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Questione morale?

Cacciari: "Il codice etico Pd? È un segno di rimbecillimento. Come i test per i magistrati"

Marianna Rizzini

"Sono cose ridicole che sfidano il senso del pudore. Dev’essere una pandemia di rincitrullimento cui la scienza non riesce a porre rimedio. E purtroppo mi pare si vada verso la catastrofe", dice il filosofo

Dove non arriva la politica, può mai arrivare un codice etico di autoregolamentazione (e autodenuncia) per aspiranti candidati sindaci, consiglieri comunali, consiglieri regionali, governatori? La segretaria del Pd Elly Schlein pensa di poter applicare universalmente in futuro il codice predisposto dal commissario dem in Campania Antonio Misiani, secondo il quale il candidato si deve impegnare preventivamente a rendere noto ogni eventuale caso di condizionamento o voto di scambio. “Queste regole potranno essere estese in ogni luogo dove potrebbe rendersi necessario”, ha detto Misiani. E l’intenzione della segreteria dem sarà anche quella di rispondere alle difficoltà del momento, tra le inchieste di Bari, il caso di Torino e il leader m5s Giuseppe Conte che detta condizioni (della serie: sto con Schlein solo se caccia “cacicchi e capibastone”) o profezie di sventura (“Schlein cambi il Pd come aveva promesso, prima che il Pd cambi lei”), ma il risultato è straniante.

E l’interrogativo si riaffaccia: al centrosinistra, al principale partito del centrosinistra, serve davvero un codice etico? “Ovvio che no”, dice il filosofo Massimo Cacciari. “La politica vive di esperienza diretta e di lotta, e l’esperienza diretta e la lotta dovrebbero suggerire i criteri per la selezione di un candidato. Il ricorso a un codice etico mi pare ohimé un altro segno di un certo rimbecillimento generale. D’altronde lo è anche l’idea di sottoporre i magistrati a un test-psicoattitudinale. Cose ridicole che sfidano il senso del pudore”.

Il codice etico evocato dai dem ricorda a Cacciari i questionari pre sbarco sui voli per gli Stati Uniti: nessuno mai risponderebbe sì a domande del tipo “è affiliato a una organizzazione estremista?” o “sta trasportando materiali esplosivi?” o “ha assunto stupefacenti nelle ultime 24 ore?”, ma gli ricorda anche un certo tipo di quesito ricorrente negli esami di abilitazione professionale per giornalisti e docenti. “Dev’essere un’epidemia, una pandemia di rincitrullimento cui la scienza non riesce a porre rimedio. E purtroppo mi pare si vada verso la catastrofe. Capita sempre più spesso di dover dare ragione, vista questa realtà, alla grande letteratura distopica del Novecento. Philip K. Dick, Isaac Asimov, William Burroughs avevano capito tutto e indovinato tutto”. Eppure Cacciari aveva creduto a suo tempo nel Pd: “Speravo potesse nascere qualcosa di buono dalle rovine della Prima Repubblica. E invece”.

Invece si è rimasti in qualche modo schiacciati tra un segretario e l’altro, tra un populismo e l’altro, costretti a inseguire alleati, voti, voci. Colpa di chi? Dei leader, dei cervelli, dei social? “I social contribuiscono, ed è vero che ci sono milioni di persone che seguono i consigli dell’influencer di turno, figuriamoci. Ma il problema è alla base: rimbambimento generale. E temo non ci sia niente da fare, tanti auguri”. La distopia potrebbe tendere al surreale: un candidato tenuto ad autodenunciare per iscritto qualsiasi movimento sospetto attorno alla propria candidatura? Mah. Nel Pd, area non schleiniana, c’è chi esterna perplessità: “Non si usi la questione morale come una clava per dire ‘ok, comando io’; segnalo che ai candidati del Pd è richiesta da sempre la presentazione del casellario giudiziario e che il codice etico del Pd esiste dal 2008”, dice l’eurodeputata Pd Pina Picierno (che all’ultimo congresso dem era in tandem per la corsa alla segreteria con Stefano Bonaccini). Chi non resta perplesso, e non fa parte del Pd, passa direttamente al sarcasmo. “Ma davvero? Ma il codice etico non era già in vigore? I deputati erano esentati dal dovere di denunciare il voto di scambio? Secondo me non funziona molto come narrazione”, dice il leader di Azione Carlo Calenda. Intanto, su “VivaRai2!”, Fiorello infierisce: “Codice etico? Obbligatorio sottoscrivere lo slogan ‘Perdere!’ E perderemo!”.

 

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.