(foto Ansa)

L'editoriale dell'elefantino

Spiace dare ragione a Salvini, ma un magistrato non può essere compromesso da comportamenti militanti

Giuliano Ferrara

Una casta è una casta. Non è obbligata a portare il codino, ma se porta la toga il riserbo è essenziale, decisivo. Per questo il leader della Lega sul caso della giudice Apostolico dice cose condivisibili

Spiace sostenere il senatore Matteo Salvini, specie in merito alla sua tenuta disgraziatissima del ministero dell’Interno nel famigerato 2018, al suo bullismo a sfondo razzista contro i negher e gli immigrati, alle sue forzature istituzionali di terra e di mare che hanno portato, com’era opportuno, a una sua lunga crisi politica e a una resurrezione avvenuta solo per merito di personale politico della destra e della Lega appena più avveduto. Ma la dottoressa Iolanda Apostolico, Catania, non è un cittadino come gli altri, non gode degli stessi diritti di tutti, ha una toga sulle spalle, emette provvedimenti che vincolano e impegnano lo stato di diritto.

Da ragazzo, in un paese più povero ma non infelice, conoscevo un magistrato, il padre di un amico di scuola divenuto insigne storico, che la sera stava sempre e rigorosamente a casa, salvo eccezioni famigliari contenute, e ascoltava l’“Italiana” di Mendelssohn. Sbirciò cinque minuti di Italia-Germania 4 a 3, ma non di più, mentre noi incasinavamo di urla la stanza della televisione nel suo appartamento. Lo ammiravo. Era una persona consapevole più che dei suoi diritti dei suoi doveri.

 

Una casta è una casta. Non è obbligata a portare il codino, ma se porta la toga il riserbo è essenziale, decisivo. L’imparzialità nella vita pubblica, anche di fronte a enormità come la crociata salviniana dei porti chiusi e delle “zecche comuniste”, gli consentirà di decidere in fatto di legge con autentica credibilità. Ho conosciuto anche magistrati politicizzati nelle istituzioni, militanti socialisti amici di Pertini e Craxi, e uno di questi, il mio compianto amico Renato Squillante, finì nei pasticci e si fece anche la galera per brutte storie di corruzione: nessuno è mai al riparo da sé stesso e dalla tentazione, a partire da chi scrive. La riservatezza non è tutto, la perfetta dirittura etica è una conquista, e siccome la mela fu mangiata, il peccato originale è una delle storie più credibili del libro della Genesi, bisogna andarci piano con le teorie abborracciate dell’onestà-tà-tà. Il linciaggio è comunque e sempre una vergogna, si parli della Apostolico di Davigo di Palamara o di Squillante, è uno sport barbaro dal quale è doveroso astenersi. Nota per Salvini: si può finire per avere torto anche quando si abbia ragione, e Twitter è lì per confermarlo. Ma in questo caso la ragione ci dice incontrovertibile che un’ordinanza su un migrante e il suo trattenimento, quale ne sia la legittimità giuridica, non deve in nessun caso essere confusa e compromessa da un comportamento militante, Potere al popolo, e dalla manifestazione pubblica, magari anche sbracata, di un orientamento che appartiene o deve appartenere, nel caso dei togati, al foro interiore cosiddetto. Una casta è una casta legittima solo in questo caso.

 

Se Piero Calamandrei diceva “siate bocca della legge” agli uomini del diritto, una motivazione seria ce l’aveva. Ai funerali di Giorgio Napolitano mi si è presentata la giovane gentile figlia di un eroe della magistratura giudicante, l’uomo che mandò assolto Enzo Tortora da accuse implausibili fomentate dalla malagrazia e dalla cattiveria di pentiti e giornalisti, non tutti. Fosse stato un militante radicale, e per giunta vociante e battagliero, buon per lui, ma non per la sua funzione. Come Antonio Esposito, l’uomo che condannò definitivamente Berlusconi, ora giustamente nel famedio di Milano illustre, per poi segnalarsi come attivista e corsivista inciprignito del Fatto, il giornale che ha inseguito le condanne degli accusati, e le insegue anche post mortem, in tutti i giorni della sua esistenza. Ci sono limiti importanti per chi ha le mani in pasta con la libertà personale, sia nella direzione della carcerazione sia in quella della liberazione dal fermo di polizia. Sono cose così ovvie che non si vorrebbe fossero rappresentate dal solo senatore Salvini. Che ai miei occhi non togati, dunque liberi di stravedere, ha torto anche quando ha ragione, ma senza esagerare.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.