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"Dopo le europee decideremo noi”. La Liga veneta dà l'ultimatum a Salvini

Francesco Gottardi

Zaia dà il via libera alla rivolta nella Lega contro il segretario: basta imposizioni. E il suo assessore Federico Caner spiega: "Noi abbiamo sempre lavorato per un candidato veneto militante. Invece ci ritroviamo Vannacci. Se qualcuno pensa di imporci altre candidati dall’alto, beh: casca male”

Non c’è nemmeno più bisogno di scomodare il bulldog Marcato. “Se anche dopo le europee qualcuno pensa di imporci candidati dall’alto, beh: casca male”. A dirlo al Foglio è un altro assessore di Zaia: Federico Caner, una colomba della Liga. “Noi abbiamo sempre lavorato per un candidato veneto militante. Invece ci ritroviamo Vannacci”. Non veneto, non leghista. “Col nostro partito non c’entra nulla”, gli fa eco Gianpaolo Bottacin, altro assessore, altro serenissimo moderato. E’ l’effetto Zaia, che in questi giorni ha dichiarato “di sentirsi un peccatore a votarlo”. E il rompete le righe del doge ora scatena l’effetto a valanga. Si sfogano i dissidenti, si accodano tutti gli altri. “A Luca non piace bruciarsi con frasi a caldo, ma quando parla lascia sempre il segno”, gongolano i suoi. Voci fuori dal coro non ce ne sono più: “Basta imposizioni”. Salvini nel nord-est è più solo del suo generale.


Già la settimana scorsa, la vecchia guardia ci raccontava come il nodo Vannacci fosse la linea del Piave.Ora invece prendiamo atto di una lista giusta: le prese di posizione mie e di altri colleghi hanno aiutato”, tira un sospiro di sollievo Roberto Marcato, il più agguerrito assessore di Zaia, dopo che il generale è stato dirottato nelle circoscrizioni di centro-sud finendo penultimo a nord-est. Ma pure gli uomini ancora fedeli a Salvini – si contano sulla punta delle dita, a queste latitudini – stavolta non si tirano indietro. “Il capolista (Paolo Borchia, ndr) è un veneto”, esulta il segretario regionale Alberto Stefani. “Questi nomi tengono conto della rappresentanza della nostra terra”. Da Treviso, via sindaco Mario Conte, arriva poi un gentile invito. “Noi siamo per l’inclusione sociale: Vannacci venga a trovarci e cambierà idea”.

Era da tempo immemore che la riottosa Liga non si trovava così compatta. E più che simbolo, il no al generale è sostanza. “Questo è un soggetto indipendente stabilito dalla segreteria nazionale”, riprende Caner, assessore al Turismo e all’Agricoltura. “Non rappresenta il nostro Dna né i nostri obiettivi. Se ci avessero chiesto un parere saremmo stati trasparenti”. E infatti non gliel’hanno chiesto. “Andiamo avanti”. Caner è anche delegato ai Fondi Ue e sottolinea “la differenza fra amministrazione e politica: le europee hanno un certo tipo di peso, poi però toccheranno le regionali”. Qui la partita cambia. “Si tiene conto del presidente, della sua squadra e del buon governo: la nostra gente è abituata a distinguere. Mi auguro ci sia un confronto e sul territorio vogliamo contare noi. Se non possiamo scegliere Zaia, dovrà essere un veneto gradito a lui”. Mica a Salvini, sottinteso. “Ulteriori decisioni dall’alto sarebbero fuori luogo e fuori tempo”.

L’onda si gonfia, trova sponde reciproche. “Avete visto, che qualcosa contiamo ancora?”, si compiacciono i serenissimi alla notizia che Vannacci non sarà capolista lassù. Via Bellerio pare ci avesse fatto un pensiero. Ma ha preferito evitare lo scontro frontale con un serbatoio di voti come l’area Zaia: troppo fragile oggi il Carroccio salviniano. E così all’improvviso il maltrattato Veneto si riscopre forte: l’annunciato flop alle europee sarebbe tutto di Matteo. Basta aspettare al varco, guardarsi attorno. Negli uffici della Liga intanto si monitora con attenzione quel che sfugge al vicepremier. La laboriosa rete di Flavio Tosi, per esempio: il coordinatore regionale di Forza Italia conosce alla perfezione elettori e dirigenti leghisti. Dunque li tenta di continuo perché fa quel che ci si aspetta dalla Lega, mentre la Lega va in un’altra direzione. “D’altronde in politica i vuoti non ci sono”, si mormora fra i corridoi.

La deriva sovranista, con cedimento a destra, risulta incomprensibile e inaccettabile per chi è cresciuto nell’antifascismo bossiano. Per non parlare dell’irrilevanza a Bruxelles: “Contiamo come il due di coppe quando la briscola va a bastoni”, altra frase ricorrente. L’aveva chiarito fuori dai denti Toni Da Re, europarlamentare espulso: in una coalizione del genere, con Le Pen e compagnia strillante, nessuno dà credibilità alla Lega. I veneti invece sono pragmatici e ripudiano l’opposizione farlocca: se si vuole incidere e dare concretezza a certe idee serve un nuovo corso. E le preoccupazioni tornano a ricadere su Vannacci: attorno a Zaia si esulta sì, ma fino a un certo punto. Perché se il generale dovesse rivelarsi ineleggibile nel centro Italia – è stata avviata una richiesta di chiarimenti da alcuni parlamentari – il grosso rischio sarebbe ritrovarselo a nord est. Un disastro, una lotta impari rispetto ai candidati locali privi di visibilità mediatica. “I voti della Lega non possono asservirsi a questo”, si confida qualcuno. Oggi previo anonimato, domani chissà.
 

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