(foto Ansa)

l'intervista

Contro l'Italia dello sputtanamento. Parla Carlo Nordio

Claudio Cerasa

Dossieraggio, intercettazioni, trojan: il filo è lo stesso: “Lo stato di diritto si protegge con  nuovi equilibri tra poteri dello stato”. Una chiacchierata con il ministro della Giustizia, tra Anm, Mattarella, sfide ai magistrati e tre idee sulle carceri

Dalle parole di Mattarella alle proteste dell’Anm. Dai manganelli in eccesso alla promessa sulle separazione delle carriere. Dalle correnti non domate allo sputtanamento a mezzo stampa. Il tutto con un filo conduttore: la necessità assoluta di riequilibrare il rapporto tra potere legislativo e potere giudiziario e il dovere di trasformare la tutela dello stato di diritto non in un dovere dei garantisti ma semplicemente dello stato. Abbiamo passato un po’ di tempo con il ministro della Giustizia Carlo Nordio, abbiamo provato a fare il punto con lui sulla fase vissuta dall’esecutivo, gli abbiamo chiesto conto delle molte promesse non ancora realizzate dal governo e abbiamo cominciato la nostra chiacchierata partendo da una notizia che ha colpito l’attenzione di molti osservatori: l’inchiesta aperta dalla procura di Perugia sul monitoraggio abusivo degli archivi informatici e delle banche dati sensibili contestato al finanziere Pasquale Striano.
 

Ministro: cosa può fare il governo per evitare concretamente che, al di là della singola vicenda, le banche dati della Giustizia vengano utilizzate in modo disinvolto per costruire dossier? “Essendoci un’inchiesta in corso ogni commento da parte mia sarebbe improprio. In linea generale posso dire che l’acquisizione di dati sensibili dovrebbe essere sottoposta a controlli rigorosissimi. Come  liberale, io antepongo la dignità e la privacy del cittadino a  ogni altro valore, salvo i casi di necessità di tutela della sicurezza dello stato. Purtroppo in Italia non abbiamo questa sensibilità: teniamo ancora in vigore il codice Rocco, di matrice fascista, ispirato a quello stato etico hegeliano che può interferire in modo eccessivo nella vita dei cittadini. Come appunto accade nel dossieraggio e, ovviamente, anche nelle intercettazioni”. A proposito di dossieraggio: nel 2022 il numero di telefoni e dispositivi intercettati dai magistrati tramite trojan è aumentato del 24 per cento rispetto al 2021, passando da 2.894 a 3.584. Ci spiega cosa intende fare il governo per mettere un punto a una forma di invasività nella vita dei cittadini che costituisce un problema persino più grave rispetto al semplice e casuale dossieraggio? Si tratta o no, anche qui, di un vulnus allo stato di diritto? “Nessun dubbio. L’articolo 15 della Costituzione definisce inviolabile la segretezza delle comunicazioni. La segretezza è infatti l’attributo della libertà, come il voto. La loro captazione da parte della magistratura dev’essere l’eccezione, mentre sta diventando la regola. In Italia le intercettazioni sono dieci volte più numerose della media delle democrazie occidentali. Rimedieremo”.
 

Rispetto al tema del riequilibrio tra i poteri dello stato, qualche segnale interessante c’è. Negli ultimi tempi, prima sul caso Renzi (e-mail e Whastapp sono corrispondenza: non si possono intercettare senza chiedere l’autorizzazione del Parlamento) e poi sul caso Esposito (non si può intercettare indirettamente un parlamentare senza chiedere l’autorizzazione al Parlamento), la Consulta ha offerto strumenti e sentenze per provare a riequilibrare il rapporto tra potere esecutivo e potere giudiziario, togliendo al secondo un po’ di potere di ricatto nei confronti del primo. Qual è il provvedimento più importante che ha in mente Nordio per portare in Italia più Montesquieu e meno Rousseau? “Ho in mente l’attuazione radicale del codice accusatorio disegnato da Giuliano Vassalli, già presidente della Corte costituzionale, eroe della Resistenza e non sospetto di ostilità verso i magistrati. Il suo codice è stato snaturato e demolito, noi vogliamo riportarlo al suo garantismo ispirato alla tradizione liberale anglosassone. Siamo già avanti nel lavoro, la commissione presieduta dal capo dell’ufficio legislativo, Antonello Mura, sta procedendo bene. Lo stesso per le intercettazioni. Abbiamo lavorato molto con la commissione presieduta da Giulia Bongiorno, e presto presenteremo il testo sui sequestri dei cellulari, in linea con la sentenza da lei citata”.
 

