Carlo Calenda e Matteo Renzi (LaPresse)

Terzi Polli

Renzi e Calenda hanno scocciato pure in Ue. “Uffa. Ma si accordino!”, ci dice Verhofstadt   

Pietro Guastamacchia

A Strasburgo e Bruxelles sono sbalorditi dai leader di Azione e Italia viva: “Ma non gli diciamo più niente”. I sondaggi intanto parlano chiaro: la tagliola del 4 per cento potrebbe lasciare a tutte le forze centriste italiane

Il liberale belga Guy Verhofstadt sbuffa entrando in Aula a Strasburgo: “Ancora domande sull’Italia? Uffa. Serve un accordo! C’è ancora qualche giorno per farlo. Facciano qualcosa”. Nella famiglia di Renew Europe infatti nessuno vuol più parlare del “pasticcio italiano”, come lo chiamano. Si sono scocciati. Ma le parole strappate dal Foglio a Guy Verhofstadt sono il sintomo di un malumore e di un’insofferenza che pervade ormai tutto il gruppo.  Le forze liberal europee sono in calo di consensi un po’ in tutta Europa da quando la locomotiva macroniana francese ha iniziato a perdere pezzi e  ai vertici del gruppo di Renew sembra incredibile dover buttare via quel potenziale da 7-8 per cento di consensi in Italia soltanto perché Renzi e Calenda non si sanno mettere d’accordo. Si tratterebbe di ben sei eurodeputati persi.

Sei eurodeputati, dunque. Un’iniezione preziosa per arginare l’emorragia in corso. Da mesi infatti i liberali europei si prodigano in appelli all’unità verso l’Italia ma i più ormai hanno perso le speranze e a Roma è arrivata la settimana scorsa anche un’ultima disperata lettera. I sondaggi intanto parlano chiaro, la tagliola del 4 per cento potrebbe lasciare a casa a tutte e tre le liste del Terzo polo e nel caso invece in cui una sola dovesse spuntarla la sua rappresentazione a Strasburgo rischia di essere meramente simbolica.

La nuova presidente di Renew Europe, la francese Valérie Hayer, intanto non rilascia più commenti a riguardo, fonti nel suo gruppo raccontano che l’ultima volta che si è espressa sull’Italia è arrivata una telefonata fiume da Calenda in persona irritato per “l’ingerenza negli affari interni”. Da quel giorno la presidente di Renew ha deciso di non pronunciarsi più sulle beghe italiane. Ancora peggio era andata al suo predecessore, ora ministro degli Affari esteri francese, Stéphane Séjourné, l’odierno inquilino del Quai d’Orsay che oggi si destreggia tra Ucraina e Sahel, pochi mesi fa infatti fu costretto a rimangiarsi una dichiarazione sulla necessità dell’unità delle forze liberali italiane diramando addirittura una nota di smentita dopo che “gli si è quasi fuso il telefono” ascoltando Calenda che minacciava di coinvolgere persino l’Eliseo.

Tra le poche a non aver già perso la pazienza rimane invece Sophie in’t Veld: “È molto importante che le forze centriste siano le più forti possibili nel prossimo Parlamento europeo e questo richiede collaborazione tra partiti”, ha detto infatti l’olandese ieri rispondendo a una domanda sull’Italia, sottolineando che “per collaborare tra partiti leggermente differenti, basta ricordarsi che le differenze tra loro rispetto a quelle con gli estremisti sono quasi nulle”. Stufi invece tedeschi e spagnoli del gruppo dei liberali, “la situazione è quella che è… è un peccato”, commenta un’ eurodeputata tedesca, “quei voti ci servirebbero parecchio ma in Italia d’altronde è così da vent’anni con i liberali, litigano sempre”.

 

Da Bruxelles la dirigenza di Renew Europe ha fatto il possibile: dal gruppo fanno sapere che nello scorso anno ci sono state due missioni del liberale belga Guy Verhofstadt, e una del reggente pro tempore Malik Azmani, scesi a Roma in veste di terapisti di coppia per provare a convincere  Matteo Renzi e Carlo Calenda che unire le forze era l’unica strada per garantire ai liberali italiani una rappresentanza all’Eurocamera. Finite le cartucce politiche “al prossimo giro assoldiamo direttamente la Bernardini de Pace”, scherza un’italiana dello staff dei liberali Ue.

Non sta funzionando neanche l’ultima e disperata lettera privata a firma Alde e Partito democratico europeo, la formazione di cui è presidente l’eurodeputato Sandro Gozi, altro profeta solitario della lista Renew Italia. La missiva  rivolta ai leader delle forze di centro infatti si sarebbe insabbiata sulla scrivania di Riccardo Magi e Carlo Calenda senza trovare mai né risposta né tanto meno ricevuta di recapito.

La lezione sarda inoltre sembra aver prodotto su Calenda addirittura l’effetto inverso a quello sperato dai colleghi liberali europei. Dopo che le liste di centro sono evaporate in un’elezione regionale in cui il risultato era schiacciato sui due poli principali, alle prossime europee, dove invece ci sarebbe l’opportunità di giocarsi una partita tutta proporzionale, il leader di Azione ha fatto sapere che pensa a una collaborazione con la sinistra. Addirittura con Giuseppe Conte.

L’uscita calendiana infatti è piaciuta soprattutto a Forza Italia, che mesi fa tutti davano per morta e che invece il vicepremier Tajani sta resuscitando e trascinando addirittura a quote al di sopra della Lega. La rinata formazione forzista diventa così sempre più attrattiva per gli elettori di centro, insofferenti a un accordo con la sinistra e stufi dei litigi tra liste. Su un accordo al fotofinish ormai non ci crede quasi più nessuno anche se il tempo in teoria c’è, ma sta per scadere. “C’è tempo fino alla Leopolda”, ovvero fino all’8 marzo, suggerisce un renziano di ferro a Bruxelles, “se si presentano sul palco tutti insieme a Firenze possiamo ancora sperare in un miracolo, se no si va tutti da soli”, spiega. Ognuno per sé e Dio per tutti al centro dunque, alla carica alla baionetta contro i Panzer di uno sbarramento quasi impossibile da superare e che potrebbe decretare un’altra legislatura europea senza eletti tra i liberali italiani.