Il racconto

"Deo soe Giorgia" . Meloni punta sulla Sardegna e oscura il suo candidato Truzzu

Simone Canettieri

Sull'isola campeggiano solo i manifesti con la faccia della premier "forte e fiera". A Roma cerca di evitare lo scontro frontale con Salvini in retromarcia sul terzo mandato

“Forte e fiera”. Lo slogan, a caratteri cubitali, campeggia un po’ ovunque in giro per l’isola. Sui manifesti, sui cartelloni, sui bus, sui banner pubblicitari. Vicino al claim c’è il volto – di profilo – di Giorgia Meloni. Che tra le altre cose ha anche origini sarde da parte  paterna (tempo fa un ricercatore di Youtrend si spinse fino a scovare nell’albero genealogico della premier legami con Antonio Gramsci: strano, ma forse vero). “Forte e fiera” è il gioco trovato da Fratelli d’Italia riferito alla Sardegna al voto domenica. Meloni ci mette la faccia, il suo candidato Paolo Truzzu molto meno. Per Meloni è un test su di sé. Ed è subito: deo soe Giorgia.  

Senza badare a spese, la presidente del Consiglio ha dato mandato al suo uomo macchina Giovanni Donzelli di costruire questo scampolo di campagna elettorale in chiave nazionale. La candidatura di Truzzu è stato un parto cesareo, come si sa. Il governatore uscente Solinas si è sfilato all’ultimo, dopo l’ennesima resa di Matteo Salvini e sotto i colpi di un’inchiesta. Meloni  domani pomeriggio sarà a Cagliari con tutti i leader del centrodestra: un comizio mordi e fuggi, al punto che è in forse anche l’incontro richiesto dai pastori. L’ipotesi di un ko, che in Fratelli d’Italia cercano di esorcizzare, potrebbe avere una serie di conseguenze. Essendo una competizione locale, con tante liste civiche e sensibilità territoriali in campo, in  Via della Scrofa già sanno che sarà impossibile o quasi ripetere  la media delle politiche, cioè il 26 per cento. E c’è anche la forte convinzione che il Carroccio, nonostante il tour de force salviniano di questi giorni, potrebbe veramente andare male, dimezzando i consensi nazionali. Ma queste dinamiche vengono superate dall’ordalia di domenica: se vince Todde si aprono scenari ed effetti da calibrare, se sarà Truzzu governatore, la resa dei conti al massimo sarà nel partito di Salvini. C’è differenza, insomma. Il sindaco di Cagliari, che punta a diventare governatore, finora sembra nascondersi davanti all’opinione pubblica. Trux – come recita il tatuaggio fascistoide che ha sul braccio – finora ha rifiutato gran parte dei faccia a faccia con gli altri candidati e soprattutto con Todde, la principale antagonista alla sua elezione. Due gli appuntamenti, aperti a tutti e quattro gli aspiranti presidenti, andati in scena: uno al Tg regionale della Rai e un altro in diocesi a Nuoro. Truzzu  preferisce il basso profilo sapendo che dalla sua ha la potenza di fuoco di Meloni? C’è chi dice di sì. Todde invece spera nel miracolo dell’alternanza democratica. Mercoledì sarà con Pierluigi Bersani a Nuoro quando il centrodestra italiano sbarcherà sull’isola ai massimi livelli. E sempre per cercare di distinguersi la candidata grillina ha chiesto al suo leader, Giuseppe Conte, e a quella del Pd, Elly Schlein, di fare un passo indietro. Venerdì niente chiusura della campagna elettorale con il re e la regina del campo largo che solo qui sembra essere tale, e non santo. Todde ci spera. Al netto dello scherzetto che potrebbe farle Renato Soru, il grande ex col dente avvelenato di questa partita che spera nel balzo della tigre (un favore al centrodestra). Se per la politica italiana è la settimana Sardinia blues, come il vecchio romanzo di Flavio Soriga,    Meloni in questi due giorni lavora per smussare gli angoli di Salvini. Per evitare insomma che il comizio dei big sia accompagnato da maliziose didascalie sul centrodestra disunito. Il tutto accade mentre, per gli amanti del genere, continua il dibattito in maggioranza sul terzo mandato sia per i sindaci sopra ai 15 mila abitanti sia soprattutto per i governatori, macrotema trasversale che unisce Giorgia Meloni ed Elly Schlein. Entrambe, per l’eterogenesi dei fini, sono contrarie al tris per i governatori. La capa della destra italiana ha messo gli occhi sul Veneto, quella della sinistra ha in ordine tre problemini: De Luca, Emiliano e, da ultimo, Bonaccini. Chissà se il telefono rosso di Elly e Giorgia sia entrato in funzione anche per questo argomento. Di sicuro sul tema si registra una comune convergenza. La leader del Pd aspetta le mosse della maggioranza. E oggi qualcosa in più si dovrebbe capire: è convocata una riunione in Senato per decidere quale potrebbe essere la miglior ritirata per Salvini, visto che la Lega aveva presentato un emendamento al dl Elezioni proprio sull’argomento. Massimiliano Fedriga, governatore del Friuli-Venezia Giulia, dice che non c’è fretta e che se ne può parlare dopo le europee. Luca Zaia, dal Veneto, scalpita. Giovedì il voto in Senato, il giorno dopo cioè del comizio sardo di deo soe Giorgia

Di più su questi argomenti:
  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.