Elly Schlein (Ansa)

Voci da strasburgo

Schlein si candida alle europee? “Roba da Berlusconi”, dicono i socialisti

Pietro Guastamacchia

"A noi sembra una pratica un po’ irrituale e molto poco da Pd. Noi non siamo così, lasciamo questa cosa alle destre e ai loro partiti personalistici". Dalla delegazione spagnola a quella tedesca e portoghese, nel Pse sono tutti contrari. E Gentiloni dribbla la domanda

Candidarsi capolista in tutti i collegi “a noi sembra una pratica un po’ irrituale e molto poco da Pd”: l’idea di Schlein di fare la capolista alle elezioni europee di giugno sbatte contro i dubbi dei socialisti Ue che a Strasburgo non nascondono che l’idea non scaldi i cuori dei colleghi del Partito socialista europeo (Pse). 

Dalla delegazione socialista spagnola, mettono le mani avanti, “sia chiaro che ognuno a casa sua fa come vuole” ma sottolineano che “mai Pedro Sanchez si sognerebbe di candidarsi per racimolare voti e poi rinunciare al posto. Non è una cosa seria ne per il leader di un partito né, tantomeno, per un primo ministro”, spiegano avvisando la segreteria dem ma ampliando la stoccata anche a chi sembra già molto più avanti nella sua scelta di imporre il proprio nome sulle liste, ovvero la premier Meloni.

In casa Spd invece la cosa va proprio spiegata da principio perché neanche riescono a capirla. “Non capisco Schlein vuole o non vuole fare l’eurodeputata?” chiede una socialista tedesca e quando le si spiega che l’ipotesi sarebbe solo candidarsi capolista in ogni circoscrizione per poi rinunciare al posto e far passare gli altri, rimane allibita. Beata innocenza tipica di chi a sei mesi dalle elezioni ha già pubblicato e reso note le sue liste dei candidati da diverse settimane. Più di mondo invece un pezzo da novanta della delegazione portoghese “sì, me la ricordo bene questa storia, lo faceva sempre Berlusconi vero? ma lui aveva un partito ad personam, il Pd come marchio è più forte del nome Schlein o di ogni altro nome, non c’è ne bisogno secondo me di provare tattiche simili”, spiegano a margine dei lavori di Strasburgo, “noi socialisti non siamo così, lasciamo questa cosa alle destre e ai loro partiti personalistici”.

 

Ampio dribbling sulla questione invece da Paolo Gentiloni, “no, no oggi solo Patto di Stabilità”, commenta il commissario Ue, uscendo dall’emiciclo di Strasburgo dopo che l’Aula ha aperto le danzi ai negoziati interistituzionali sulle riforma della governance economica europea.  Il tema della scelta di Schlein circola da alcuni giorni nelle pause caffé dei colleghi socialisti a Bruxelles. La notizia di una possibile candidatura di Schlein era arrivata inizialmente alla riunione del gruppo socialista a Roma, settimana scorsa, ma non da Schlein stessa, spiegano fonti parlamentari, “qualcuno dei suoi si è infatti fatto portavoce per sondare con i colleghi quali fossero pareri sull’idea”, raccogliendo, a quanto pare, reazione piuttosto fredde.

Una riunione, quella di Roma ritenuta un grande successo dalla famiglia socialista di Bruxelles. L’evento organizzato in memoria del defunto presidente dell’Eurocamera David Sassoli, infatti è stato molto apprezzato “Molto bello il panel sulla stampa libera, con quel bravo giornalista ..Faccio, Fatto,,, Fazio!”, commentano dallo staff socialista tedesco, “e poi bravissimo anche Prodi, lucido e preciso…  ci manca tanto gente come lui… ma quanti anni ha?”, azzardano i tedeschi chiedendosi se proprio non ci sia spazio per un altro giro a Bruxelles.

A far paura ai socialisti europei inoltre è anche il confronto con Meloni i cui consensi previsti per il voto di giugno sono ben al di sopra di quelli che può sperare di ottenere Schelin, “perché andare farsi male giocando a un gioco, quello dei partiti leaderistici, a cui sono più bravi loro?”.  “Serve guardare tra gli amministratori locali, sul territorio, li ci sono i candidati giusti”, questo il mantra che ripetono dal Pse, e soprattutto “spazio ai giovani”.

Lezione che Schlein dovrebbe conoscere bene, come in quella campagna elettorale europea del 2014 dove una giovanissima Elly portò a casa 53 681 preferenze, senza che un segretario le corresse come capolista nel suo partito. Sempre nel 2014 invece in Fratelli d’Italia Meloni, a percentuali siberiane in confronto a quelle di oggi, gia correva già capolista dappertutto, confermando un po’ la tesi dei colleghi del Pse e cioè che questa cosa della capolista unica “è un po’ di destra”.

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