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l'intervista

Il leghista veneto Valdegamberi: “Salvini ha ragione, difendere Putin è difendere la democrazia”

Francesco Gottardi

"La contestazione è irrisoria rispetto alla popolarità del presidente russo. Il consenso reale è come quello di Zaia in Veneto". Parla il consigliere regionale veneto, inviato in Russia durante le elezioni: "Ho assistito alle procedure: tutto regolare"

Venezia. Altro che inviati di guerra. “Sono appena tornato da Mosca per le elezioni russe: ho visitato i seggi, parlato coi rappresentanti locali, intervistato gli elettori. Anche con domande provocatorie, capite?”. A Stefano Valdegamberi non gliela si fa. “Ho percepito l’effettiva dimensione della contestazione”, dice al Foglio il consigliere regionale eletto in Veneto col Carroccio. “Ed è irrisoria, rispetto alla popolarità di Putin”. Allora ha ragione Salvini. “Sì. Finalmente ha trovato il coraggio di dire le cose come stanno: la democrazia c’è anche da loro, oppure nemmeno qui da noi. Delle due l’una”. La versione dell’Italianskyi: “Magari l’88 per cento di Putin riflette una fase di forte unità nazionale. Il consenso reale è semmai attorno al 70: tipo Zaia in Veneto”. Il doge come lo zar. Amen.

 

Sembra parlare da un altro pianeta, ‘Vladegamberi’. E forse è davvero così. “Esperienza preziosa”, continua. “Sono stato lì insieme ad altri osservatori dell’Onu e politici: venivano da Nuova Zelanda, India, Stati Uniti, Malesia, Madagascar”. I curiosi del Cremlino. Altri italiani? “Due ex parlamentari del M5S, non ricordo i nomi. Presto ci siamo sparsi per la capitale”. Cinque giorni di tour de force, “in totale libertà”, assicura il consigliere: “Ho assistito alle operazioni in circa una trentina di seggi, tutti scelti da me. C’erano famiglie coi bambini, anziani. Un’atmosfera distesa, più aperta di quel che immaginavo”. E i soldati coi fucili, fuori dalle cabine? “Solo per motivi di sicurezza: c’era un alto rischio di attentati”. Scemi noi. “Non mi permetto. Magari un po’ faziosi sì però: fa propaganda la Russia e la fa l’Italia. Solo che qui la disinformazione contro i nemici comuni, da Putin a Trump, viene spacciata per verità. Una parola troppo abusata”. Eppure proprio The Donald ha chiamato Verità il suo social network. “Di lui manipolano tutto”, insiste Valdegamberi, che si definisce “molto più trumpiano che putiniano. Ma sapete una cosa? Una volta i miei amici della borghesia moscovita sostenevano il loro presidente meno di me. Oggi invece è il contrario: gli occidentali non capiscono che le reiterate umiliazioni verso la Madre Russia, dallo sport alla cultura, hanno l’effetto di compattare il popolo attorno a Putin. Enorme errore strategico”.

 

Non c’è argomento che tenga, di fronte a un leghista indipendente. “Ma al contempo, mi considero più leghista di tanti altri” (dipende da quale Carroccio considerare: in area Zaia, il seguito farà ribrezzo). L’Ucraina? “Pericolosamente autoritaria. Chissà quando si faranno le prossime elezioni laggiù”. Navalny? “Che interesse poteva avere Putin a eliminarlo: fu un incidente. Lo dicono anche i capi dei servizi di Kyiv”. La vera democrazia? “Non certo in America, dove corrono solo due candidati. Sapete quanti erano in Russia, invece?”. Sappiamo che avrebbe dovuto essercene almeno uno in più. “Ma Navalny piace soltanto ai giovani. Certo non tutti i russi vogliono Putin, ci sono state proteste individuali. Però ho ascoltato molti racconti, anche da parte dei parenti delle vittime al fronte: la mia impressione è che la stragrande maggioranza abbia fiducia in lui”. Valdegamberi vuole renderci testimoni. “Guardate come procede ordinato lo spoglio. E la compostezza di questa babushka, prima di votare. Ho foto, video, traduzioni di un interprete personale”.

Dev’essere stato un viaggio costoso: visto, aereo via Istanbul, pernottamento e trasporti. Tutto a spese del consigliere? “Quando sei ospite, del supporto logistico e degli aspetti finanziari si occupa qualcun altro. A invitarmi è stata una onlus locale: ho accettato con piacere”. Valdegamberi ci mostra pure il lasciapassare: ‘esperto elettorale’, la qualifica certificata in cirillico dalla suddetta onlus. Si tratta della Camera civica della Federazione russa, un comitato di sorveglianza su percorsi legislativi e dinamiche elettorali.  E’ fra gli enti para-governativi enumerati sul sito ufficiale del Cremlino. E’ stata istituita nel 2005, grazie alla firma dello stesso uomo che l’aveva fortemente voluta: Vladimir Putin.