l'intervista

“Facciamo le riforme, non le guerre coi pm”. Parla Zanettin (FI)

Valerio Valentini

Il senatore azzurro prova a stemperare la tensione cresciuta nelle ultime settimane sulle varie vicende giudiziarie che hanno riacceso un clima di scontro tra politica e magistratura

L’agitazione la capisce. “Prima il caso Santanchè, con l’incognita sull’indagine. Poi l’imputazione coatta di Delmastro. Infine, la faccenda che riguarda il figlio del presidente La Russa. Una slavina di cronaca giudiziaria che ha tramortito un po’ tutti”. E però, aggiunge subito Pierantonio Zanettin, senatore di FI, massima autorità azzurra a Palazzo Madama in tema di giustizia, “non serve a niente una polemica frontale con la magistratura, soprattutto non serve al centrodestra. Perché nel gioco a somma zero di chi vuole annegare tutto nella gazzarra, a perderci è proprio chi la riforma della giustizia  vuole farla davvero”.

Di chi la colpa, dunque? “Degli opposti estremismi: di chi porta avanti una forma di militanza politica dentro la magistratura e anche di chi, rivestendo ruoli politici di primo piano, la butta in caciara”. Conosce entrambi quegli estremismi, evidentemente, Zanettin. “Al Csm ci sono stato, certe dinamiche tra le toghe mi sono chiare. Ma l’assoluta maggioranza dei magistrati è gente che non ha alcuna velleità politica. Noi che siamo al governo, però, non dobbiamo in alcun modo legittimare uno scontro che semplicemente non ha ragion d’essere. A noi compete scrivere le leggi. E a proposito: sul ddl promosso da Nordio, io intendo aggiungere una restrizione sull’uso dei trojan. E FI lo farà nei modi più consoni: e cioè in Parlamento, a seguito di un confronto civile che coinvolgerà tutte le parti in causa”.

Tanto per ricordare che non sempre alzare i toni dello scontro sulle riforme da fare è sintomatico di una reale volontà di farle davvero, le riforme: FI, anzi, s’è ritrovata a sollecitare Nordio per una riforma più coraggiosa, senza il sostegno di chi, anche in FdI, oggi tuona contro i magistrati. “Se qualcuno che dentro la maggioranza sulla giustizia era tiepido perché diceva che non era prioritario ora cambia idea, ben venga. Penso alla separazione delle carriere: FI la chiede da sempre, e pareva però che fosse stata accantonata. Se in maggioranza ora s’è capito che bisogna intervenire, siamo felici”. 

 Insomma, una certa coerenza Zanettin ci tiene a rivendicarla, sia pur col garbo che gli è proprio. “Anche durante il dibattito in Aula sul caso Santanchè ho ricordato come noi di FI siamo garantisti sempre, non a fasi alterne”. E del resto Zanettin non è tipo da schermirsi nelle doppiezze: nell’Aula del Senato intervenne anche per stigmatizzare l’avventatezza di Delmastro e Donzelli sul caso Cospito. “Quando si tratta di questioni carcerarie, bisogna avere cautela. Se c’è da rivolgere una critica a Delmastro e Donzelli è proprio questa: quella era una faccenda troppo delicata per essere gettata nella polemica parlamentare”. E ora proprio quel caso, il rinvio a giudizio del sottosegretario alla Giustizia, alimenta le tensioni tra governo e  magistratura. “L’imputazione coatta è statisticamente poco frequente, non c’è dubbio”. Giusto, dunque, intervenire per modificare questo istituto sulla scia del caso Delmastro? “Se il governo ravvisa  elementi di urgenza, può ritirare il ddl di Nordio e presentare un decreto. Mi permetto però di segnalare che proprio noi del centrodestra abbiamo valorizzato la figura del gip per renderlo autonomo rispetto alle tesi del pm. Dunque, anche qui: cautela”.

  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.