impaccio il suo responsabile Economia Antonio Misiani. E cioè colui che all’epoca dell’introduzione del Jobs Act s’incaricò di portare avanti un lavoro che dimostrava come le regole introdotte all’epoca avevano avuto effetti positivi: “I dati sono lì, da vedere: si tratta di un punto di svolta quasi rivoluzionario per il mercato del lavoro dopo anni di evidente declino”, disse. Si capisce allora la difficoltà del senatore di esprimersi sul punto. E infatti a chi lo ha cercato in questi giorni per avere da lui un’intervista o anche solo un semplice commento ha fatto sapere di essere indisponibile in quanto “molto impegnato”.

  • Luca Roberto
  • Pugliese, ha iniziato facendo vari stage in radio (prima a Controradio Firenze, poi a Radio Rai). Dopo aver studiato alla scuola di giornalismo della Luiss è arrivato al Foglio nel 2019. Si occupa di politica. Scrive anche di tennis, quando capita.