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L'intervista

Luca De Carlo (FdI): "L'autonomia sarà la vittoria di Meloni"

Francesco Gottardi

"Esultiamo insieme agli amici leghisti, ma prima della premier c’era il nulla su questa riforma", dice al Foglio il coordinatore del partito in Veneto. "Il vecchio Pd della falce e martello oggi sventola il tricolore: che grande momento"

Venezia. Ai senatori meloniani pare un sogno. “Il vecchio Pd della falce e martello oggi sventola il tricolore: che grande momento”. In effetti. “Poi dai banchi del M5S si alza l’inno nazionale”. Dar contro Fratelli d’Italia intonando ‘fratelli d’Italia’: genio! “E infatti abbiamo subito accettato l’invito, ma il canto dei nostri li ha surclassati”. Mica si poteva cedere sull’elmo di Scipio. “Già. Avete visto cosa porta il dibattito sull’autonomia?”. Se questo è il preambolo, supererà Garibaldi e Mazzini. “È il futuro migliore per un paese unito. Non una riforma contro il sud” assicura Luca De Carlo, coordinatore veneto del partito e a Palazzo Madama dal 2020. “Ribadiamolo: nessuno nelle regioni meridionali è contento di come vanno le cose. Dunque lo status quo non va difeso ma cambiato, per mettere gli amministratori locali di fronte alle loro responsabilità. Questa è l’essenza del provvedimento”. Inviso a molti, rivendicato da altrettanti. “Esultiamo insieme agli amici leghisti. Ma prima di Meloni c’era il nulla”. Compresi 13 anni di Carroccio al governo.

 

 

Invece in 13 mesi di nuovo esecutivo una proposta di legge è stata approvata dal Cdm, ha ottenuto luce verde al Senato e si appresta al sì della Camera. L’ultimo scoglio. “Ma il conta-giorni dal referendum del Veneto (2285) è ancora attivo”, frena De Carlo. “Abbiamo solo compiuto il primo passo concreto verso l’attuazione della Costituzione. Grazie alla credibilità di FdI: se scriviamo un programma elettorale, poi lo realizziamo”. E pazienza se il ddl porta il nome del ministro Calderoli, se è la Lega (senatrice Mara Bizzotto) a issare in aula il Leone di San Marco. “Ognuno tira acqua al proprio mulino. Eppure i veneti sono più svegli di così”. Cioè? “Sanno riconoscere la verità oggettiva dalla sua interpretazione: chiedo loro una lettura dei fatti, non un atto di fede”. Anche il presidente Zaia riconosce i meriti del governo Meloni, e di quello soltanto. “Perché è obiettivo: la nostra leader ha dato prova di serietà. A noi interessa la sostanza e siamo pronti a farcene carico”.

 

 

Per Via Bellerio si profila uno scenario straziante: l’autonomia in cambio del premierato, poi il marchio di Giorgia su entrambi. “La Lega sa benissimo che siamo alleati leali. Ma queste riforme vanno di pari passo”, continua il senatore. “Il processo di decentramento è appena iniziato, merita ampi approfondimenti e necessita di adeguate tempistiche: non è una bandierina da piantare prima delle europee”. La prossima sfida? “Far capire l’utilità dell’autonomia differenziata a tutte le regioni, con la dovizia del buon padre di famiglia. Ogni intervento va circostanziato, i commissari che avanzano delle perplessità hanno diritto a risposte certe: stiamo facendo un grande lavoro di comunicazione. Su questo anche la Lega e Calderoli sono molto attivi”. Il grande nodo è attorno ai Lep. “Questione pretestuosa. Le risorse ci sono, seguirà un chiaro piano d’azione: è fondamentale che ciascuna regione abbia pari garanzie in partenza. Poi sulle materie per cui lo Stato devolverà competenze ai territori si vedrà: credo che 23 sia un buon numero limite, ma nemmeno il mio Veneto arriverà a tanto”. Di sicuro ne richiederà più di altri. “La sinistra ci accusa di aver tradito il Meridione. Immagino invece l’imbarazzo dei suoi elettori: prima di questo governo il Pd era a favore dell’autonomia. È per la coerenza che le urne premiano noi”.

 

 

Si dice che Meloni punti su De Carlo come erede al trono di Zaia. “Se i veneti vorranno darci ulteriore fiducia saremo pronti. Prima però c’è un altro appuntamento importante”. Fare bene a Bruxelles, per ipotecare la regione. “Vogliamo dimostrare che esiste un’Europa diversa: senza derive green, pantani ideologici e burocratici. Ma più buonsenso, pragmatismo e sostenibilità economica”. Magari verso il Ppe? “Una casa FdI ce l’ha già: siamo aperti agli accordi su base programmatica”. È l’equilibrismo che piace a Giorgia. È il sia-sia che tiene in piedi presidenzialismo e federalismo, destra e destra, schiave di Roma e serenissime ambizioni. Finché sono tutti a cantare.