l'incontro al quirinale

Manganelli e mimose: prove di disgelo al Colle per l'8 marzo fra Meloni e Mattarella

Simone Canettieri

Dopo la polemica a distanza sulla manifestazione di Pisa il capo dello stato e la premier si incontrano. Scambi di cortesie e diffidenze che restano

Manganelli  e mimose. Dopo giorni di ping pong sul ruolo della Polizia nella manifestazione studentesca  di Pisa, ci voleva l’8 marzo per assistere alle prove tecniche di disgelo fra Sergio Mattarella e Giorgia Meloni. Niente di eclatante. Solo piccoli segnali offerti agli invitati accorsi al Quirinale per la giornata internazionale della donna, più qualche elemento da retropalco. Il presidente della Repubblica e la premier, prima della cerimonia nel salone dei Corazzieri, si sono parlati e salutati in una stanza adiacente. Gentili battute e sorrisi davanti a una manciata ristretta di autorità.  Quando poi il capo dello stato ha fatto per ultimo – come da cerimoniale – l’ingresso nella sala affrescata voluta da Papa Paolo V ha di nuovo stretto la mano alla presidente del Consiglio, con l’atteggiamento di chi si era già visto qualche minuto prima. Ecco Meloni  in prima fila,  fra Laura Mattarella  e Licia Ronzulli, vicepresidente del Senato e grande ex nemica (parlottavano e ridevano). Al momento di chiudere la giornata il capo dello stato rivolgerà “un saluto oggi particolare alla presidente del Consiglio dei ministri”. La presidente, come la chiama anche la ministra Eugenia Roccella.

L’evento ruota, quest’anno, sul ruolo delle donne nell’arte. Nei 14 minuti di discorso, Mattarella cita la rivoluzione silenziosa compiuta da tante protagoniste della nostra cultura: Grazia Deledda, Matilde Serao, Elsa Morante, Natalia Ginzburg, Alda Merini, Patrizia Cavalli, Eleonora Duse, Anna Magnani e Gae Aulenti. Meloni assiste al discorso e c’è un sussulto nel salone quando si ricordano gli ostacoli. “Senza ignorare le molestie e le discriminazioni, nonché le violenze”. Poi il discorso cade, per un saluto, sull’assistente di polizia, seduta in prima fila, Alessandra Accardo, “impegnata nel contrasto alla violenza sulle donne”. Applausi a scena aperta. L’agente si alza in piedi. E subito dopo tocca al ricordo di Giulia Cecchettin, la cui tragedia ha coinvolto nell’orrore e nel dolore tutta Italia. Al termine dell’intervento seguirà la lunga stretta di mano fra la premier e il presidente, con la prima che si complimenta con il padrone di casa per le parole pronunciate. Alla fine Meloni – accompagnata dalla gemella Patrizia Scurti identica nel look – romperà l’aria trasversale della giornata con una stoccata alla sinistra, da leggere forse nel clima perenne da campagna elettorale che aleggia su Palazzo Chigi. 


Una cronista chiede alla presidente del Consiglio se è d’accordo con le parole di Mattarella sull’arte farlocca dei regimi, e lei risponde così: “Certo, sono d’accordo. Non ho mai condiviso una certa censura che la sinistra italiana ha lungamente fatto di tutti quelli che non erano d'accordo con loro. La prima donna a capo di un governo in Italia dirà, prima di andarsene con una legittima soddisfazione che “quando ci si afferma in un mondo in cui si deve sempre dimostrare di più, si apre sempre per tutte un’altra porta. E io penso dobbiamo dire grazie a queste persone, a quelle che non erano qui oggi, a chiunque riesca ad aprire una porta per tutte”. Meloni sale sull’auto che la porta via dal Quirinale, tra i corridoi del Palazzo rimbalzano le domande sullo stato dell’arte dei rapporti fra lei e Mattarella, al netto delle dichiarazioni di facciata che servono a smentire gli umori raccolti dai giornali.

La manifestazione di Pisa e l’intervento della polizia sono stati, nelle ricostruzioni delle opposte reazioni, un fossato tra le due istituzioni. Uno dei tanti perché poi ci sono quelli più sotterranei che passano per esempio per il premierato o per le nomine delicate. Rapporti complicati e affatto splendidi ad ascoltare i commenti dei corazzieri. Ma che dopo i manganelli si sia parlato di mimose è già quasi una mezza notizia.   
  

Di più su questi argomenti:
  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.