(foto Ansa)

il giurì del popolo

Conte fa l'avvocato di se stesso sul Mes (per un'ora e mezzo) e sfida Meloni

Luca Roberto

Il capo del M5s si presenta davanti al giurì d'onore con un faldone di 100 pagine, "scritte da lui", per provare a confutare Meloni. Oggi tocca alla premier. "Ma già averla costretta a rispondere delle sue dichiarazioni per noi è una vittoria", dicono nel M5s

Com’era lo spirito all’interno della commissione? Santo”. Il vicepresidente della Camera Giorgio Mulé passeggia tranquillo e scherzoso per il corridoio dei Busti, nell’ala berniniana di Montecitorio. Ha appena finito di audire, presiedendo il giurì d’onore, Giuseppe Conte. Onorevole, ci dica almeno com’è andata? “Mi spiace, sono tenuto al riserbo più assoluto”. Il capo dei Cinque stelle s’è rivolto a questi uffici, al presidente della Camera Lorenzo Fontana, per ristabilire la verità, sfidando la premier Giorgia Meloni che in Aula avrebbe detto il falso sul suo conto. Parlando di una riforma del Meccanismo europeo di stabilità sottoscritta “con il favore delle tenebre”. E forse il principale successo di Conte, almeno per adesso, sta tutto qui: nella constatazione che la presidente del Consiglio oggi, alle 12, farà la sua apparizione all’interno della Biblioteca del presidente. In una specie di duello, ma temporalmente sfalsato, tra i due. Altro che confronto televisivo con Elly Schlein. Visto che per la chiusura di questo duello una scadenza c’è: entro il 9 febbraio il giurì si dovrà esprimere.

 

E quindi il già avvocato del popolo, quello che lotta perché gli sia riconosciuto che sul Mes aveva ragione lui così da poterlo poi non votare, si muove per la Camera con fare disinvolto. Sa che per questo pomeriggio dovrà fare l’avvocato e basta, la sua vecchia professione, però di se stesso. “Ma a voi vi fanno arrivare fino a qui?” chiede ai cronisti che lo vedono arrivare per la “deposizione”, con in mano un malloppo di documenti, oltre cento pagine: la famosa relazione, scritta dallo stesso Conte, con lavoro certosino “da legale”, che depositerà agli atti del giurì. Cravatta rossa, ciuffo ravviato, raggiunge la commissione quando per il resto dei parlamentari, dopo l’ultimo voto in Aula, è già iniziato il weekend lungo e al fondo del Transatlantico si sente lo sferragliare dei trolley sulle pedane d’acciaio. E i biglietti di Trenitalia e Italo iniziano a fare capolino sulle schermate degli smartphone. Si rivede anche l’ex presidente della Camera Roberto Fico, ma con il giurì d’onore non c’entra alcunché. Conte entra alle 13 e 28 ed esce alle 14 e 55, in solitaria, un’ora e mezza per sostenere davanti a Mulè e agli altri quattro componenti del giurì (il verde Zaratti, il dem Vaccari, il leghista Cecchetti e Colucci di Noi Moderati) le sue ragioni. “Chiamerò qualcuno a testimoniare? Non è previsto”, dirà all’uscita della commissione. “Non posso dire altro. Ma lo sapete che è tutto se-cre-ta-to, no?”. Poi, una volta fuori da Montecitorio ribadirà di “volere giustizia” e di avere “piena fiducia nel lavoro del giurì”. Ciò detto, già alcuni giorni fa aveva fatto filtrato che la sua difesa sarebbe stata composta principalmente di “prove documentali e atti parlamentari, con tanto di date, che smentiscono le gravissime accuse del Presidente del Consiglio”. E che confuterebbero non solo la comunicazione pre Consiglio europeo del 13 dicembre scorso. Quella in cui Meloni sventolava il famoso fax che lo avrebbe dovuto inchiodare. Ma anche attacchi rivolti quando la leader di FdI era all’opposizione, a partire dal 2019. Con un punto di partenza: e cioè che in almeno 14 occasioni (una quarantina se si considerano anche le commissioni) Conte ha discusso di Mes nelle aule parlamentari quando stava a Palazzo Chigi.

 

Ma siccome si cerca di frugare meglio attorno a questa vicenda in cui nessuno può dire ufficialmente nulla, quando Conte scompare dai radar a Montecitorio si aspetta almeno di carpire qualcosa di più dagli altri componenti del giurì. Ecco allora che spunta Stefano Vaccari del Pd, emiliano: “Sul contenuto non mi esprimo. Di certo, non abbiamo parlato di calcio. Commenti su Mourinho e la Roma? Ma se sono della Juventus”. L’ex premier a ogni modo si ritiene soddisfatto, pensa di aver affrontato tutti i nodi legati alla vicenda. E spera davvero che questo passaggio possa segnare per lui una vittoria, quantomeno tattica. Più che rivalersi su Meloni, però, Conte ha l’obiettivo di accreditarsi come suo vero sfidante. Quasi che l’intera operazione giurì d’onore possa servire a mettere in naftalina la questione del confronto televisivo a due tra la premier e la segretaria del Pd, da cui è rimasto escluso. Per lui è un problema perché rischia di vedersi sfilare il ruolo di “leader dell’opposizione”. “Ma già il fatto di aver costretto la presidente del Consiglio a venire qui a giustificare le sue dichiarazioni, per lui è una vittoria”, dicono tutti tronfi nel Movimento.

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