"Su Stellantis Calenda ha ragione. I silenzi del gruppo Gedi? Valutino i lettori...". Parla Orlando

Valerio Valentini

"Meloni fa l'antiglobalista, ma poi è in ginocchio di fronte ai grandi gruppi stranieri". Il caso Marelli e quel che resta della Fiat in Italia: "La più grande dismissione industriale, e se ne parla pochissimo". Colpa del disinteresse di Repubblica? "Oggettivamente, vent'anni fa ci sarebbe stato ben altro dibattito". Intervista all'ex ministro del Lavoro

D’istinto dice che “Carlo Calenda, sulla vicenda Stellantis, ha ragione”. Il che, visto che a dirlo è Andrea Orlando, è già a suo modo notevole. Poi prende fiato, l’ex ministro del Lavoro, e spiega: “Dopodiché anche lui cade in delle contraddizioni. Però gli va senz’altro riconosciuto il merito di aver sollevato il tema. Perché a Crevalcore, in quello stabilimento della Marelli, si sta consumando un fatto clamoroso: pezzi importanti della storia e del patrimonio industriale di questo paese dilapidati. E il governo, muto”.

Muti lo sono in tanti, in effetti.  “Certo, è vero”, ammette Orlando. “Ma sarebbe bizzarro non illuminare, per primi, i silenzi del governo. Che è evidentemente in estremo imbarazzo: si proclama antiglobalista e poi è in ginocchio in tutte le vertenze che lo vedono di fronte a un interlocutore forte. E il caso della Marelli è eloquente, certo, visto che in ballo ci sono gli interessi di un fondo americano, Kkr, che è nel frattempo coinvolto in un’operazione a cui il governo tiene molto, quella di Tim. Ma la stessa dinamica la si registra sull’Ilva: si danno miliardi agli indiani di Arcelor senza pretendere garanzie sui piani industriali e occupazionali”.

Se però è di Stellantis che si parla, allora non sono certo addebitabili tutte a questo governo, le molte storture di questa faccenda. “Sarebbe disonesto, è vero. La debolezza dei governi nei confronti di Stellantis è, per così dire, storica. Però evitiamo che questo sia un alibi per chi ha responsabilità nel dover affrontare il qui e l’ora. La transizione all’elettrico dell’automotive non può continuare a essere una baruffa ideologica. Si parla di una trasformazione industriale delicata, che va gestita con ragionevolezza, ma sapendo che guadagnare tempo non serve, se quel tempo non lo si usa per accelerare i processi di riconversione. Bearsi di aver strappato una proroga con Bruxelles illudendosi che si possa continuare a sfruttare i profitti dell’endotermico ancora per quattro o cinque anni, e poi chi vivrà vedrà, è da ingenui. Anche perché nel frattempo il mondo va avanti e travolge i nostri attendismi. L’impresa e il sindacato sono molto più avanti del governo”. 

Che fare, però? “Col governo Draghi, nei negoziati europei, puntammo a ottenere maggiori fondi, quelli dello Sure, e non maggiore tempo, per attuare una transizione che in Italia è certo più complessa che altrove”.

Eppure, se davvero le dinamiche di Stellantis sono la manifestazione di un processo epocale, perché se ne parla così poco? E’ davvero perché, come dice Calenda, gli Elkann controllano Repubblica? “Calenda qui sbaglia, o meglio esagera nel dire che nessuno ne parla. Quando Fca chiese 6,3 miliardi di garanzie al governo per la Cassa Covid, osai osservare che quantomeno dovevano esserci in cambio delle garanzie da parte dell’azienda, a partire dal riportare la sede fiscale in Italia. Seguirono polemiche furibonde. E però Calenda non sbaglia a denunciare il fatto che una dismissione come quella che Stellantis sta mettendo in atto venti anni fa sarebbe stata accompagnata da grandi dibattiti. Che questo silenzio sia davvero la conseguenza di precise scelte editoriali, oppure no, lo lascio giudicare ai lettori”.

Ma al di là delle scelte del gruppo Gedi, l’indolenza su questo tema chiama in causa anzitutto le forze della sinistra. “Certo. E se guardiamo oltre i confini nazionali, i principali governi progressisti, non certo espressione di una sinistra massimalista, hanno riportato la politica industriale al centro dell’agenda di governo. Penso a Scholz, e ancor più a Biden. La logica che sta dietro al Recovery plan, in fondo, non è diversa”.

In Italia, invece, la sinistra italiana al governo ha puntato sul Superbonus. “Attenzione: il 110 è una misura di politica industriale che sviluppa forse all’eccesso gli interventi sull’ecobonus e sul sisma bonus. Si può discutere la percentuale per me eccessiva e l’ampiezza della platea ma non ci sono dubbi che bisogna incentivare il passaggio dall’edilizia che consuma suolo a quella che trasforma l’esistente. In ogni caso, il Pd sta riaffermando il principio per cui di politica industriale non si possa fare a meno: ché non ha senso rimettersi fiduciosi alla mano invisibile del mercato e poi stracciarsi le vesti quando un grande gruppo industriale decide di dismettere impianti o di delocalizzare. Nel Pd ne parleremo a novembre, quando al tema sarà dedicata una conferenza nazionale”.

Invitato d’obbligo: Calenda. “Con Carlo si può collaborare su questi e su altri temi. E’ meritorio il suo impegno, al riguardo. Sbaglia, invece, quando mette sullo stesso piano la Cgil e Stellantis”. Converrà che tuttavia un certo rifiuto del nuovo caratterizza spesso il sindacato di Maurizio Landini. “Chi difende i lavoratori, nelle grandi trasformazioni industriali è fisiologico che affronti certe difficoltà. Detto questo, mesi fa la Fiom manifestò davanti i cancelli di Stellantis, a Parigi, per chiedere certezza sugli investimenti del gruppo in Italia. Se tutti gli avessimo dato più risalto, all’evento, oggi ci sorprenderemmo meno”.
 

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.