editoriali

Le autonomie regionali non sono un tabù. Lezioni utili da Mattarella

Le regioni sono “la colonna vertebrale del nostro paese, con una conseguente grande ricchezza e naturalmente con grandi problemi”. L'approccio razionale del capo dello stato per cheidere agli enti di impegnarsi nelle battaglie comuni, dal sistema sanitario, alla difesa del suolo, all’innovazione digitale

Parlando a Torino al festival delle regioni, Sergio Mattarella ha esaltato il carattere costituzionale delle autonomie, in un discorso non solo di circostanza. Le regioni sono “l’asse portante, la colonna vertebrale del nostro paese, di un’Italia che contiene una ampia varietà di specificità, di condizioni, di ambienti, di tradizioni, esperienza, con una conseguente grande ricchezza e naturalmente con grandi problemi” ha detto.

 

La questione delle autonomie regionali è assai attuale, anche in presenza della richiesta di differenziazione avanzata da alcune regioni e sostenuta dalla maggioranza di governo. L’approccio razionale di Mattarella sembra puntare all’apertura di un dialogo o, almeno, a un confronto non segnato da pregiudiziali reciproche. Il sistema regionale italiano, se confrontato con quello di altre nazioni europee, ha un carattere unitario e collaborativo, a differenza di quello che accade per esempio in Spagna e in Gran Bretagna, dove l’autonomia spesso sconfina nella spinta separatista, o nella stessa Germania, in cui la Baviera da una parte e le regioni orientali dall’altra esprimono una tensione perenne con il governo nazionale.

 

L’Italia ha superato felicemente sia la fase della colossale emigrazione interna sia quello, più recente, delle spinte secessionistiche del nord, ormai ultra-minoritarie. Così è possibile chiedere alle regioni di impegnarsi nelle battaglie comuni, da quella per rendere più efficiente il sistema sanitario, a quella per la difesa del suolo, a quella per l’innovazione digitale. Chiedendo alle regioni di darsi da fare in questi campi, Mattarella ha sottolineato la loro capacità di agire unitariamente e in collegamento con le altre istituzioni e con la società, anche per “mettere a terra” gli investimenti previsti dal Pnrr. Come sempre, Mattarella offre uno scenario in cui le diverse energie del paese possono agire insieme, pur rispettando le differenze oggettive e quelle di orientamento politico. Chissà che questa volta non riesca a farsi ascoltare davvero.

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