Giorgia Meloni (Ansa)

Dio non è più l'assoluto e Meloni si adegua, immaginandolo Fratello d'Italia

Nicola Mirenzi

Bisogna “difendere Dio”, ha detto la premier a Budapest davanti a Orbán. Nell’epoca delle battaglie culturali nulla è più potente dello schierare Dio dalla propria parte. Nulla a che fare con la teologia: è politica, bellezza

Un tempo Dio proteggeva. Per giunta, ovunque. Ma oggi anche Dio è candidato a specie protetta o da proteggere. Bisogna “difendere Dio”, ha detto giovedì Giorgia Meloni al Budapest Demographic Summit, di fronte a Viktor Orbán, in un discorso sulla difesa delle nazioni, della famiglia, dell’identità e anche della “nostra” civiltà. Ma “difenderlo da cosa?”, ha domandato il verde Angelo Bonelli, credendo di polemizzare con la presidente del Consiglio, invece confermando l’assunto di fondo della dichiarazione meloniana: che Dio può e, forse, deve essere difeso. Il problema, semmai, è stabilire da quale minaccia.

 

Il Dio onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili, è immaginato oggi bisognoso, in pericolo. Era il salvatore. Oggi anche lui deve essere salvato. Qualcosa di significativo deve essere successo all’uomo per determinare questa mutazione. “Ma mi prende per il culo?”, dice Massimo Cacciari. “Vuole che mi metta a commentare la teologia della Meloni?”. Ma no. Piuttosto l’idea che Dio sia diventato nell’immaginazione europea così debole da aver bisogno di essere difeso. Ma il punto, risponde Cacciari, è che “gli uomini sono ormai diventati del tutto inetti al pensiero di Dio”. 

Il dettaglio è che nel Museo delle Belle Arti di Budapest, dal quale Meloni parlava, è esposta “L’agonia nel giardino”, dipinto del primo Seicento di El Greco: una raffigurazione di Cristo nel giardino del Getsemani, la notte prima di essere arrestato, quando Cristo con “l’anima triste fino alla morte”, secondo le parole del vangelo di Matteo, chiede al Padre di proteggerlo, di passare da lui, se può, il calice amaro della passione. Culmine dell’umanità di Cristo, il bisogno di essere difeso dal male. Mentre oggi è il figlio che dichiara di voler difendere il padre.

Anche nel Medioevo gli uomini proteggevano l’onore di Dio da chi lo calpestava infrangendo le sue leggi. Incidevano la croce sugli scudi, cioè sull’arma di difesa per eccellenza. Erano convinti che il Re dei Re si difendesse facendo la sua volontà. Ma erano altri tempi: Dio era ancora onnipotente. Proprietà che ha perso almeno da quando Hans Jonas ha scritto che, di fronte al male che si è manifestato nel mondo con Auschwitz, è necessario concludere che Dio non può tutto. Perché o Dio è buono e comprensibile, allora non avrebbe potuto lasciar accadere quello che è successo. Oppure il male nel mondo c’è proprio perché Dio non è onnipotente.

E certo: non è il caso di farla così difficile. L’ironia è preferibile alla filosofia, quando si tratta della politica di oggi e delle sue scorribande nel campo del sacro e della religione. Ma Giorgia Meloni, dice Massimo Faggioli, teologo e storico del cattolicesimo, docente alla Villanova University di Philadelphia, ha percepito qualcosa dell’idea di Dio che si ha oggi. “Nella società contemporanea, Dio è diventato debole. E’ un fratello. E’ un amico. E’ un compagno. Comunque, non è più l’assoluto. Ecco perché l’idea di doverlo difendere dai nemici può essere sostenuta apertamente e ricevere accoglienza e sostegno”.

Si è del resto nell’epoca delle battaglie culturali, e nulla è più potente in questo campo dello schierare Dio dalla propria parte. Un anno prima di morire, nel suo penultimo libro, “God save the Queer”, anche Michela Murgia sostenne la tesi che Dio sia quasi fluido, contro il binarismo uomo donna, insomma un simil-alfiere delle battaglie lgbtq+. Meloni invece lo immagina Fratello d’Italia. Difensore dei confini, della cultura tradizionale, della famiglia fondata sull’uomo e la donna. Nulla a che fare con la teologia. E’ politica, bellezza.

Di più su questi argomenti: