Il retroscena

"Matteo, o bianco fiore". Salvini e lo spericolato accordo con l'Udc al Sud

Simone Canettieri

Patto con Cesa: due deputati leghisti formeranno la componente centrista a Montecitorio. Nasce una nuova gamba in maggioranza. Intanto il Carroccio stringe accordi con gli ex diccì in vista delle europee

Ritorna lo Scudo crociato dell’Udc in Parlamento. E lo fa grazie a Matteo Salvini, leader di una Lega che negli anni ormai, tra piroette e abiure, ha cambiato più di una faccia.  La prossima settimana nascerà la componente Udc nel gruppo misto alla Camera. C’è già il via libera informale della presidenza di Montecitorio. Lorenzo Cesa, segretario centrista, uscirà da “Noi moderati” e dal Carroccio arriveranno Antonino Minardo e Gianpiero Zinzi. I tre formeranno la nuova area centrista, con tanto di simbolo. In un batter d’occhio Giorgia Meloni si troverà con una gamba in più in maggioranza. La regia è di Salvini, il patto è con quella vecchia volpe democristiana di Cesa. I due, agli antipodi per storie e cultura politica, hanno siglato un  accordo. Che sempre in settimana diventerà il patto federativo Lega-Udc. Ricordate Bossi quando si scagliava contro i democristiani ladroni? Dimenticatelo.  


Anche se questa operazione spericolata di Salvini sta facendo bollire di rabbia gli eletti al Nord, poco importa. Il vicepremier si gioca molto alle Europee, e sa che non può andare sotto l’otto per cento delle ultime politiche. E soprattutto farsi superare da Forza Italia. Ecco perché si è formata la strana coppia Matteo-Lorenzo, Salvini-Cesa: che tandem. Il patto fra i due, che sarà suggellato  settimana prossima al ministero dei Trasporti, prevede – al netto degli indiscutibili “valori comuni” – la giusta rappresentanza dei centristi nelle liste della Lega alle europee e anche alle politiche, quando ci saranno. Cesa, d’altronde, è rimasto più che scottato dall’accordo con Forza Italia delle ultime elezioni: aveva chiesto due deputati e tre senatori ad Antonio Tajani, alla fine è riuscito a ottenere un collegio uninominale per sé alla Camera e un altro per Antonio De Poli, presidente dell’Udc, al Senato. Ma solo per intercessione di Meloni.

Con questi presupposti e malumori è scattata l’operazione Carroccio centrista. Al coro “Matteo, o bianco fiore”. Operazione che inizierà a dare i primi risultati nella corsa per Strasburgo. A partire dalla candidatura di Aldo Patriciello con la Lega al Sud, ma in quota centrista. Anche per la circoscrizione isole Salvini sembra affidarsi ai vecchi collettori di voti (come l’ex governatore Raffaele Lombardo) che provengono per storia dalla balena bianca (e derivati). Il tutto   con un cortocircuito che sarà abbastanza singolare: la Lega in Europa fa parte della famiglia della destra più estrema (Id), l’Udc da quando è nato ha entrambi i piedi nel Ppe. Ecco spiegato, per esempio, perché il vicepremier si ostini a spingere e a sperare – numeri permettendo – per una coalizione di centrodestra.

L’unico modo per tenere dentro una serie di incongruenze pronte a scoppiare. Per fare un banale esempio: in caso di elezione Patriciello rimarrebbe con Id o andrebbe con i Popolari, gruppo che ha frequentato per quattro legislature quando militava in FI? Ma questi sono dettagli per Salvini, costretto a vivere e poi a filosofare. Operazioni simili vanno avanti, su scala minore,   anche nei consigli regionali del sud, bacini di voti fondamentali per la sopravvivenza di un partito a vocazione nazionale, sfida stravinta in passato, ma ora di nuovo in bilico. 


In virtù di questo accordo dunque in Sicilia, per esempio, i deputati dell’Ars dal Carroccio vanno verso l’Udc per permettere a Cesa di tornare a esporre il simbolo. E’ il caso di Vincenzo Figuccia (dalla Dc di Cuffaro, invece, ecco Serafina Marchetta e Ignazio Abbate).  Anche sull’isola si sono accorti ormai che l’effetto Capitano non tira più in termini di preferenze e che tra la spada di Alberto da Giussano e lo Scudo crociato, vecchio e rassicurante, gli elettori scelgono il secondo. Cambi di casacca e trasformismo che si vanno a inserire nel caos della maggioranza che il governatore Schifani, ultimamente senza successo, sta provando a gestire. Ma l’importante è muoversi e manovrare: ecco perché in Sicilia è arrivato come commissario Claudio Durigon, sottosegretario fedelissimo del vicepremier e stratega spregiudicato nella manovra politica. 


Il Salvini doroteo (per bisogno) passa anche dalla Calabria dove sempre Durigon ha stretto la mano al partito centrista locale “Italia del meridione”. In Puglia l’uomo a metà fra Salvini e Cesa è Massimo Cassano, già sottosegretario e capo della segreteria politica dell’Udc. Movimento, movimento. Il capo della Lega non può fermarsi. E vuole aggredire Forza Italia, sperando che dopo le europee il gruppo dell’Udc si ingrossi ancora di più. A scapito della componente di Maurizio Lupi, ma magari anche di qualche forzista al sud. Altro che si nasce incendiari e si muore pompieri: da salviniano a centrista è un attimo.
 

Di più su questi argomenti:
  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.