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Il debunking

Il bluff di Meloni sulla carne sintetica

Giulia Casula

Secondo la premier “in Europa ci sono altri 14 paesi che sostengono il no dell'Italia alla carne sintetica". In realtà il documento di cui parla Meloni non fa riferimento ad alcun divieto, ma anzi sulla carne coltivata chiede a Bruxelles di fare cose che fa già

Sulla carne coltivata il governo continua a bluffare. “In Europa ci sono altri 14 paesi che sostengono la stessa tesi dell’Italia”, e cioè il no secco alla produzione e alla commercializzazione di alimenti coltivati in laboratorio. L’ha dichiarato ieri sera Giorgia Meloni, in piena modalità elettorale, dal palco della Fiera di Cagliari dove si è recata per sostenere la corsa alla presidenza regionale del fedelissimo Paolo Truzzu. Ma sul “no alla carne sintetica”, trionfalmente sbandierato anche dal cognato d’Italia, il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, Meloni si dimentica di dire tutta la verità. Il documento a cui allude la premier e che testimonierebbe l’appoggio di una buona fetta d’Europa alla posizione proibizionista italiana in realtà non presenta alcun rifiuto categorico. Il riferimento è al non-paper presentato da Italia, Francia e Austria – e supportato da altri dieci paesi – al Consiglio Agricoltura e Pesca del 23 gennaio scorso, di cui avevamo già raccontato sul Foglio.  

“Non è vero, come sostiene Meloni che esiste un documento sottoscritto da altri paesi in cui si chiede di vietare la carne coltivata. In primo luogo, perché al momento l’Italia è l’unico paese ad aver imposto un divieto nazionale. In secondo luogo perché in quel documento si chiede piuttosto di condurre delle valutazioni di impatto su una serie di profili come la salute, l’economia, la sostenibilità ambientale, il benessere degli animali e la trasparenza sulle etichette”, spiega al Foglio Vitalba Azzollini, giurista e redattrice del parere sul ddl Lollobrigida inviato dall’Associazione Luca Coscioni alla Commissione europea. La legge italiana che vieta la carne coltivata, infatti, era finita sotto l’esame di Bruxelles nell’ambito della procedura Tris, riguardante quei progetti legislativi nazionali che potrebbero ostacolare la libera circolazione delle merci. La Commissione aveva poi proceduto alla bocciatura del testo classificato come “non applicabile” dal momento che, come avevamo spiegato in precedenza, la legge era stata notificata all’Ue dopo l’approvazione.

Ad ogni modo, il documento siglato da Italia, Francia e Austria non solo non fa menzione di alcun divieto, ma anzi chiede all’Unione europea di occuparsi di aspetti che sono già oggetto di esame della Commissione. “Sulla base del regolamento europeo sui novel food, tra i quali rientra la carne prodotta in laboratorio, l’Autorità per la sicurezza alimentare svolge delle valutazioni d’impatto sulla salute e sulla sicurezza che l’Ue è tenuta a fare prima di autorizzare la messa in commercio di un nuovo alimento”, spiega Azzollini. “Lo stesso vale per il profilo della trasparenza a cui fa riferimento il non-paper. La disciplina europea sui novel food prevede già un’etichetta particolarmente dettagliata che informi i consumatori sul contenuto di quegli alimenti. Analogo discorso per quel che riguarda la sostenibilità ambientale”. L’Unione europea, infatti, grazie ai fondi del programma Horizon Europe starebbe già finanziando delle apposite ricerche per valutare la sostenibilità ambientale degli alimenti derivanti da cellule coltivate. “Anche sotto il profilo della valutazione del benessere degli animali, prima di rilasciare qualsiasi autorizzazione la Commissione deve consultare il Comitato permanente per le piante e gli animali che si occupa di tutte le questioni relative alla salute degli animali e agli effetti su questi del nuovo alimento che si vuole mettere in commercio”, aggiunge la giurista. Insomma con quel paper non solo Lollobrigida e Meloni mostrano a Bruxelles una posizione molto più distesa di quella ostentata in patria, ma chiedono all’Ue di fare cose che l’Ue fa già.