Giulia Pastorella (Ansa)

L'intervento

Tre partiti, un polo. Seguire il modello danese per marciare divisi e poi colpire compatti

Giulia Pastorella

“Proposte semplici e identitarie: basta recriminare vicendevolmente sulle alleanze. Invece di farci la guerra facciamo sponda e convinciamo chi ancora non ci vota della validità delle nostre idee”, scrive la vicepresidente di Azione

Al direttore - Caro Oscar Giannino, rispondo al tuo pezzo di ieri dando un mio contributo al dibattito sul futuro del Polo liberaldemocratico (smettiamola di chiamarlo Terzo, dai). Premesso che lascio il commento dei parallelismi storici ai leader che hai citato – e so che ce n’è almeno uno che si divertirebbe un mondo – ho deciso di partire dall’ultima delle tue riflessioni, ovvero quella sul posizionamento e sui compagni di viaggio. I liberaldemocratici hanno la propria casa in Renew Europe e chiunque si candidi o militi con noi dovrebbe sposare questo progetto. Per questo credo che, se qualcuno si sente popolare, sia giusto che si candidi all’interno di liste che sostengono il Partito Popolare Europeo (Ppe); idem per i socialisti, ça va sans dire. Non è pensabile che per superare lo sbarramento si imbarchino soggetti ancorati a ideologie da cui non sono ancora genuinamente pronti a staccarsi. Non sarebbe giusto nei confronti dei nostri elettori, dei nostri alleati europei e soprattutto di tutti coloro che si sono impegnati in questi anni: siano essi giovani alla prima esperienza, di cui Azione è piena, o sognatori liberali di vecchia data, come i tanti che ho conosciuto al vostro congresso LibDem.

 

Poi c’è la questione dell’approccio metodologico, da te sollevato in più punti. È vero, la campagna per le comunali romane è stata un successo proprio perché a buoni candidati e idee, è stata affiancata un’ottima tecnica, che ha permesso alla lista Calenda Sindaco di dettare l’agenda, fare framing e (anche attraverso un efficace negative campaign) rendere Carlo l’unico elemento di rottura. Tutte cose a cui stiamo dando poco peso, arrovellati in un dibattito su chi siano i nostri interlocutori e in preda a una bulimia propositiva che – per quanto ricca di idee valide – finisce per confondere, se non è affiancata da slogan chiari. Ed è da qui che dovremmo ripartire, sostanziando il nostro posizionamento con poche proposte semplici e identitarie, che ci caratterizzino non solo come quelli che fanno le cose “sul serio” ma anche come quelli che hanno idee diverse. E a ben vedere, questi 30 anni di alternanza destra-sinistra ci hanno lasciato un po’ di insoluti politici di cui potremmo occuparci: produttività e salari stagnanti, fuga del capitale umano e mancanza di forza lavoro, declino del sistema sanitario e scolastico, spesa pubblica sbilanciata e inefficace, mix energetico inadeguato per le sfide oggi, fino alla battaglia tutta nostra per la concorrenza e le liberalizzazioni (taxi e balneari su tutti). E se abbiamo dubbi – hai ragione – affidiamoci ai dati per capire a chi rivolgerci e guardiamo al nostro interno per costruire soluzioni destinate quella fetta dell’elettorato che non gradisce né quelle di Meloni né quelle di Schlein.

 

Proviamo intercettare quel 40 per cento di italiani, alcuni già attivi in associazioni, altri disillusi, che ha problemi e desideri come il restante 60 per cento che si reca alle urne. Persone che in parte si sono già avvicinate a noi facendo sentire la propria voce alle assemblee e ai tavoli di lavoro promossi dai nostri partiti (su tutti penso ai gruppi tematici di Azione che conosco da vicino). Non è gente che parla a sproposito e noi dirigenti dovremmo ascoltarli di più, se vogliamo che restino e crescano politicamente. Infine, basta recriminare vicendevolmente su alleanze, rotture e ricuciture. Invece di farci la guerra facciamo sponda e convinciamo chi ancora non ci vota della validità delle nostre idee; gli uni accanto agli altri. In fondo, in Danimarca ci sono tre partiti liberali che convivono felicemente con il 30 per cento totale del consenso! Perché non provarci anche in Italia?

Giulia Pastorella è vicepresidente di Azione.