Alessandro Alfieri - foto Ansa

Schemi e voti

L'Abruzzo dice che il centro serve. E il Pd che fa? Parla Alessandro Alfieri

Marianna Rizzini

Il voto ha fatto emergere uno spazio moderato: "Ora questo va interpretato", dice il senatore del Pd al Foglio. "Al Nord, in particolare, ma non solo, il ceto medio post-ideologico non va trascurato. Dobbiamo parlarci, con quell’elettorato moderato, e non rinunciarci"

È il giorno dopo il voto, e la vittoria del centrodestra in Abruzzo consegna al centrosinistra una mappa rovesciata con cui fare i conti: si vince al centro, dicono i voti presi da una rediviva Forza Italia e quelli non presi dalla Lega (e, a specchio, cioè nel centrosinistra, dal M5s). Vuol dire che c’è uno spazio nell’area moderata e liberale, e c’è un elettorato in cerca di autore che fluttua al confine tra un polo e l’altro. In sostanza: per vincere il centro bisogna avercelo (o procurarselo), ma nel centrosinistra il combinato disposto tra le vicissitudini del cosiddetto ex terzo polo perso tra Carlo Calenda e Matteo Renzi, e quelle del M5s a trazione populistico-contiana, fa sì che il centro appaia e scompaia, miraggio della formula “campo largo”, senza mai farsi davvero prendere o costruire. Eppure servirebbe, è il ragionamento che ieri, dati delle regionali in Abruzzo alla mano, riprendeva quota, dopo mesi di silenzio, nei settori riformisti del Pd schleiniano. Della serie: la Sardegna è stata la Sardegna, ma come modello mah, specie con il Conte tonitruante della settimana precedente a quella del voto abruzzese, quando l’overdose di presenze della neo-governatrice della Sardegna Alessandra Todde pareva minacciosamente fissare sotto gli occhi della segretaria Pd Elly Schlein uno schema fisso (quello che il M5s, pur provato dall’urna abruzzese, vorrebbe mantenere in vita a tutti i costi). Le cose sono più complesse e al tempo stesso più semplici, dice il senatore dem e responsabile Riforme e Pnrr nella segreteria del Pd Alessandro Alfieri: “Non si possono prendere scorciatoie, non bisognava esaltarsi troppo per la Sardegna e non bisogna demoralizzarsi troppo adesso. La via è lunga e difficile, ed è da percorrere lavorando tutti con generosità”.

  

  

Alfieri guarda i risultati combinati di Azione e dei Riformisti e Civici in Abruzzo e non li vede così malvagi. “Bisogna ora riconoscersi tutti reciprocamente, mettendo da parte le cose che dividono, pur non nascondendosele, e cercando punti di sintesi eventuale”. Vallo a dire a Conte, finora alleato numero uno, ma anche al centro riottoso del centrosinistra, e anche un po’ al Pd medesimo. Fatto sta che il voto ha reso evidente uno spazio moderato che, dice Alfieri, “ora va interpretato. Al Nord, in particolare, ma non solo, il ceto medio post-ideologico non va trascurato. Dobbiamo parlarci, con quell’elettorato moderato, e non rinunciarci. Non si può ragionare per esclusioni, se si vuole intercettare quello spazio elettorale, e si deve essere recettivi attorno alle richieste che da lì provengono: rassicurazione su temi cruciali, capacità concreta di agire e decidere su dossier importanti”. Alle Europee però ognuno giocherà per sé, complice il sistema proporzionale. “Dobbiamo lavorare parallelamente su due fronti”, dice Alfieri, “perché da un lato, sì, c’è la campagna elettorale per le Europee, in cui i singoli partiti si sfideranno, dall’altro però c’è il percorso lungo e complicato di cui parlavo, in cui bisogna trovare e difendere ragioni comuni. Detto questo, dal voto amministrativo arriva un segnale chiaro: il Pd non è autosufficiente, ma senza Pd non si va da nessuna parte; è importante che questo ruolo di baricentro, questa sorta di funzione-guida, venga riconosciuto. Ed è importante che i problemi non vengano nascosti sotto al tappeto, ma anche che si impedisca lo scatenarsi di veti reciproci, se vogliamo essere credibili sui temi, al di là della formula, per dimostrarci davvero alternativi al centrodestra di Giorgia Meloni”. 

 

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.