Il caso

L'isola di Salvini: Lombardo fa saltare l'intesa per le europee. E anche il Ponte traballa

Redazione

Il leader della Lega è sempre più assediato: in Sicilia l'autonomista gli chiude la porta. Per la grande opera sullo stretto si rischia lo slittamento per la nuova commissione Via-Vas. Il vicepremier si sente escluso da Meloni e Tajani per i futuri vertici Ue

Nella Lega e nel centrodestra, sulla terra ferma e sulle isole. Visto dall’alto Matteo Salvini sembra assediato. Senza pace.   Chi passa lo attacca, lo avvisa, e se ne va. Senza timore alcuno. Percepito come l’anello debole della catena governativa pare ormai non fare più paura. In un tranquillo lunedì prepasquale  mettere in fila le dichiarazioni storte contro colui che si faceva chiamare Capitano fa impressione. Maurizio Gasparri, capogruppo di Forza Italia, gli ricorda in caso di strappo la parabola di Gianfranco Fini. Raffaele Lombardo, il leader autonomista siciliano, lo molla in vista delle europee. Massimiliano Fedriga, l’arciduca leghista del Friuli Venezia Giulia, lo corregge su Macron “guerrafondaio”. E stessa cosa fa, da Forza Italia, Antonio Tajani: “Non è il mio linguaggio”.  


Salvini ha un problema di consenso al centro sud, sperando di salvarsi al nord fra la base storica del Carroccio, l’effetto Vannacci e la candidatura di Luca Zaia (per ora poco interessato). Il patto federativo con l’Udc di Lorenzo Cesa non riesce a decollare: l’accordo finora ha prodotto la candidatura dell’ex forzista, eurodeputato di lungo corso, Aldo Patriciello. Un signore delle preferenze che agli amici continua a dire: una volta eletto di nuovo a Strasburgo tornerò con i Popolari europei, altro che Identità e democrazia. Consapevole di tale debolezza in mattinata Salvini ha in programma un appuntamento telefonico con Cesa. Cerca accordi sui territori. Resi ancora più complicati da Forza Italia, di nuovo attraente per i partitini centristi pronti ad aggregarsi e farsi aggregare in cambio di buone candidature. Se la politica non strizza l’occhio a Salvini, anche la tecnica non gli sorride. Il problema che sta per esplodere riguarda il Ponte sullo Stretto, l’infrastruttura-amuleto che sta tanto a cuore al vicepremier nonché ministro dei Trasporti. L’apertura dei cantieri prima delle europee è a forte rischio per motivi a metà fra la burocrazia e le solite ombre che aleggiano dalle parti del capo leghista. La faccenda ormai è chiara: la commissione Via-Vas di competenza del ministero dell’Ambiente (ora guidato dal forzista Gilberto Pichetto Fratin) scade il 24 maggio, ad approvazione del progetto in corso. Il dicastero, su spinta anche  della viceministra leghista Vannia Gava, esclude la proroga della commissione in scadenza. Tanto che sul sito del ministero da settimane è aperto il bando per il rinnovo dei 70 componenti. Quello della Via Vas è l’esame più atteso sull’opera. E nonostante le procedure semplificate adottate, sono le stesse inserite per le opere del Pnrr, i novanta giorni per sbrigare la procedura cadranno a cavallo fra la fine della commissione attuale e le procedure per costituirne la prossima. Uno scenario che al netto dei tempi tecnici all’italiana procrastinerebbe, e di tanto, l’eventuale via libera (nel caso di parere positivo, ovviamente). Sarebbe la scomparsa di un biglietto da visita tangibile di Salvini per siciliani e calabresi prima del 9 giugno. E’ un momento così per il capo del Carroccio: complicato su tutti i fronti. Circondato, ma agitato. Sempre alla  ricerca di categorie e cause da abbracciare. E se allora i tassisti lo difendono, i conducenti degli Ncc lo contestano a Porta Pia sotto il suo ministero. Salvo trovare la sponda di Forza Italia, diventato il partito pungiglione. Non a caso a strigliarlo sugli Ncc esce con una dichiarazione Giorgio Mulè, vicepresidente azzurro della Camera: che chiede una mediazione al ministro dopo aver incontrato  i rappresentanti di Anitrav (sindacato dei conducenti Ncc). Ma è davvero Salvini contro tutti e tutti contro Salvini. Appena saputo dell’incontro fra Tajani e Gentiloni – in occasione della presentazione del libro di Claudio Tito sui limiti del sovranismo in Europa – il capo della Lega non ha potuto fare a meno di inviare il suo messaggio: “Da mesi la Lega auspica un centrodestra unito, in Europa come in Italia. Purtroppo, fino ad oggi sono arrivati solo veti sulla Le Pen e sugli alleati della Lega. Speriamo che nessuno, nella coalizione che guida il Paese, preferisca governare l’Ue con Macron e i socialisti, piuttosto che con la Lega e i suoi alleati”. Un messaggio in bottiglia rivolto al leader di Forza Italia in compagnia per un giorno del commissario dem  agli Affari economici (modello Ursula purissimo), ma anche a Giorgia Meloni che con il presidente francese ha ritrovato una sintonia che potrebbe portare, chissà, anche a una convergenza su Mario Draghi. Ombre e fantasmi che si addensano nella mente del leghista: partono dalla  Sicilia, camminano sul Ponte che ancora non c’è, fanno sosta a Roma e poi guardano a Bruxelles. L’unica buona notizia arriva dalla Camera: la mozione di sfiducia nei confronti del leader, per via dei presunti rapporti di buon vicinato con la Russia di Putin, si discuterà dopo Pasqua.

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