editoriali
Finanziare la politica non dev'essere reato
Bene le regole proposte da Carlo Calenda, ma non demonizzare il sostegno privato
Carlo Calenda, in evidente connessione con le vicende giudiziarie liguri di questi giorni, ha presentato alla Camera un disegno di legge delega che imporrebbe al governo di emanare norme per delimitare i contributi privati alla politica secondo una serie di principi elencati nel testo. In primo luogo si proibisce agli enti, alle associazioni che gestiscano attività per conto dello Stato, alle imprese private destinatarie di concessioni pubbliche, a quelle che abbiano ricevuto nel periodo precedente appalti o sussidi pubblici, di erogare finanziamenti a soggetti o movimenti politici. Lo scopo è evitare che il finanziamento corrisponda a una specie di contropartita a favori ottenuti, il che appare ragionevole.
Naturalmente le norme per quanto restrittive non possono essere risolutive: per esempio non si può impedire che il finanziamento erogato prima dell’avvio di procedure di appalto, che ovviamente non può essere impedito, diventi una specie di “lubrificante” per facilitare le procedure a vantaggio del donatore. Correggere qualche stortura evidente può essere utile, ma bisogna evitare la demonizzazione del finanziamento privato della politica, per altro mentre manca un sistema consistente di finanziamento pubblico, o di considerare “immorale” il fatto che soggetti privati sostengano anche economicamente formazioni politiche che promuovono iniziative dalle quali pensano di ottenere vantaggio. L’idea che nella politica non debbano avere peso gli interessi, compresi quelli delle imprese private, è utopistica e in fondo anche sbagliata. Le scelte politiche favoriscono alcuni interessi (l’interesse al successo economico è del tutto lecito) e ne danneggiano altri. E’ del tutto logico che si cerchi di favorire, anche finanziandole, i partiti che sostengono scelte ritenute vantaggiose. Una volta affermato questo principio, è ragionevole invece impedire che il finanziamento diventi un corrispettivo di specifiche scelte amministrative. Questa sembra l’intenzione della proposta di Calenda e, se è questo e solo questo, è interessante.
L'editoriale del direttore