Chiediamo a Nordio se il 2024 può essere l’anno della separazione delle carriere: le promesse ci sono, ma la riforma sembra molto lontana, e molto utopistica. E’ così? “La separazione delle carriere è nel nostro programma, ed è un dovere verso gli elettori che ci hanno votato. Ma per essere radicale occorre una riforma costituzionale, perché la legge Cartabia ha già posto paletti molto rigorosi. Questo richiede tempi più lunghi, anche perché prima vi sarà quella sul premierato. Poiché sono convinto che governo e maggioranza dureranno cinque  anni, entro lo scadere della legislatura sarà fatta”. Si è creato molto scandalo per l’ipotesi di introdurre dei test psicoattitudinali nella magistratura. E’ sempre convinto sia una buona idea? “Nel mio primo libro sulla Giustizia, nel 1997, sostenni addirittura la necessità di un esame psichiatrico, anche perché vi erano stati casi di comportamenti a dir poco eccentrici da parte di alcuni colleghi. Il professor Giuseppe Di Federico, massima autorità in materia, ne ha documentati molti. Il test psicoattitudinale è ormai obbligatorio per chi riveste funzioni importanti. Se lo fanno i poliziotti, perché non deve farlo il pm che dirige la Polizia giudiziaria? L’autocertificazione di virtù e di equilibrio da parte della magistratura è irrazionale e persino offensiva verso le altre categorie di operatori, che si sottopongono al test senza sentirsi umiliati”.  Sulla riduzione dei magistrati fuori ruolo, la maggioranza di cui fa parte ha scelto di fare marcia indietro. Prima ha proposto di ridurli da 200 a 180 ora ha deciso di rinviare il taglio al 2026. Non sarà che anche con il governo Meloni-Nordio le correnti della magistratura continuano a pesare troppo? “No, lo dico chiaro e tondo, qui le correnti non c’entrano nulla. La legge prevede una serie di magistrati inseriti in organismi di rango costituzionale, e il numero di 180 non consente questa copertura. Anch’io prima di  entrare al ministero predicavo la riduzione del numero dei colleghi fuori organico, ora ho capito che questo non  è fattibile. Ma mi lasci anche dire che non saranno quaranta magistrati fuori ruolo in più a incidere sulla lunghezza dei nostri processi. Da mezzo secolo abbiamo un deficit di coperture di 1.500 posti. Noi saremo i primi a colmarlo”.
 

Ministro, si sarà accorto che l’Associazione nazionale magistrati ha minacciato lo sciopero contro un possibile concorso straordinario in magistratura. Farà qualcosa per evitare lo sciopero o pensa sia una buona idea il concorso straordinario? “L’Anm aveva diffuso un comunicato durissimo su questo concorso perché era stata male informata: riteneva che fosse riservato esclusivamente ai giudici onorari. Ho ricevuto i vertici, abbiamo iniziato un discorso franco e cortese, e soprattutto ho chiesto le loro proposte per colmare entro i due anni il vuoto  organico di 1.500 magistrati, operazione che tra l’altro ci è chiesta dall’Europa. Poi improvvisamente la stessa Anm ha minacciato lo stato di agitazione, con un proclama ancora più duro, prima ancora che il Consiglio dei ministri avesse deliberato alcunché. Io sono ancora in attesa delle loro proposte: una cosa è certa, entro il 2026 dobbiamo avere 1.500 nuovi magistrati, e forse di più. I soldi ci sono. Noi come ministero facciamo la nostra parte per abbreviare i tempi dei concorsi, ma il Csm da cui dipende gran parte della procedura deve fare la sua. Se non troviamo soluzioni nuove non ridurremo i tempi dei processi come vuole l’Europa. Ripeto: aspettiamo proposte concrete”.
 

