Tutto l'imbarazzo di Tajani per il pasticcio dell'ambasciata italiana in Russia

Valerio Valentini

Dopo l'invito a Villa Berg per il propagandista putianiano che auspicava la morte di Meloni, il ministro degli Esteri chiede spiegazioni. L'ambasciatore Starace giustifica l'inciampo: "Siamo in pochi qui a Mosca"

L’imbarazzo, almeno pubblicamente, s’è provato a dissimularlo. Ché del resto la guerra tra Hamas e Israele, e i colloqui con l’Egitto, e il perenne cruccio africano: insomma maiora premunt, alla Farnesina. Però il fastidio c’è stato, eccome. E quello, Antonio Tajani non lo ha nascosto. “Ma com’è possibile? Esigo un chiarimento”. E lo ha chiesto, il chiarimento, al diretto interessato: e cioè a Giorgio Starace. Perché l’ambasciatore italiano a Mosca che riceve nella massima sede della nostra rappresentanza diplomatica in Russia un propagandista putiniano, è già un inciampo difficile da tollerare. Ma la foto che li ritrae insieme, Starace accanto al  reporter laziale Andrea Lucidi, voce preminente delle disinformatja anti ucraina,  e che inizia a diffondersi sui social, e le polemiche che ne sono conseguite: davvero troppo. “Questo è uno che ha invocato la ghigliottina per Giorgia Meloni,  e noi lo omaggiamo così?”, sbottano i consiglieri del ministro degli Esteri. Di qui,  la richiesta di spiegazioni.

Che Starace ha fornito. Assumendosi in definitiva la responsabilità dell’incidente. Ma non rinunciando a segnalare un certo disagio. Che è nei numeri, anzitutto. Perché, dopo che il Cremlino ha disposto l’espulsione di 24 diplomatici italiani – come ritorsione nei confronti delle sanzioni europee – molti uffici dell’ambasciata sono rimasti sguarniti. Da quel maggio del 2022 è iniziata una lunga operazione di reclutamento, con selezioni rese  tribolate dalla parsimonia con cui Mosca concede autorizzazioni e visti. Il risultato è che ora, a Villa Berg, a coadiuvare Starace ci sono quattro funzionari, tutti arrivati da sei mesi appena. “E capirete che c’è ancora una dimestichezza da prendere, in certe procedure”, ha spiegato l’ambasciatore.

Dimestichezza, per dir così, che è mancata di certo nel vaglio degli invitati alla cena di beneficenza di mercoledì. Erano 250 i nomi inseriti in lista dalla Comunità cattolica italiana. Era stata l’associazione “Per un fiore di senape”, infatti, a gestire il tutto, spedendo gli inviti ufficiali a chiunque avesse donato 5.900 rubli (poco meno di 60 euro), per finanziare la costruzione di una casa pastorale a Mosca. Solo in seconda battuta è intervenuta l’ambasciata. Che, peraltro, si è offerta di sostenere la causa del vescovo di Mosca, Paolo Pezzi. Perché la ricerca del posto giusto per organizzare la cena era stata  faticosa: dovunque i russi chiedevano cifre spropositate, per concedere degli spazi. Finché, appunto, Starace non ha deciso di mettere a disposizione  Villa Berg. Solo che a quel punto s’è reso necessario il filtro. Due nomi sono stati  espunti in quanto destinatari di sanzioni europee. Un terzo aveva addirittura precedenti penali. Senza contare che si è dovuto rimbalzare anche un dirigente della Lukoil. Con gli imbarazzi prevedibili, visto che uno dei predecessori di Starace, Vittorio  Surdo, per Lukoil – il che, peraltro, dice  della difficoltà del lavoro di ambasciatore italiano a Mosca, visto che pure Cesare Regaglini, capo delle nostre feluche in Russia fino al 2018, è stato poi arruolato come vicepresidente dalla Veb, l’ente statale che guida gli investimenti strategici del Cremlino.

In ogni caso, al setaccio dei quattro prodi collaboratori di Starace è sfuggito il nome di Lucidi. Svista a suo modo clamorosa, dato il ruolo che da almeno due anni il “free lance” ha nel fare propaganda putiniana in rete e sui social: con invettive contro il nazismo di stato ucraino, con reportage unilateralmente schierati nell’esaltare le atrocità di Kyiv e la benevolenza di Mosca nei vari fronti, nel negare le stragi di Bucha o di Mariupol. Per non dire, poi, della veemenza con cui Lucidi ha più volte condannato il sostegno occidentale, e italiano in particolare, alla resistenza ucraina. E certo, sarà pure, come ha ribadito Storace a chi gli ha chiesto chiarimenti, che “la prossemica della foto” lo mostra abbastanza restio all’abbracciare Lucidi, vicino ma non accomodante, né sorridente, verso il reporter. M quella foto continua a girare. E alla Farnesina – dove sanno già che il Pd sta per depositare una apposita interrogazione parlamentare. dunque altre polemiche, altre rogne – continuano a sbuffare.

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.