Il caso

Affitti troppo alti e taglio degli eletti: la settimana corta dei parlamentari è un problema per il governo

Simone Canettieri

Di regola ormai e deputati senatori lavorano dal martedì al giovedì. E l'esecutivo è costretto ai salti mortali per non andare sotto in Commissione e in Aula

Di giovedì ti volti a guardarli e non li trovi più. E' una regola. La settimana cortissima dei parlamentari è una delle poche sicurezze della politica italiana. Con una colonna sonora già scritta: l’onorevole rumore  delle ruote dei trolley  sui sampietrini davanti al Parlamento. Il tutto sempre nel giorno della consueta ascensione del deputato (o senatore) verso il collegio (cioè casa) dove è stato eletto: il giovedì appunto. Il combinato disposto del taglio dei parlamentari e l’aumento dei prezzi degli affitti delle case dopo il Covid sta facendo  sì che il lavoro d’Aula sia sempre più compresso e problematico. “Piazzare una fiducia di venerdì o di lunedì – raccontano dal governo – è un’operazione sempre più complicata: costringe i parlamentari a fermarsi un giorno in più in hotel”. Questa settimana è finita, come da calendario formale non scritto, di giovedì. La prossima si protrarrà di un giorno per via della fiducia sul dl Immigrazione. Ma che fatica, signora mia. 

Se n’è accorta anche Giorgia Meloni: “Se fosse per me  dovrebbero lavorare anche il sabato e la domenica”, dice di frequente la premier. Convinzione-costrizione rafforzata dopo alcuni scivoloni avvenuti in Aula e in Commissione in quest’anno di governo. A partire da quello clamoroso sul Def (in concomitanza con il ponte del 25 Aprile). E però ormai così è se vi pare. Il menù tipo inizia il  lunedì:  interpellanze,  mozioni o  discussioni generali a cui basta che vi partecipino pochi più due parlamentari per gruppo (incombenza affidata, se quel giorno non c’è commissione, quasi sempre ai residenti nella Capitale).

Si fa sul serio – tasti alla mano – il martedì, il mercoledì e il giovedì fino al primo pomeriggio. Poi suona la campanella ed è subito tana libera tutti. Questo trantran ha fatto    cambiare anche le abitudini dei parlamentari. Da un rapido sondaggio casareccio e bipartisan chi viene da fuori non affitta più un appartamento a Roma. Preferisce ripiegare su alberghi, case vacanze stile Airbnb e b&b.  “Tanto pernottiamo due notti in media a settimana”, dicono un po’ tutti i forestieri, in maniera bipartisan.
Conserva la casa chi è già alla seconda legislatura – il veterano – oppure c’è chi si  divide  le spese come capitato all’inizio alle dem Elly Schlein e Chiara Gribaudo o ai Fratelli d’Italia (e di affitto) Giovanni Donzelli e Andrea Delmastro.

In genere i neo eletti non romani, capita e organizzata l’antifona, preferiscono pagare le singole notti di soggiorno nelle strutture ricettive. E, con un accordo non scritto con le presidenze delle Camere che stilano il calendario, cercano sempre di concentrare il lavoro in tre giorni: martedì, mercoledì, giovedì. Salvo fiducia.  

Sono problemi, e soldi. Chi non risiede nella città eterna ha diritto a un piccolo bonus di circa 300 euro mensili da aggiungere alla diaria. Dopo il Covid l’aumento degli affitti delle case in centro  è stato sostanziale. E spesso chi possiede una seconda abitazione preferisce rivolgersi al mercato dei turisti stranieri: ugualmente facoltosi e meno problematici.

A ottobre l’Aula della Camera ha lavorato  anche solo due giorni a settimana. Il discorso si fa ancora più complicato se si esaminano le commissioni permanenti: con il taglio dei parlamentari alla Camera questi organismi sono rimasti inalterati (14) mentre al Senato sono scesi (da 14 a 10). Capita che un parlamentare debba sostituire il collega   occupandosi di una materia che non conosce. Spesso la maggioranza balla sul filo dei numeri, specie al Senato: basta un raffreddato o un paio di scansafatiche per andare sotto. Discorso simile anche per le bicamerali: le uniche che si riuniscono con una certa costanza sono l’Antimafia e la Vigilanza Rai (quasi sempre di mercoledì).

Quando partiranno le nuove bicamerali – per esempio quella sul Covid – potrebbe crearsi dei veri e propri ingolfi. Una dinamica che subisce anche il governo: con la riduzione dei parlamentari, la precettazione dei sottosegretari e dei ministri è frequente. FdI, primo gruppo per numero, ha regolamentato le missioni: devono essere autorizzate dai capigruppo. E comunque è un cambio di approccio: la Roma godona, le Ville dove passare le notti (come dimenticare l’Appia dei popoli di Claudio Martelli?) sono un ricordo per i parlamentari, pronti alla toccata e fuga. E adesso c’è la manovra. L’idea di approvarla prima della Festa di Atreju – dal 14 al 17 dicembre – rimarrà un sogno. L’ultimo sì, salvo inciampi, è previsto intorno al 20 dicembre. Ma il Natale sembra salvo.

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.