Il racconto

Tra Meloni e Macron c'è un Salvini di troppo: cortocircuito lepenista

Simone Canettieri

Intesa cordiale fra i leader, mentre a Parigi il ministro dell'Interno Darmanin usa la premier contro il Rassemblement national: "Sull'immigrazione la verità è come dice Madame Meloni: serve una soluzione europea"

Succede tutto in contemporanea. Mentre Giorgia Meloni passeggia da Montecitorio a Palazzo Chigi parlottando con Emmanuel Macron a favore di telecamere e flash, all’Assemblée National, a Parigi, accade ciò che fino a pochi mesi fa sembrava impossibile. Il ministro dell’Interno Gérald Darmanin, che a maggio definiva il governo italiano “incapace”, risponde a un’interrogazione di Alexandre Loubet, deputato lepenista del Rassemblement   national. “La verità è come dice madame Meloni: serve una soluzione europea all’immigrazione”. In Aula Marine Le Pen si sbraccia, fa no con le mani. Poco prima il suo parlamentare aveva tessuto le lodi di Salvini quando era ministro dell’Interno, quando bloccava le navi, sentendosi dare questa risposta: “Perché se il patto sull’immigrazione è così cattivo Salvini e Meloni lo stanno sostenendo?”. E’ un cortocircuito all’interno della destra sovranista che racconta bene la giornata e fa il paio con le scene che si vedono a Roma, a margine dei funerali di Giorgio Napolitano. Che passeranno alle cronache per l’elogio, seppur funebre, della politica in una sorta di nuovo quadro guttusiano senza bandiere rosse, ma anche per la ritrovata intesa fra Italia e Francia.  


L’incontro – “lungo e cordiale” – fra Meloni e Macron dura circa novanta minuti. Di fatto è un bilaterale. Vis à vis. Senza sherpa né delegazioni presenti. Si parla di migranti, ma anche di temi economici e dunque di patto di stabilità europeo. La premier italiana gli annuncia che porterà venerdì a Malta, al vertice Med 9, i dieci punti concordati con Ursula von der Leyen al termine della visita della presidente della commissione Ue a Lampedusa. La presidente del Consiglio punta fin da questo appuntamento, che anticiperà il consiglio europeo informale a Granada, a convincere i paesi che si affacciano sul mar Mediterraneo a fare pressioni sull’Europa affinché sia finalmente operativo il memorandum sottoscritto con la Tunisia per arginare le partenze e quindi gli sbarchi. Passando anche per un pattugliamento delle frontiere, con una nuova missione che abbia la regia di Bruxelles. 

 
In questo scenario la sponda francese è indispensabile, soprattutto dopo la lettera di sconcerto inviata a Berlino sull’utilizzo delle ong. Sono i due forni che Meloni prova ad accendere. “Sovranismo pragmatico”, lo chiamano fonti diplomatiche. E’ la costruzione di una relazione complicata, quella fra Macron e Meloni, iniziata con dei bassi abbastanza clamorosi ma ora, fino a prova contraria, armonica per l’eterogenesi dei fini. Macron è venuto a Roma per i funerali di stato, ma non solo. Quando Napolitano era presidente della Repubblica lui ricopriva ancora il ruolo di vicesegretario generale dell’Eliseo (e infatti a rafforzare questo legame Roma-Parigi c’è anche l’ex presidente François Hollande). Eccoli qua i due ex nemici, la ragazza della Garbatella e il miglior prodotto dell’Ena, seduti sui divani dell’ufficio di Palazzo Chigi. Nelle intenzioni di Macron c’è anche il desiderio di ricucire le tensioni fra Roma e Berlino. E non a caso nella nota dell’Eliseo si parla di soluzione europea alla questione migranti, mentre il governo italiano ha sempre parlato di soluzione comune con la Francia. Sono dettagli sostanziali in una giornata che rende orgogliosa Meloni tanto da farle dire, ancora una volta, che “l’Italia non è isolata, ma è centrale”.

 

A funestare il tutto ci sono però le parole non proprio diplomatiche di Andrea Crippa, vice di Matteo Salvini contro la Germania che “ottanta anni fa decise di invadere gli stati con l’esercito ma gli andò male, ora finanzia l’invasione dei clandestini per destabilizzare i governi che non piacciono ai socialdemocratici”. Un’uscita che manda su tutte le furie Meloni. Che parla con i suoi collaboratori di “un continuo sabotaggio” di parte del vicepremier legista che sembra “fare come Penelope con la tela: la fa e la disfa di continuo”.  E questo accade nel giorno in cui è presente in Aula il presidente della repubblica federale tedesca Frank Steinmeier. Salvini come al solito cercherà di abbassare i toni, dopo la sortita del suo braccio destro, nel giorno in cui Macron gli passa davanti nell’emiciclo e lui nemmeno gira il collo per guardarlo. E oggi torna a riunirsi il Consiglio dei ministri. Due argomenti su tutti: un nuovo decreto sull’immigrazione (al centro i giovani migranti e la gestione dei nuovi hotspot) e la Nadef (con la previsioni di crescita che saranno al ribasso). In entrambi i casi, alla fine, l’Italia avrà bisogno dell’Europa e di alleati affidabili. A partire appunto dal caro (ex) nemico Macron.

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.