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in parlamento

Ecco come Forza Italia vuole cambiare la tassa sugli extraprofitti delle banche

Redazione

I forzisti hanno presentato 11 emendamenti al decreto votato ad agosto. Si va dalla deducibilità per gli istituti più piccoli all'esclusione dei titoli di stato. Meloni apre alle modifiche, ma solo "a parità di gettito"

Sono 11 gli emendamenti che Forza Italia ha presentato ieri al decreto Asset per quanto riguarda la tassa sugli extraprofitti delle banche, introdotta dal governo lo scorso agosto. Richieste di modifiche al testo che potevano essere presentate entro le 12 di ieri, in commissione Industria e Ambiente del Senato. E che non hanno visto pervenire proposte da parte di Fratelli d'Italia né da parte della Lega. 

Del resto, era stato Forza Italia il partito di maggioranza che con più forza aveva chiesto una correzione di rotta nulla norma, votata in Consiglio dei ministri ma comunicata dalla premier agli alleati senza preavviso. "La premier non può imporsi, deve confrontarsi con noi. Mai più tasse sugli extraprofitti", aveva detto il vicepremier Antonio Tajani al Foglio. E così, in fatti, una delle proposte di Forza Italia mira alla natura una tantum della misura, che non dovrà essere ripetuta oltre il 2023.

In più uno degli emendamenti presentati dai forzisti introduce la deducibilità della tassa, che consenta maggiori vantaggi agli istituti di credito più piccoli. E cioè quelli che più potrebbero patire gli effetti della tassa sugli extraprofitti. La tassa dovrebbe quindi diventare deducibile per il 27,5 per cento "per le banche con un attivo pari o inferiore a 5 miliardi di euro in tre annualità; per le altre banche in sei quote annuali", riporta Il Sole 24 ore, che ha visto gli emendamenti.

Ma un'altra delle proposte punta anche a escludere le tasse su profitti e perdite legati ai titoli di stato. Proposta che troverebbe i favori anche di pezzi della minoranza come il Pd, che hanno depositati emendamenti che vanno in questa direzione.

Fatto sta che lo stesso Tajani rispondendo a un Question time alla Camera ieri ha parlato della necessità di vigilare perché "la norma sia scritta bene, nell'interesse dei risparmiatori". Anche se il massimo della sponda che ha ottenuto dalla premier Meloni è una disponibilità a parlarne, ma senza intaccare il gettito che da questa norma il governo vorrebbe ricavare. Solo che come si sono affrettati a notare in molto osservatori, una stima precisa di quanto si ricaverà dalla norma in realtà neppure il governo l'ha diffusa. 

Gli emendamenti seguiranno adesso il loro iter in commissione. ma le novità sono previste non prima della fine di settembre. Quando la presidente del Consiglio dovrà decidere fin quanto è disposto ad accontentare una parte dei suoi alleati.

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