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Il caso

Così Salvini e Santanchè diventeranno i sassolini nella scarpa di Meloni fino alle europee

Simone Canettieri

Il leghista (che piccona tutti i giorni la maggioranza) e la ministra (indagata) seguiranno la premier in questi mesi di campagna elettorale.

Due sassolini nella scarpa per Giorgia Meloni: S & S. Salvini e Santanchè. Il primo ieri, in un Consiglio dei ministri piuttosto importante, ha deciso di disertare per gettarsi sulla campagna elettorale in Basilicata: questione di sopravvivenza al sud, tema non banale che si affaccia sulle imminenti europee. I rapporti con la premier, tra palco e realtà, sono di reciproca e cordiale irritazione perenne. La seconda, titolare del Turismo, è inseguita dalle inchieste e valuta (quindi è pronta a darle) le dimissioni in caso di rinvio a giudizio. Con la premier i rapporti sono ottimi: filiera Ignazio La Russa, grimaldello nei salotti milanesi quando Fratelli d’Italia era poco più di un’espressione geografica all’interno del Grande raccordo anulare. La “Santa” ieri era al suo posto, in Consiglio dei ministri, accompagnata dal capo di gabinetto. Della sua vicenda Meloni se ne occuperà – semmai – dopo le europee. 

Salvini e Santanchè non sono proprio pappa e ciccia, anzi. Lui non le perdona l’Opa su Milano e in Lombardia, territori leghisti. Lei fin dai giorni della formazione del governo proprio su queste colonne gli mandava a dire: “La differenza fra Giorgia e Matteo? Chi lavora non parla”. Lui, Salvini, appena scoppiò uno dei tanti casi giudiziari che cingono la Pitonessa da mesi spedì il suo capogruppo Riccardo Molinari in tv a  fare la seguente dichiarazione: “Aspettiamo che la ministra riferisca in Aula”. Era lo scorso giugno. Santanchè era alle prese con i guai della   società editoriale Visibilia. Un mese dopo, a luglio, la mozione di sfiducia nei suoi confronti  sarà respinta. Ma certe cose restano. E oggi alla Camera, la conferenza dei capigruppo, dovrebbe discutere la calendarizzazione di un’altra mozione di sfiducia, sempre su spinta dell’opposizione. Nel frattempo  è arrivato l’avviso di conclusione indagini: l’accusa, per la “Santa”, è di truffa all’Inps e falso in bilancio (durante la pandemia la sua società Visibilia avrebbe ricevuto 126mila euro a titolo di cassa integrazione Covid destinata a tredici dipendenti, i quali però avrebbero continuato a lavorare normalmente). Grana noioissima  per Meloni: proprio lei che voleva essere la premier dei record, non solo la più longeva al governo ma anche l’unica a chiudere la legislatura senza mai toccare la squadra portata per il giuramento al Quirinale (finora, al contrario, ha fatto dimettere  due sottosegretari, Sgarbi e Montaruli). La sostituzione viene data per scontata, anche se non imminente. Ci sono da aspettare i tempi della giustizia: la richiesta di rinvio a giudizio è attesa prima del voto di giugno, l’eventuale decisione del gup vattelapesca.  

Viene esclusa – per ora – la sostituzione con Gianluca Caramanna, deputato della real casa, responsabile turismo di FdI nonché attuale consigliere della ministra (nei fatti anche qualcosa di meglio, di più performante e incisiva). Circolano idee e appetiti dentro FdI: deve essere un’altra donna, deve essere espressione di Milano e della Lombardia. Si ragiona su un salomonico interim delle deleghe da parte della premier, intanto. Un modo per non scatenare pulsioni umane alla mensa di Giorgia. Nel frattempo la premier sa che dovrà camminare in giro per l’Italia, l’Europa e il mondo (oggi in serata sarà a Beirut per una cena di lavoro con il primo ministro Najib Miqati, a cui ribadirà la necessità di evitare ogni rischio di escalation) con questo sassolino nella scarpa che la stampa e le opposizioni le faranno notare. Niente a che vedere con Salvini, certo. Il leader della Lega, mentre il Cdm varava norme importanti dalla giustizia a un’ulteriore stretta sul Superbonus, se ne stava in tour. A Matera, in modalità Passione per le europee, ha punzecchiato a distanza Meloni. Spiegando che lui non si candiderà perché gli italiani lo pagano per fare il ministro, che gli appelli all’unità sono carte delle caramelle perché il centrodestra è su posizioni diverse in Europa e alla fine ha anche aggiunto che la Lega gioca per arrivare seconda. Quindi davanti a Forza Italia. I due sassolini non hanno le stesse dimensioni né uguale peso.  Il caso Santanchè viene usato dalle opposizioni per rispondere a quello di Bari (ieri il ministro dell’interno Matteo Piantedosi ha portato un’informativa in Cdm sulla procedura utilizzata nel capoluogo pugliese e gli altri casi affrontati finora). La marcia di Salvini viene letta con fastidio a Palazzo Chigi dove a preoccupare, al di là dell’immagine della coalizione disunita, sono i conti. Si spiega così il decreto, presentato a sorpresa, dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti per contenere le spese della misura.

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.