L’Anm, negli ultimi mesi, ha dimostrato di essere attiva anche a livello politico, per così dire, e ha promesso di organizzarsi per combattere la riforma del premierato. Le sembra una cosa normale? “No, non è normale. Un magistrato in quanto tale può pensarla come crede, e manifestare liberamente la sua opinione. Il suo sindacato può anche proclamare uno sciopero se vengono intaccati  i suoi diritti salariali o previdenziali. Ma non può opporsi a una legge che non riguarda il suo status professionale. Soprattutto se predica l’indipendenza della magistratura come terzo potere. Sarebbe come se scioperassero governo o Parlamento. Il cittadino lo riterrebbe un’interferenza indebita e arrogante, e non è un caso se la sua fiducia nella magistratura in questi anni è crollata. Un monito autorevolissimo è arrivato anche dal presidente Sergio Mattarella sulla divisone dei poteri. E da ultimo un magistrato  equilibrato ed esperto  come Cuno Tarfusser, già membro della Corte penale internazionale,  ha definito il nostro sistema giudiziario addirittura ‘in decomposizione’. Uno sciopero contro una legge costituzionale sarebbe la fine della credibilità della magistratura”. A proposito di Mattarella. Giorni fa il capo dello stato è intervenuto per condannare gli eccessi della Polizia nell’uso dei manganelli, in una manifestazione a Pisa. Pensa anche lei che vi sia un rischio di escalation di violenze nel nostro paese che, come dice Mattarella, non va sottovalutato? “Il presidente Mattarella dice cose sagge, che devono costituire oggetto di rispettosa riflessione. Non dimentichiamo però che se ha condannato l’uso dei manganelli ha sempre avuto parole anche più severe contro chi aggredisce le forze dell’ordine, e da ultimo contro chi offende i colleghi politici. Le manifestazioni di sabato, svoltesi senza incidenti, dimostrano che è possibile gridare il dissenso, anche quello più radicale, senza creare incidenti. Ricordiamo comunque che, come ha detto, la presidente Meloni, nella stragrande  maggioranza a finire in ospedale sono stati più i poliziotti che i manifestanti”. Ci spiega perché è così importante per l’Italia il trasferimento di Chico Forti dalle carceri americane a quelle italiane? “Credo che questo sia un grande successo della nostra presidente del Consiglio. L’Italia, dopo il caso di Silvia Baraldini, consegnataci dagli Stati Uniti con il vincolo dell’esecuzione della pena in Italia, e accolta poi qui con tutti gli onori, non godeva di grande affidabilità presso gli americani. Noi ci abbiamo lavorato molto come ministero, ma sono convinto che senza l’autorevolezza personale di Giorgia Meloni questo risultato non sarebbe stato raggiunto”. A proposito di carceri e di detenuti c’è un altro tema importante che è sparito dall’agenda del governo: il caso di Ilaria Salis.
 

Ministro, lei lo sa: l’Ungheria è un paese che fa a cazzotti con lo stato di diritto, e il caso Salis è solo la punta di un iceberg. Non sarebbe il caso che l’Italia intraprendesse un’iniziativa più a livello europeo che a livello nazionale per trasformare il caso Salis in un’occasione per illuminare le violazioni dello stato di diritto in Ungheria? “Questo è un problema politico che va oltre le mie competenze. Ferma restando la sovranità della giurisdizione di un paese, di cui anche noi siamo gelosissimi, credo che i risultati concreti si raggiungano con una diplomazia accorta e ragionata piuttosto che con le polemiche gridate. Tra l’altro anche noi teniamo in gabbia alcuni detenuti, come si fa con le bestie feroci. Non so se sia uno spettacolo anche più umiliante delle catene ai piedi”. Le carceri italiane, avrà notato, registrano da mesi numeri drammatici. Nel 2024 vi sono stati 21 suicidi: uno ogni due giorni. Ci spiega i provvedimenti che Nordio ha in mente per mettere un freno al sovraffollamento carcerario? E ci spiega se il ministro Nordio è ancora d’accordo con quel Nordio che anni fa diceva di essere favorevole anche a forme di indulto, per intervenire sul sovraffollamento delle carceri? “L’indulto è pur sempre una resa, e può esser stato utile, come l’amnistia, nei tempi passati. Ma non servirebbe a risolvere il problema del sovraffollamento. I rimedi? Tre. Primo: ridurre la carcerazione preventiva: oggi migliaia di  detenuti sono in attesa di giudizio, e molti vengono alla fine prosciolti. La nostra riforma sulla collegialità dell’ordinanza di custodia cautelare ridurrà di molto queste detenzioni ingiustificate. Secondo: introdurre pene alternative per i tossicodipendenti condannati per reati minori, connessi al loro stato di dipendenza. Terzo, trovare rapidamente strutture simili a quelle carcerarie, che offrano spazio per il lavoro e l’attività fisica, rimedi essenziali alla rieducazione del detenuto. Ho lanciato l’idea della caserme dismesse: ci stiamo provando”.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.