La campagna

Calenda: Renzi ha lo stesso problema del Pd, e il Salvini “pacifista” farà cadere il governo

Marianna Rizzini

Il leader di Azione promuove un nuovo partito repubblicano, cercando di superare il bipolarismo politico in Italia. La politica estera diventa tema chiave: possibili scissioni nel Carroccio per le posizioni del segretario sulla Russia. Tensioni interne ai dem su lavoro e indirizzi ideologici

“Se continua così, il governo è finito”. Il leader di Azione Carlo Calenda commenta le parole del leader della Lega Matteo Salvini sul conflitto Russia-Ucraina (“la soluzione non è mandare altre armi”) e pensa che Giorgia Meloni abbia un problema: “Sul principale tema di politica estera non ci possono essere fratture così rilevanti”. Se le Europee andranno male per la Lega, dice Calenda, Salvini agirà in questa direzione: “Rinascerà un asse gialloverde: è nei fatti. A quel punto come possano uscirne non lo so. Nella Lega si arriverà a sostituire Salvini? Difficile per lo statuto del partito. Meloni cambierà linea? Ancora più difficile”. Difficile in un quadro europeo di preoccupazione, in cui il presidente francese Emmanuel Macron, di fronte a Vladimir Putin, non esclude neanche l’invio di armi. “C’è grande caos, più che grande preoccupazione”, dice Calenda: “E non sto capendo molto Macron: prima, senza consultarsi con nessuno, dice ‘siamo pronti a mandare militari in Ucraina’, scatenando il panico, e poi invia il suo ambasciatore al giuramento per il quinto mandato di Putin”. Se dovesse peggiorare la situazione, il problema si porrà. “Si deve fare quello che noi abbiamo proposto da tempo, una conferenza sulla sicurezza tra i grandi paesi europei e la Gran Bretagna”, dice Calenda. “In secondo luogo, si può riprendere una proposta espressa al Consiglio europeo di Helsinki del 15 ottobre del 1999, per schierare subito un contingente europeo di 60 mila uomini, da dislocare nei paesi Nato limitrofi alla Russia e alla Bielorussia. E continuare a mandare armi in Ucraina. La prospettiva rimanda alla Guerra Fredda: contenimento e deterrenza”. Putin non è Breznev, espressione di “una classe dirigente dittatoriale ma comunque plurale”, dice Calenda: “Arrivare al conflitto diretto con Putin vuol dire scontrarsi con un uomo solo che decide”. La linea non è però univoca in Europa, in Italia e nei singoli partiti. E non solo sull’Ucraina, vedi il tema del lavoro, con il referendum Cgil firmato dalla segretaria del Pd Elly Schlein ma non dai riformisti del Pd (che però restano in gran parte silenti). “Nel Pd c’è libertà di firma su tutto, si può dire tutto o contrario di tutto”, dice Calenda. Matteo Renzi dice (lo ha detto a questo giornale) che il Pd è finito. “Il Pd non è finito, e gli Stati Uniti d’Europa di Renzi e Bonino hanno lo stesso problema del Pd. Il Pd, comunque, è sempre stato così. Penso sia un partito nato male, da questo punto di vista: è il partito del ‘ma anche’. Sta con l’Ucraina ma anche no, è critico con Meloni sull’aborto ma candida Marco Tarquinio che lo paragona alla pena di morte.Gli elettori sono abituati”. Praterie al centro, ma il terzo polo non c’è più. Ci sono i riformisti pd, ma restano nel Pd. “Io non ho mai pensato che il problema in Italia fosse il centro, immaginato come un qualcosa che se vince la destra va a destra e se vince la sinistra va a sinistra. E’ la differenza fondamentale tra me e Renzi: io penso ci voglia un grande partito repubblicano che si rifà ai valori della Costituzione, da costruirsi spezzando il bipolarismo, non alleandoci con questo o quello a seconda di chi vince. Azione, lo ricordo, nasce contro l’idea di Renzi di fare il Conte 2”. Poi però c’è stato, con Renzi, l’abbozzo di terzo polo (fallito). “Noi lavoriamo per un grande partito repubblicano che tenga insieme l’anima liberal-democratica, quella popolare e quella riformista, punto. E a proposito di referendum Cgil: è pura ideologia. Landini fa politica, non sindacato. E Schlein gli va dietro”. I riformisti pd però non vanno ad Azione: “Fanno finta di non vedere: Giorgio Gori è candidato con Cecilia Strada che la pensa in modo opposto a lui e con la Evi che è più verde di Bonelli. Fanno finta di niente perché il Pd resta al 20 per cento. Ma piano piano ci sarà un’erosione. Certo, il nostro sarà un processo lento, ma penso si sia vicini alla caduta di quel bipolarismo che non solo ha distrutto il paese ma crea spaccature sul piano internazionale. Quando Salvini e Conte non voteranno per l’invio delle armi all’Ucraina, bisognerà capire chi le vota, e chi le vota dovrà stare insieme: questo è il punto dirimente, il resto sono chiacchiere”. La campagna elettorale di Calenda intanto procede a bordo della “BlablaCarl”, la macchina su cui dà passaggi agli elettori e nelle piazze in cui gira il microfono ai cittadini: “L’altro giorno, su trecento persone, soltanto due conoscevano la differenza tra Consiglio e Commissione europea. La campagna elettorale servirà anche a informare, per bucare il muro di disinteresse”. Temi principali: la situazione internazionale, il mes sanitario, il green deal, “in ordine di importanza”.

 

Di più su questi argomenti:
  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.