Il giallo sull'incontro con Biden. E Meloni va alla corte di Nuschese, l'italiano più potente di Washington

Valerio Valentini

E' amico dei Clinton e di Obama, ma anche di Ivanka Trump, prepara le cene per la famiglia reale emiratina. Anglocampano di successo, la premier andrà a cena da lui, il vecchio Franco, al Café Milano. Intanto la mancata conferenza stampa alla Casa Bianca diventa un caso

Roma. Giorgia Meloni potrà essere l’ultima, nella sua sterminata rubrica. Di lui, a Washington, dicono infatti che ha il difetto tipico degli italiani: vanesio, uno che apparentemente millanta grandi amicizie. Solo che Franco Nuschese, a differenza del cliché italico, quelle relazioni così privilegiate ce le ha davvero. Parla coi leader mondiali di mezzo mondo. Ed è sorprendente, per uno che di mestiere fa il ristoratore. “Be’, ristoratore. Un po’ riduttivo come carica: Franco, a Washington, è un’istituzione”, racconta chi, alla Farnesina, lo conosce bene. “Il miglior ristorante della città: simply the best”, disse di lui Bill Clinton. Ma se nel novembre del 2022, per celebrare i 30 anni del suo Café Milano, a Georgetown, c’erano un ex capo della Cia come Michael Hayden, e Anthony Fauci, e poi Bob Woodward, quel Woodward lì, quello del Watergate, e un buon centinaio tra diplomatici, deputati e senatori, e insomma buona parte della Washington che conta, non è solo per la qualità dei suoi cocktail – che pure, va detto, sono notevoli, sia pure a cifre non proprio proletarie: sotto i 25 dollari non si beve nulla. C’è che Nuschese, col suo accento anglocampano, ha saputo davvero costruirsi una rete di relazioni da fare invidia ai più titolati ambasciatori europei. Ai quali non a caso, quando prima o poi vanno a trovarlo nel suo locale, in una strada non proprio centrale, al capo opposto di quella Pennsylvania Avenue che porta alla Casa Bianca, lui di solito lancia la sfida: “Scommettiamo che prima o poi sarai tu a chiedermi il numero di un qualche presidente, di un qualche leader?”. 

E non è, in questo caso, la vanagloria pallonara del ragazzo di strada nato e cresciuto a Minori, sulla costiera amalfitana, che s’è fatto le ossa tra Londra e Las Vegas prima di arrivare all’ombra di Capitol Hill, nel 1992, e a cui sono bastati dieci anni per essere inserito da GQ – roba che fa curriculum, eh – nella lista delle “20 persone più potenti di Washington di cui non si sente mai parlare”. Il fatto è che Nuschese davvero è amico personale dei Clinton, ma pure confidente della famiglia reale emiratina, che quando deve organizzare un rinfresco in cui non si può sfigurare, è a lui che si rivolge per un catering internazionale. Del resto, quando Papa Ratzinger si ritrovò a festeggiare il suo compleanno a Washington, anni fa, la nunziatura vaticana si rivolse a lui per il banchetto. Sergio Mattarella non ha mancato di fargli visita, nel febbraio del 2016. Dunque ci sta che, come pare dalle indiscrezioni, anche Meloni vorrà omaggiarlo, con una cena al Café Milano patrocinata da una associazione culturale italoamericana. Servirà, forse, anche ad alleviare il dispiacere che un po’ Meloni dovrà provare, per la mancata conferenza stampa alla Casa Bianca.

E sì che i diplomatici al servizio della premier c’hanno provato, ad ottenerla. Tanto più che Joe Biden l’ha concessa sia a Macron sia a Scholz, e oltre a loro all’indiano Modi e al britannico Sunak. Meloni no, dunque? Forse c’entra, come si vocifera a Palazzo Chigi, il timore per qualche domanda sul trumpismo mai davvero rinnegato da parte di Donna Giorgia: basterebbe una domanda indiscreta, nelle ore in cui l’ex presidente rischia l’incriminazione per l’assalto al Campidoglio, per generare imbarazzi (anche se, va detto, nella East Wing, nell’aprile 2017, ci fu perfino l’incontro con la stampa tra The Donlad e l’allora premier Gentiloni che certo non aveva nascosto le sue simpatie per Hillary, pochi mesi prima). E forse anche l’enfasi data dal cerimoniale meloniano allo scambio di cortesie con lo speaker del Congresso, il trumpiano Kevin McCarthy, sta lì a ribadire una sintonia forse non graditissima, chissà, nello Studio Ovale.

E forse è qui, però, che Nuschese potrebbe sparigliare davvero. Perché se è vero che le sue entrature sono trasversalissime – è intimo dei Clinton, ha il telefono personale di Obama, nella sua casa ad Amalfi ha ospitato Nancy Pelosi, ma è anche amico di Ivanka Trump e di Rudy Giuliani – è risaputo anche che il Café Milano è perlopiù un ritrovo abituale dei democratici, che mangiano e bevono e intanto inciuciano, comme il faut, mentre i vertici del Gop prediligono locali più esclusivi, a ingresso riservato, come il Capitol Hill Club. Che insomma possa passare anche da lì, l’accreditamento della capa della destra italiana, con l’establishment dem americano? Potrebbe essere l’ennesimo colpaccio del vecchio Franco.

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.