Dalla Sardegna al futuro

Palla (non) al centro. Soru e quelli per cui ora, in Sardegna e in generale, il tema è “come non essere fantasmi"

Marianna Rizzini

Comunque fosse andata alla fine in Sardegna, il successo non è il loro, ma l’insuccesso rischia di riguardarli comunque. Essere o no quelli che stanno al centro, essere o no quelli che vanno da soli, questo è il problema

Comunque vada alla fine in Sardegna (al momento in cui scriviamo il quadro non è ancora ufficialmente chiaro), il successo non sarà il loro, ma l’insuccesso rischierà comunque di riguardarli: sono quelli che stanno al centro, quelli che vanno da soli. Essere o no quelli che stanno al centro, essere o no quelli che vanno da soli, questo è il problema. E infatti, ieri pomeriggio, quando i dati parziali dello spoglio davano in vantaggio nelle due principali città sarde la candidata Pd-M5s-Avs Alessandra Todde, gli sguardi si sono posati per un attimo non sul centrodestra, ma su di lui: Renato Soru, l’ex governatore dem, reo di essere andato diviso. 


Diviso, Soru, nel senso di colui che non è andato con il Pd e con il M5s ma che (con il sostegno, tra gli altri, di Azione e Più Europa) si è messo in campo proprio e non in campo largo. Che la percentuale finale per Soru sia 8, 9, 10 per cento, un solo aspetto della sua vicenda al momento interroga gli stessi protagonisti: il centro ha un senso o è in questo momento chimera, fantasma, imprendibile formula in tempi in cui molti indizi sembrano andare, sull’orizzonte medio-lungo, in direzione di un ritorno a uno schema bipolare (in cui si marcia uniti), anche se in mezzo ci sono le Europee, dove il sistema elettorale proporzionale consiglia l’andare divisi per potersi contare?

 

E insomma, il caso sardo parla a Soru perché tutta la galassia liberal-riformista (oltre a Elly Schlein e a Giuseppe Conte) intenda: in caso di vittoria di Todde, i numeri (non alti) di chi è andato diviso potrebbero dire che divisi non si riesce a vincere, si rischia di far perdere e se poi gli altri vincono lo stesso si ottiene pure l’effetto boomerang dello schiaffo morale: hai visto che anche senza di te ce l’abbiamo fatta? Non a caso la figlia di Soru, Camilla, in corsa per il consiglio regionale con il centrosinistra, e da mesi in rotta con il genitore separatista, ieri ha fatto sapere che, in caso di vittoria di Todde, “il primo passo” deve farlo lui, suo padre. Ma anche con una vittoria del centrodestra e di Paolo Truzzu, i numeri (non alti) di chi è andato diviso potrebbero attirare su chi è andato diviso tutti i possibili e immaginabili strali dei perdenti. Della serie: colpa vostra, andando uniti avremmo vinto.

 

E allora a Cagliari, come prima a Milano, dove, nel febbraio del 2023, la candidatura civica alla presidenza della Regione di Letizia Moratti, sostenuta dall’allora Terzo Polo, non è stata premiata dagli elettori, non basterà in ogni caso dire: abbiamo giocato. Moratti aveva aggiunto: da qui nascerà una proposta nuova. Ma la Sardegna non è la Lombardia. Soprattutto: incombono le Europee, e il centro liberal-riformista è, al momento, tanto per cambiare, diviso al suo interno oltre che da un Pd e da un M5s a loro volta divisi.

 

Ma proprio la Sardegna, comunque vada, riproporrà ai due principali partiti di opposizione il tema del “che cosa sarà meglio fare” quando non ci sarà il proporzionale come per il Parlamento europeo. E non basta: pur in un quadro di divisione nella divisione, al centro si ragiona su una lista di scopo per gli Stati Uniti d’Europa, ma senza ancora avere tutti sotto lo stesso ombrello (vedi Carlo Calenda e Matteo Renzi), motivo per cui, anche al centro, c’è chi pensa che l’andare divisi non si porti più o non porti comunque lontano. E dunque Matteo Renzi, Elly Schlein, Riccardo Magi, Benedetto della Vedova ed Emma Bonino, sabato scorso, si facevano vedere fiduciosi nella foto di gruppo della convention organizzata da Più Europa. Calenda, in collegamento da Kiev, accettava di essere virtualmente aggiunto all’immagine, ma senza sciogliere il veto antirenziano. Intanto, ieri, alle diciotto, giungevano le percentuali da Cagliari e da Sassari, città dove Todde risultava in vantaggio, e giungeva anche, nelle sacche dello spoglio a rilento, la notizia dell’arrivo sull’isola di Schlein e Conte. A fare e a dire che cosa non si sapeva. Certo era però che il centro avrebbe dovuto nottetempo ragionare sul futuro, per scongiurare un futuro da fantasma di se stesso. 

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.