Il caso

Meloni sistema Ferragni per decreto e se la prende con lo staff per il ko con Schlein

Simone Canettieri

A un mese dall'attacco sul palco di Atreju il governo vara il ddl beneficenza e l'influencer è costretta a commentarlo: sfida vinta. Intanto però resta l'amarezza a Palazzo Chigi per l'assist fornito alla segretaria del Pd sulla sanità 

Ha perso contro Elly Schlein alla Camera, ma si è rifatta in trasferta, nella milanesissima CityLife, con Chiara Ferragni. Più veloce di una storia su Instagram Giorgia Meloni ieri ha fatto approvare in Consiglio dei ministri il ddl Beneficenza con multe fino a 500mila euro. A distanza di un mese e otto giorni dall’assalto sul palco di Atreju all’imprenditrice digitale e influencer  (“promuove carissimi panettoni con i quali si fa credere che si farà beneficenza, ma il cui prezzo serve solo a pagare cachet milionari”) ecco servito il solito pan(doro) penalismo. Tutto in poco più di un mese: con Ferragni inseguita dalle procure e mollata dagli sponsor e poi normata dal governo. Consapevole della vittoria, la premier alla fine ha deciso di non stravincere tanto che in tv ha detto: “Mi è dispiaciuto che siano state lette come uno scontro, ma la sinistra si è sbracciata per difenderla manco avessi attaccato Che Guevara”. A dare più sostanza a questa battaglia fra le due donne più potenti del paese, così diverse ma anche così simili nella leadership per non parlare del taglio dei capelli, sono state le parole di Ferragni. Costretta a intervenire ieri con una nota per commentare l’iniziativa del governo, nemmeno fosse la Coldiretti o l’associazione balneari. Parole pubbliche che hanno il senso dello zucchero a velo sul pandoro: completano l’opera. “Si colma un vuoto legislativo, quanto mi è accaduto mi ha fatto comprendere come sia fondamentale disciplinare con regole chiare le attività di beneficenza abbinate alle iniziative commerciali”. Gioco, partita, incontro. Ora magari le due diventeranno amiche – ma anche no – oppure Fedez e Giambruno berranno una birra insieme. Ma forse no. Resta il fatto che una dei tre leader dell’opposizione, tra Parlamento e social, è stata sistemato. Quanto ai capi della minoranza, quella meramente politica, le cose sono diverse. Conte non molla l’osso e la cosa inizia a far indispettire la premier, visto il dossier fabbricato contro il leader del M5s e diffuso alle agenzie. E allo stesso tempo anche Schlein, tipo Marchese del Grillo, sembra essersi svegliata. Come dimostra la perfomance in Aula, l’altro giorno, durante il premier time. Meloni è inciampata sulle date: ha citato il 2009, anno del tetto ai costi della sanità, e ha permesso alla leader di Pd di calciare il più facile dei rigori a porta vuota: al governo c’era lei, cara Meloni, in qualità di ministra. La premier consapevole del regalo concesso alla sinistra pare non l’abbia presa benissimo, prendendosela con il suo staff: i quesiti erano noti da 24 ore. “Ma che mi avete scritto?”. Per fortuna c’è stato il Ddl Ferragni.

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.