L'intervista

Parla Renzi: "Dossieraggio da dittatura sudamericana. Il caso dei politici spiati è un caso enorme"

Carmelo Caruso

L'ex premier sull'inchiesta di Perugia: "La Gdf ha più correnti del Pd. Certe impuntature contro avversari vengono anche da nuclei della Finanza che sono alle dipendenze dei pm. Una delle Meloni si candiderà e pure Schlein"

Oltre trecento personaggi pubblici sarebbero stati spiati, informazioni   violate,  dossier costruiti: c’è un’inchiesta a Perugia del procuratore Raffaele Cantone. Matteo Renzi, viviamo a Berlino est? In Italia c’è la Stasi, una centrale di spionaggio che opera per sovvertire la democrazia?

 

No, questa non è Berlino Est. Ma ciò che stiamo leggendo è una vicenda enorme. Che ricorda le dittature populiste del Sud America”.

 

Mentre stiamo parlando c’è qualche funzionario che registra?

 

“Spero di no, ma stavolta spero di ‘no’ per lui. Perché adesso chi ascolta rischia seriamente di essere beccato. E se lo beccano, stavolta lo condannano”. Tra i ministri “spiati”, c’è Guido Crosetto. Dalle sue denunce è partita l’indagine. Qualcuno voleva sporcare il ministro della Difesa? “Non lo so. So che con Guido ogni tanto ci sfoghiamo reciprocamente al telefono perché ci riteniamo dei colleghi sul punto. Siamo due avversari politici ma l’attenzione che ci è stata dedicata appare sospetta”.

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Senatore Renzi, il nostro ministro della Difesa  è  sotto attacco?

 

“La cosa che più mi dispiace è che la testa del ministro della Difesa debba essere concentrata su queste vicende in un momento in cui l’Italia subisce un attacco dagli estremisti Houthi. In un Paese civile vicende del genere dovrebbero portare a stringersi attorno al governo sulla politica estera, qui invece abbiamo i dossier contro il titolare della Difesa. Follia”.

 

Gli accessi abusivi sarebbero stati effettuati durante le scorse elezioni politiche. Era in atto  un tentativo di manipolare le elezioni, come lamenta la destra?  

 

“No. La destra purtroppo ha la memoria corta. Quando io ho lasciato il Pd, dopo un mese, sono stato oggetto di una vicenda analoga. Ricorderà che il fatto di aver preso un prestito via bonifico, prestito restituito in quattro mesi, divenne improvvisamente oggetto di grande attenzione mediatica per una ‘fuga di notizie’ avvenuta in un determinato momento di mia debolezza. Il metodo di accesso illegittimo al database era lo stesso, i giornalisti pure, ho ragione di pensare che la fonte non fosse diversa. Eppure allora io denunciai al pm di Firenze questa clamorosa violazione della mia libertà. Ma il pm Turco, lo stesso che mi ha indagato su Open, sulle conferenze, che ha arrestato i miei, indagato mia sorella, indagato mio cognato, sempre lui inspiegabilmente decise di archiviare senza trovare il responsabile della fuga di notizie che invece altre procure hanno individuato subito. Non le risulta un po’ strano? La cosa divertente – si fa per dire – è che la sezione disciplinare del Csm non stia procedendo contro lo stesso Turco che tra qualche mese andrà a godersi la pensione intonso e senza condanne disciplinari dopo aver distrutto la vita della mia famiglia”.

 

Il partito di Meloni, allora, cosa  diceva?

 

“Quando accadevano queste cose la destra stava zitta, anzi i Fratelli d’Italia massacravano la mia famiglia. Parlano solo adesso perché nel mezzo ci sono finiti loro”.


Le intercettazioni si dividono in processuali e preventive. Quest’ultime vengono effettuate per ragioni di pubblica sicurezza. E’  a conoscenza di una proliferazione delle seconde?


“Mi fido della legge. C’è un signor procuratore che si chiama Gimmy Amato che gestirà questa vicenda con rigore e intelligenza. A lui, procuratore generale presso la corte d’appello di Roma, tocca il compito di verificare le richieste dell’autorità delegata”.


Un anno fa, lei  ha chiesto al sottosegretario Mantovano, autorità delegata per i servizi segreti, se il governo abbia autorizzato intercettazioni a carico di esponenti politici o giornalisti. Mantovano ha smentito. Non c’è ragione per non credere a Mantovano. Lei crede ancora oggi a Mantovano?


