i dati

Meloni segue la linea Conte-Schlein: riduce le spese militari

Luciano Capone

Mentre litigano sulle parole a colpi di "bellicista" e "pacfista", nella realtà governo e opposizione sono d'accordo: l'Italia continuerà a ridurre le spese per la difesa. L'obiettivo Nato è sempre più lontano, in Germania Scholz arriva al 2 per cento del pil

L’Italia è davvero un paese strano, dominato da contrapposizioni che si basano sulle chiacchiere più che sui fatti. Una, esemplare, è quella che vede parte delle opposizioni schierate contro il governo “bellicista” che aumenta le “spese militari invece della spesa sanità”. Giovedì, alla Camera, il deputato Filiberto Zaratti di Alleanza verdi-sinistra ha fatto un’interrogazione al ministro della Difesa, Guido Crosetto, per chiedergli se “con tutte queste spese militari in aumento” non si rischi di “compromettere davvero la sicurezza italiana”. Crosetto ha risposto che, in realtà, la spesa diminuisce da anni e diminuirà ancora: “Nel 2020 la percentuale di spese per la difesa è stata l’1,59% (del pil), nel 2021 l’1,57%, nel 2022 l’1,51%, nel 2023 l’1,46%: quest’anno, stanti gli ultimi tagli del decreto Pnrr di ieri, probabilmente scenderà”. Crosetto ha poi aggiunto che “questa non è una notizia che mi rende felice, perché io penso che la spesa vada aumentata verso il 2%, ma dovrebbe rendere contento lei, facendole vedere che, nonostante noi dovremmo aumentare, anche quest’anno diminuirà rispetto all’anno precedente e ai due anni precedenti”.

 

Viviamo in un paradosso. Mentre l’opposizione – dal M5s ad Avs – accusa il governo di essere “bellicista” oltre che prono ai “diktat della Nato” e il governo attacca l’opposizione per l’“ottuso pacifismo” che altro non è che una “resa a Putin”, nella realtà non ci sarebbe alcun motivo di disaccordo: il governo Meloni fa esattamente ciò che chiede l’opposizione più oltranzista. È vero che il 24 febbraio, nel giorno del secondo anniversario dell’invasione russa, la presidente del Consiglio ha firmato a Kyiv un Accordo di cooperazione tra Italia e Ucraina che prevede assistenza militare, ma come ha specificato il ministro Crosetto a un’interrogazione del M5s, rassicurando l’opposizione, si tratta di un accordo simbolico: “Non potranno esserci spese che non siano già previste in bilancio. Quindi non ci sono spese nascoste dietro a questo accordo”. Non un euro in più: l’Italia continuerà a dare quel poco che ha dato finora.

 

Giuseppe Conte ha poco da accusare Meloni di “prendere ordini da Washington”. L’Italia, nonostante i ripetuti impegni presi con la Nato dai governi passati, inclusi i due guidati da Conte, di arrivare al 2% di spesa militare sul pil, è il paese più insubordinato. Il 14 febbraio, il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg ha mostrato le previsioni di spesa dell’Alleanza atlantica: nel 2024, per la prima volta dopo decenni, il pilastro europeo della Nato arriverà alla soglia del 2% del pil (dall’1,70% del 2022). Obiettivo raggiunto nonostante l’Italia, che a questa crescita ha dato un contributo negativo. Nel 2024, ha detto Stoltenberg, 18 dei 31 paesi membri della Nato prevedono di raggiungere il target del 2%, nel 2014 erano solo tre paesi.

 

Giorgia Meloni dovrebbe ricevere anche i complimenti di Elly Schlein. Lo scorso agosto, la segretaria del Pd si era detta favorevole alla (inesistente) decisione del cancelliere tedesco Olaf Scholz di rinviare di 5 anni l’obiettivo del 2% sulle spese militari. A rimorchio altri esponenti della segreteria del Pd, come Marco Furfaro, hanno subito indicato la linea Scholz per rinviare l’aumento delle spese militari. Ma quella di Schlein è la linea Meloni, che ha rinviato l’obiettivo Nato al 2028 mentre riduce la spesa sul pil. Scholz fa l’esatto contrario. Lo scorso 17 febbraio, alla Conferenza di Monaco sulla sicurezza, il cancelliere ha annunciato che “la Germania investirà il 2% del suo pil nella difesa quest’anno e anche nei prossimi anni – nei decenni 2020, 2030 e oltre”. Il ministro della Difesa Boris Pistorius, attualmente il politico più popolare della Spd, ha aggiunto che il 2% è “solo l’inizio”, ma in futuro potrebbe essere necessario raggiungere il “3-3,5%".

 

La Germania fa esattamente ciò che aveva promesso. In Italia, purtroppo, il teatrino della politica litiga su questioni inesistenti, mentre nella realtà tutti sono d’accordo nel non rispettare un impegno internazionale che tutti i governi – destra, sinistra, M5s e tecnici – hanno assunto.

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali