Dalla surrogata alla guerra, Elly Schlein e la strategia di Amleto

Salvatore Merlo

Quando il protagonista del dramma shakespeariano avanza sulla scena e dice “essere… o non essere?”, nella pausa fra le due alternative pensa alla segretaria del Pd

Quando Amleto si avanza sulla scena per recitare il famoso monologo e dice “essere… o non essere?“, nella pausa fra le due alternative crediamo egli pensasse a Elly Schlein. La segretaria del Pd è stata una delle più grandi intuizioni di Shakespeare. Poiché ella, anzi Elly, ritiene che la questione della maternità surrogata non sia un problema politico (qualche pettegolo deve averle confidato che è un problema metereologico) lunedì pomeriggio aveva liquidato la questione del voto in Parlamento in circa tre minuti di collegamento remoto via Skype da Bruxelles con i suoi deputati che stavano invece a Roma.

   

Schlein infatti, mentre si trovava all’estero (dovete sapere che ella, anzi Elly, ha il dono di trovarsi sempre nel posto giusto al momento giusto, ma mai in quello esatto) aveva avuto l’impressione, diciamo di più: il sospetto, che i cattolici del Pd, diciamo all’incirca metà del suo partito, fossero contro la maternità surrogata. Per quali misteriosi segni se ne fosse accorta non riusciamo a immaginarlo. Il fatto è che a questa donna non si può nascondere nulla. Sicché lunedì, appunto, per evitare una spaccatura del gruppo tra favorevoli e contrari, ella, anzi Elly, stabilisce: astensione.  

 

Né sì né no alla surrogata. Geniale, direte voi. Un po’ come quando in Italia il Pd diceva “no” all’uso del Pnrr per le armi, ma in Europa intanto votava a favore. Solo che i parlamentari del Pd amano discutere, si sa. E infatti, dopo i primi tre minuti alla presenza della segretaria che pensava d’essersela cavata (doveva correre a incontrare una delegazione di socialisti sudamericani: fari di democrazia), questi fondisti del pensiero si sono intrattenuti ancora a parlare fino a notte fonda. Un dibattito minuzioso, dettagliato, ma indubbiamente entusiasmante, sul senso più vero e profondo della parola “astensione”. Astenersi sarebbe stato interpretato all’esterno come un obliquo “no” alla surrogata? Sarebbe stato un equivoco “ni” alla surrogata? Sarebbe passato per un ambiguo “però”? Un rischio da non correre.

 

Dunque alla fine, dopo circa dodici ore, ieri mattina, il Pd ormai cisposo ha trovato l’idea, la sfera, l’intuizione ancora una volta geniale. Nel pieno spirito decisionista della segreteria Schlein, per giunta. Nel rispetto insomma di quella chiarezza d’intenti che caratterizza il partito non soltanto sulle cose davvero rilevanti, all’incirca dalla guerra in Ucraina fino al termovalorizzatore di Roma, ma pure sulle questioni tutto sommato trascurabili come il destino dell’orsa Jj4 in Trentino (chiedevano a Schlein: va abbattuta? E lei: “Non ho letto la sentenza del Tar”).

 

E allora: eureka! Trovato! Sai che facciamo? Non un’astensione, che non è abbastanza e non fa capire sufficientemente bene che non stiamo decidendo assolutamente nulla: noi usciamo proprio tutti dall’Aula. Non solo non votiamo, ma proprio manco ci siamo. Non esistiamo. Il Pd? Chi? Non ci troveranno mai.

 

D’altra parte succede anche alla segretaria, che è ovviamente un modello per tutti nel partito. Ed è una strategia raffinatissima, migliore di quella degli opossum che nella Savana si fingono morti per sfuggire ai predatori. Quelle poche volte che infatti ella, anzi Elly, cioè Schlein, si trova nella sede del partito, in largo del Nazareno, le succede di aprire la porta del suo ufficio avvertendo di non voler essere disturbata da nessuno: “Io non esisto”. Al ché gli uscieri, inchinandosi, le rispondono immediatamente: “Lo sapevamo, signora segretaria”.

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.