“Io sono certo che intercettare preventivamente giornalisti sarebbe immondo. Non sono sicuro che non sia mai avvenuto in passato, ma sono sicuro che non debba più avvenire. Ascoltare leader politici ci porterebbe fuori dal gioco democratico. Sono certo che Mantovano sia istituzionalmente sensibile alla questione che posi un anno fa appena uscito il libro di Luigi Bisignani”.


E’ vero che si starebbe consumando, all’interno della Guardia di Finanza, una battaglia tra un mondo nuovo e uno vecchio che è stato sostituito?


“Da dieci anni in Guardia di Finanza ci sono più correnti che nel Pd. Il primo Comandante Generale espresso dal Corpo, il compianto Nino di Paolo, è stato anche l’ultimo a non vivere tra guerre intestine. Michele Adinolfi e Vito Bardi sono stati tagliati fuori dalla corsa per la guida del Corpo in un modo molto chiaro. E certe impuntature contro avversari vengono anche da nuclei della Finanza che sono alle dipendenze dei pm: nelle indagini clamorose su di me è andata così e abbiamo tutte le carte per dimostrarlo. Però ho fiducia nella qualità delle donne e degli uomini della Gdf. Ci sono fior fior di professionisti capaci, straordinariamente onesti e integri. Il Comandante Generale De Gennaro ha la stoffa per superare questo stato di conflitto latente”.


Caro Renzi, Tommaso Foti, capogruppo di FdI, si chiede perché il centrosinistra stia in silenzio. Anche lei è sulla “linea Foti”?


“Diciamo che finalmente Foti si sveglia e viene sulla linea Renzi. Non ricordo di aver sentito mezza parola di Foti per commentare ciò che ho scritto nel mio libro, “Il Mostro”. Ricordo però alcuni colleghi deputati di FdI di Foti insultare la mia famiglia. Il giorno in cui chiederanno scusa sarà comunque troppo tardi. Segnalo poi sommessamente che l’ex procuratore nazionale antimafia è attualmente un parlamentare del M5S. Che striano… ehm che strano scusi!”.

 

In Abruzzo, alle regionali, Giorgia Meloni perderà?


“Glielo dico lunedì. Per ora ha perso in Sardegna. Ma inviterei a non esagerare nella lettura del voto. Sono regionali, non sono la prova del fuoco. La maggioranza è solida”.


E però, da sedici mesi guardano tutti a Salvini, compresa l’opposizione, e si ripete che sarà il segretario a far cadere il governo Meloni. Lo farà?

 

“Salvini può fare tutto e il contrario di tutto. C’è solo una cosa che è impossibile: prevederlo. Dunque lavoriamo senza perder tempo nelle ipotesi. Il nemico di questo governo sarà la situazione dei conti pubblici nel 2025. L’unica speranza è che terminino i conflitti, intanto perché è moralmente giusto. E poi perché ci sarebbe un rilancio del Pil fondamentale per la tenuta del governo”.


La premier, commentando i fatti di Pisa, ha dichiarato che non era sua intenzione entrare in conflitto con Mattarella. Il manganello era  quindi di gomma?


“Sono un uomo delle istituzioni. Faccio il tifo per la perfetta collaborazione tra Quirinale e Chigi. Ah, sono anche un democristiano, ma questo lei già lo sapeva”.


Anche per lei,  Meloni starebbe pilotando le idi di marzo della Lega per insediare Fedriga al posto di Salvini? “Non credo. Peraltro non le conviene. Meglio avere come junior partner un Salvini debole che uno Zaia o Fedriga forte”. Lei ha deciso di candidarsi alle Europee, Meloni la seguirà?


“Una delle due Meloni sì. Non so se Giorgia o Arianna. Anche Elly Schlein correrà. Le due si cercano, hanno bisogno l’una dell’altra anche solo per legittimarsi. Io invece parlo di Europa, politica estera, Tony Blair, intelligenza artificiale. Faccio politica, insomma, non sono una influencer”.

L’otto marzo sarà ancora Leopolda. Alle europee la  danno per sicuro perdente. Dopo le europee dove sarà?

 

“Al Centro faremo il 5, non il 4 per cento. E non vedo l’ora di misurarmi con le preferenze. Quanto a dove sarò dopo le Europee le dico che sarà nel posto dove non mi aspettate. Come sempre negli ultimi quindici anni, del resto”.

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  • Carmelo Caruso
  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio