Anna Maria Bernini - foto Ansa

Le parole

La ministra Bernini: "Nelle aule cresce l'antisemitismo"

Redazione

La ministra dell'Università sulla scelta dell'ateneo di Torino: "La ritengo, anche per la portata simbolica e il possibile effetto emulativo, una decisione profondamente sbagliata"

"Per gli atenei è un momento delicato, segnato da un crescendo di episodi di intolleranza, come riflesso del quadro internazionale", ha detto la ministra per l'Università Anna Maria Bernini. In un'intervista a Repubblica spiega che momento stanno vivendo gli atenei di tutta Italia dopo i crescenti episodi di antisemitismo e che hanno coinvolto anche personaggi pubblici e giornalisti.

Ieri, dopo un incontro con la Conferenza dei rettori delle università italiane (Crui), si è appellata alle manifestazioni pacifiche, perché "per gli atenei è un momento delicato, segnato da un crescendo di episodi di intolleranza, come riflesso del quadro internazionale. Sono spazi dove non solo si acquisiscono saperi, ma si diventa cittadini. È interesse del paese salvaguardare questi luoghi di democrazia".

 

 

Quanto al concreto livello di allarme nelle università: "Non sottovalutiamo ma non drammatizziamo. Negli atenei c'è consapevolezza, ognuno con la sua storia. Ma è cruciale anche che la politica faccia la sua parte. Una dialettica, anche vivace, nelle università, è una ricchezza".

L'unico discrimine, di nuovo, resta la violenza, da condannare in quanto è "l'opposto della democrazia". Per questa ragione lancia un appello alla sinistra: "Se è vero che condividiamo, sulla crisi in medio oriente, la necessità di salvaguardare la prospettiva dei 'due popoli due stati' e anche una critica alla sproporzionata reazione di Netanyahu, è anche vero che occorre fare i conti con chi confonde questa critica con l'antisemitismo. Non sono 'compagni che sbagliano', sono nemici della democrazia. Auspico che la sinistra, che ha nel Dna la battaglia contro l’estremismo, sappia fare la sua parte".

La ministra poi torna sulle misure straordinarie che potrebbero essere adottate dell'esecutivo: "Il governo italiano, diversamente da altri, non vi ha fatto ricorso, come per il divieto delle manifestazioni. È un segnale di forza che vale anche per le università: nessuna logica emergenziale. Ma serve uno sforzo per una consapevolezza comune", dice. "La Crui – continua – ha istituito un gruppo di lavoro per condividere buone pratiche. La comunicazione con il ministero è costante". E non si riferisce all'introduzione della polizia nelle università, quanto: "All’unica strada percorribile: coniugare libertà di espressione e sicurezza". In che modo? Per la ministra la ricetta è una: "Separare i professionisti della protesta dagli studenti, per impedire che questi episodi si ripetano, significa garantire l’esercizio della libertà nella sicurezza". 

Bernini poi torna sui casi di cronaca che hanno visto l'allontanamento dell'Università di Torino dalle collaborazioni con gli atenei israeliani: "La ritengo, anche per la portata simbolica e il possibile effetto emulativo, una decisione profondamente sbagliata, anche se formalmente legittima nel sistema dell’autonomia. La diplomazia scientifica è strumento di pace. Le università non possono schierarsi o entrare in guerra". E condivide le preoccupazioni delle comunità ebraiche italiane: "Condivido la loro preoccupazione e credo che, non solo negli atenei, si registrino segnali inquietanti, verso i quali la prima risposta deve essere politica e culturale. Siamo di fronte a un progressivo slittamento, per cui si fa di tutt’erba un fascio. E dalla critica a Netanyahu si passa al rovesciamento della realtà: scompaiono le ragioni dell’aggredito nel Pogrom del 7 ottobre e l’antisemitismo diventa funzionale all’odio anti-occidentale. Le classi dirigenti hanno il dovere di tutelare le università come fabbriche di pensiero e di futuro".

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