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l'intervista

Cattaneo (FI): "Con la tassa sugli extraprofitti Meloni rischia di buttare via tutta la credibilità"

Valerio Valentini

"Bene le precisazioni del Mef. Prendiamoci tutto il tempo per migliorare la norma. Il rischio è rimettere in discussione la benevolenza dei mercati nei confronti del governo". Parla il deputato di Forza Italia

Questione di merito, certo. “Perché il fatto che ci si sia accorti, almeno in Forza Italia ma forse non solo in Forza Italia, che il provvedimento vada corretto, lo considero un segnale di maturità. Un ravvedimento operoso, ecco. Bene dunque le precisazioni arrivate dal Mef. E ovviamente in Parlamento ci sarà modo per migliorare la norma, prendendoci tutto il tempo che sarà necessario”. Ma il problema legato alla tassa sugli extraprofitti bancari, quelli che ieri Giorgia Meloni è tornata a chiamare “i margini ingiusti”, secondo Alessandro Cattaneo, mente economica della pattuglia azzurra a Montecitorio, è più grande e potenzialmente più grave, e prescinde dal testo del singolo provvedimento. “E riguarda – dice il deputato – il segnale che mandiamo all’estero e agli investitori internazionali, di cui abbiamo estremo bisogno. C’è voluto quasi un anno, e un anno fatto di fatica quotidiana, per smentire la narrazione di chi pronosticava la catastrofe finanziaria con l’arrivo del governo di centrodestra. E ora che ci siamo guadagnati questa credibilità, sarebbe ingenuo, non gestendo bene questo provvedimento così delicato, rimettere in discussione la benevolenza dei mercati nei nostri confronti. Il tutto, peraltro, alla vigilia di mesi tribolati”.

 

E’ l’evocazione dell’autunno caldo, dunque? “Caldo non saprei. Complicato lo sarà di certo. Perché quando frena la locomotiva tedesca, anche la nostra manifattura ne risente. E dunque forse le stime di crescita del Def di aprile dovranno essere riviste al ribasso. Il che ridurrà ancora i margini già risicati di una legge di Bilancio complessa, in cui bisognerà puntare su pochi credibili obiettivi, come il rendere strutturale il taglio del cuneo, e non ci sarà spazio, spero, per rivendicazioni strumentali”. E però in Cdm di lunedì, le decisioni prese e i toni scelti per intestarsele, la rincorsa tra Meloni e Matteo Salvini, sembra indicare che siamo anche alla vigilia di una lunga campagna elettorale in cui a destra ci si prepara a una nuova svolta populista. “Se così fosse mi sorprenderebbe. Proprio perché negli ultimi mesi tutti i membri della coalizione, anche quelli che postulavano l’uscita dall’euro, hanno ragionevolmente deciso di scommettere sulla responsabilità, e anzi la sfida è parsa quella di riuscire ad accreditarsi con le grandi famiglie europee, di entrare insomma in maggioranza. Tutto ciò passa per l’affidabilità europeista, non per i sentieri del populismo, che sono poco praticabili per chi sta al governo”. E ora, però, tocca anche entrare nel merito.

 

“Nel merito – dice Cattaneo – è giusto ricordare che ciò che verrà raccolto, e ancora non sappiamo di che cifra parliamo, andrà a beneficio delle famiglie e delle piccole imprese con mutui difficili da sostenere, al taglio del cuneo, alla detassazione delle tredicesime e degli straordinari”. Vaste programme, per una misura che difficilmente garantirà più di due miliardi di gettito. “Certo, sono tutte analisi che andranno fatte con calma. In Parlamento ci sarà tutto il tempo”. E non era consigliabile, allora, una maggiore cautela nelle scelte e negli annunci? “Diciamo che accorgersi che forse non si stava prendendo la decisione migliore non era così difficile. Il fatto che da parte di alcuni esponenti del centrodestra si sia finito per dibattere con Giuseppe Conte su chi avesse il diritto di paternità dell’idea, avrebbe dovuto metterci sull’avviso. E lo dico non per spirito polemico, ma anzi per esperienza. Ricordo la vicenda, per certi versi, della tassazione degli extraprofitti delle società energetiche durante il governo Draghi: si tratta di temi scivolosi, in cui una sfumatura di una frase, una formulazione ambigua, fanno ballare i bilanci di aziende quotate. E ricordiamoci che ci si muove al limite della costituzionalità”.

 

Eppure ai vertici di FdI c’è chi si vanta di essere stati i primi ad “avere avuto la forza di tassare le banche”. “Io cerco di coltivare anche altre virtù, come la prudenza. E anzi, ho letto con favore le precisazioni del Mef sui limiti dell’applicabilità della tassa”. Pure quello, però, è parso un cortocircuito: perché lasciare intendere ai mercati che si trattava di una misura più severa di quel che poi sarà? Nell’incertezza generale, i titoli bancari hanno subito perdite clamorose in Borsa. “Forse questa vicenda ci aiuta a illuminare un dato: e cioè che è quanto mai indispensabile, per la coalizione, che la voce liberale di Forza Italia venga sempre ascoltata. Bisogna consolidare la consapevolezza di alcuni valori irrinunciabili, per un governo di centrodestra. Valori che fungano da bussola, che indichino sempre la direzione da seguire”. 

 

Fuori l’elenco, allora. “Intanto, l’innalzamento delle tasse non è mai un risultato da celebrare. Ma c’è di più. C’è che credere di alterare, o sia pure di migliorare, le dinamiche del mercato con la longa manus del legislatore, è un’illusione che rischia di creare più storture di quelle che intende risolvere. Lo dico anche in rapporto agli sforzi, sia pure apprezzabili, di calmierare i prezzi, di controllare le tariffe, di imporre dei vincoli a imprenditori e investitori. La concorrenza è un obiettivo da perseguire, sempre, perché solo quella, e non gli interventi calati dall’alto, migliorano la produttività del sistema paese. E questo vale per le banche, certo, ma vale, credo, anche per i tassisti e i balneari”. A proposito: sulle licenze taxi si è sostanzialmente deciso di non decidere. Quanto alle spiagge, proprio in queste ore i vertici di FdI, da Giovanni Donzelli ai capigruppo Malan e Foti, organizzano manifestazioni sul lungomare di Ostia per rassicurare i gestori dei lidi. “E tutto ciò va benissimo. Il centrodestra è da sempre attento alle istanze di quella piccola e media impresa che è l’ossatura fondamentale del nostro sistema produttivo. Dunque è giusto tenere conto delle specificità del nostro paese e scongiurare che l’Italia divenga terreno di conquista di grandi multinazionali. Ma la strada da seguire, in questo caso, è quella del libero mercato, del potenziamento degli investimenti e del sostegno alla produttività”.

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.