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Passeggiate romane

Allarme in casa Pd in vista di europee e regionali: il partito è inchiodato al 20 per cento

I dem non si possono permettere di perdere le prossime elezioni in Sardegna, Abruzzo, Piemonte e Basilicata. Sarebbe un duro colpo per la segreteria Schlein oltre che per l'intero partito. Da Bonafè a Ricci, crescono le preoccupazioni sul consenso

Al Pd monta la preoccupazione perché i sondaggi danno il partito sempre inchiodato a una percentuale che non supera il 20 per cento. Il timore non riguarda solo le europee ma anche le regionali. Dopo le sconfitte in Lombardia, Lazio, Molise e nelle province autonome di Trento e Bolzano, i dem non si possono permettere di perdere  in Sardegna, Abruzzo, Piemonte e Basilicata. Sarebbe un’ulteriore mazzata che inciderebbe negativamente anche sulla segreteria Schlein oltre che sull’intero partito. Per questa ragione la leader dem Schlein sta cercando in tutti i modi di convincere i possibili alleati di quello che un tempo veniva definito campo largo a giocare insieme la partita delle regionali.
 
Intanto, però, anche se Stefano Bonaccini continua a cercare di mantenere un buon rapporto con la segretaria, impresa non facile visto che, a detta dello stesso governatore dell’Emilia Romagna, Schlein non è troppo propensa nemmeno a consultarsi troppo spesso con lui, e la sua corrente, o area – come preferisce chiamarla lui – è in sofferenza. Lo si capisce chiaramente dai discorsi che sempre più spesso si sentono fare dalle parti di Energia Popolare. Per esempio, basta ascoltare le parole di Simona Bonafè, vice capogruppo vicario del Pd alla Camera dei deputati: “Siamo ancora sempre lì, al 20 per cento. Ma se siamo il Pd non ci dobbiamo rassegnare a rappresentare la minoranza. Già, perché questa tendenza al minoritarismo mi preoccupa. Noi come Pd dobbiamo mettere in campo una proposta di governo alternativa alla destra, che sia chiara e credibile”.
 
Ancor più preoccupato il sindaco di Pesaro Matteo Ricci, che abbassa l’asticella della percentuale del Partito democratico: “Siamo ancora al 18-19 per cento”. Come se non bastasse, preoccupano anche le regionali più lontane. Quelle del 2025, perché c’è il ragionevole dubbio che la destra possa riuscire a espugnare quella che un tempo era una delle regioni rosse per eccellenza. Per questo motivo si sta ragionando sull’opportunità di candidare o meno l’attuale governatore Eugenio Giani. E’ vero che il presidente della Toscana ha un rapporto personale con Matteo Renzi e questo in una regione come quella è sempre importante. Ma è anche vero che il suo indice di gradimento è alquanto basso. Perciò c’è addirittura chi medita di candidarlo come sindaco di Firenze in accordo con Italia viva. Insomma, per tutte queste ragioni al Pd in questa fase non eccedono in ottimismo. E quindi, dopo aver pensato di non aderire alla manifestazione di pace e disarmo di venerdì scorso, all’ultimo momento hanno cambiato idea, anche se, fatta eccezione per rari casi, i dirigenti dem si sono guardati bene di scendere in piazza.
 
A questo punto, ovviamente, impensierisce anche la manifestazione prevista per l’11 novembre. Va bene che si è pensato di farla in Piazza del Popolo, che è facile da riempire, ma comunque una prova di forza va fatta. Perciò Elly Schlein ha già annunciato che sarà anche una manifestazione per la pace, nella speranza che questo tema sia più attrattivo rispetto ad altri. Ma al Nazareno c’è anche chi ragiona sull’opportunità di far precedere quell’iniziativa, pensata originariamente per manifestare soprattutto sulla sanità, da una richiesta di dimissioni del ministro della Salute Orazio Schillaci.

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