Il racconto

Dalla sorella Arianna a Fiorello: la passione romanissima di Meloni per gli scherzi telefonici

Simone Canettieri

La burla alla cornetta fa parte della grande commedia della Capitale. Anche la leader ne è sempre stata attratta. Ma questa volta la faccenda è seria

Se telefonando, se scherzando. Se non fosse una cosa seria - con l'ombra dei servizi russi e il tentativo di Mosca di fare propaganda sulla guerra in Ucraina - la terribile burla in cui sono incappati Giorgia Meloni e tutto l'apparato di Palazzo Chigi sarebbe la perfetta chiusura del cerchio. C'è molta Roma, c'è molta Meloni in tutto questo. Anche se a parti inverse.

Lo scherzo telefonico è da sempre una maschera della commedia Capitale. Da Alberto Sordi (che chiamava a casa di Fellini, facendo indispettire Giuletta Masina, fingendosi un'amica del grande Federico) a Carlo Verdone, che alla cornetta si è sempre esaltato (tra il socio Aci ed Enzo di un Sacco bello) passando per Gigi Proietti. Ne è stato un maestro Ugo Tognazzi, certo. Ma anche Teo Mammuccari, al punto di imbastirci un intero programma, una ventina di anni fa, basato su gag spassose. 

Negli annali rimarrano anche le imitazioni del giornalista Paolo Guzzanti in versione Sandro Pertini a "Quelli della notte" di Renzo Arbore, ma anche all'ufficio centrale del giornale per cui lavorava.  

Pure la premier, romanissima, da sempre si diverte con la voce. Lo ha fatto, sette mesi fa, con l'amico Fiorello a VivaRai2 proponendo l'imitazione di se stessa e soprattutto lo faceva fino a non molto tempo fa con la sorella maggiore Arianna con la quale, oltre a condividere la gestione del partito, ha anche da sempre il medesimo timbro di voce. Se le ascoltate a occhi chiusi è impossibile distinguerle.  “A volte chiamavo io  per lei - ha raccontato Arianna Meloni al Foglio -  a suo nome. Pronto, sono Giorgia Meloni, e tutti ci credevano". Uno scherzo usato magari con dirigenti di FdI troppo insistenti e con banali scocciatori. Per non parlare di quando, sempre la premier, si divertiva dal palco di Atreju, la festa di Fratelli d'Italia, a farsi beffa dei big della politica: da Berlusconi a Veltroni, fino a Fini (anche se non si trattavano di scherzi telefonici). Comunque tutto molto innocuo e divertente. Al contrario di quanto messo in piedi dal finto presidente della Commissione dell'Unione Africana ai danni della credibilità del nostro paese.  Pronto, chi è? C'è poco da scherzare.

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.