il caso

E La Russa sbottò: "Cari senatori di maggioranza, garantite i numeri". Tra Mes e Lotito, la giornata terribile della destra

Valerio Valentini

Il patron della Lazio, deluso sui diritti tv da Meloni, attua la rappresaglia sul dl lavoro e manda sotto i suoi a Palazzo Madama: "E questo è solo l'antipasto". Giorgetti sbugiarda la premier sul Fondo salva stati, e alla Camera tra Lega e FdI parte il rodeo. Tensioni e sciatteria. Ma con FI senza controllo, l'incidente è sempre incombente. Lo sfogo del presidente del Senato

Il pastrocchio è così clamoroso che perfino Ignazio La Russa striglia la truppa. “Quando si inserisce un pacchetto così corposo di emendamenti a un decreto – sbuffa il presidente del Senato durante la conferenza dei capigruppo, a metà pomeriggio – che almeno ci si premuri di garantire i numeri. Sennò si fanno incidenti”. Che sia però solo un inciampo, è difficile da crederlo. Specie se chi dovrebbe quantomeno tentare di dissimulare è invece il primo a rivendicare l’imboscata. “Questo è solo l’antipasto”, dice Claudio Lotito. Lo dice entrando nell’aula della commissione Bilancio, al Senato, insieme al collega azzurro Dario Damiani. Il fattaccio si è appena prodotto. La maggioranza è andata sotto. Dieci a dieci: il centrodestra non ha i numeri per far passare il pacchetto di emendamenti promossi da FdI al dl Lavoro, proprio per l’assenza della coppia di FI. E a poco vale il tentativo vano di una senatrice meloniana che, in un sussulto di fantasia, si alza e grida: “Ma il voto del presidente vale doppio, no?”.

No, ovviamente no. E anzi, è proprio lui, Nicola Calandrini, patriota di Latina, a finire sul banco degli imputati. “Uno scienziato”, urla al suo indirizzo Damiani, con fare di scherno. Come a dire che sarebbe bastato prendere tempo, magari sospendere la seduta. “Perché noi glielo avevamo detto: si doveva far slittare il voto per permettere a noi di FI di partecipare a un’iniziativa di partita”, dirà poi Damiani. E pazienza se l’iniziativa in questione era in verità il brindisi per il suo compleanno, di Damiani, 49 anni freschi freschi. Ed è entrando in commissione che Lotito ci tiene allora a far sapere che non è stato casuale, quel ritardo: “E’ solo l’antipasto”.

E a chi lo ascolta, quel messaggio sibillino appare fin troppo chiaro. “Lotito distratto? Forse è stato fin troppo attento”, sorride amaro Massimiliano Romeo, capogruppo della Lega. C’era anche lui, del resto, martedì sera, a Palazzo Madama, al vertice di maggioranza convocato per discutere di un altro provvedimento: il ddl contro la pirateria online. Riunione di massimo livello: presente anche Licia Ronzulli, la leghista Erika Stefani, e per il governo il ministro Luca Ciriani. Ed è lì che Lotito è arrivato, urlando e sbattendo i pugni sul tavolo. Vuole una stretta su quella norma, il patron della Lazio: vuole rendere più rigorosi i divieti sui siti  che trasmettono illegalmente le partite di calcio. Roba che a Lotito sta a cuore. E però modificare quel ddl significherebbe doverlo poi rimandare alla Camera: Lotito non può essere accontentato.  Lui non gradisce, e poche ore dopo serve “l’antipasto”.

Ce ne sarebbe abbastanza, per certificare il subbuglio che c’è in maggioranza, anche per via dell’anarchia che vige in FI. E però, per una coincidenza clamorosa, la baruffa al Senato avviene nelle stesse ore in cui, alla Camera, si consuma la farsa sul Mes. Il parere richiesto da FdI e fornito dal Mef certifica quel che Meloni si affannava a confutare: che, cioè, dalla ratifica del nuovo trattato l’Italia trarrebbe solo benefici. Sono le nove di mattina quando la lettura del documento innesca il rodeo nella commissione Esteri. I meloniani insorgono. Il leghista Paolo Formentini propone allora di votare: “Bocciamo il testo base”. Giulio Tremonti, presidente della commissione, non si oppone. Lo fa invece il renziano Ettore Rosato: “Occhio che se affossate questa proposta facciamo tutti una figuraccia internazionale”. Consiglio non richiesto, ma apprezzato, se a quel punto Giangiacomo Calovini, capogruppo di FdI in commissione, propone di sospendere i lavori fino all’indomani. Istanza accolta, nel divertito stupore del Pd che assiste a quello che Enzo Amendola definisce “uno scontro politico tra Mef e Palazzo Chigi”. Per sedarlo, ieri sera i vertici di Lega, FI e FdI alla Camera si sono confrontati. L’obiettivo resta quello di tirarla in lungo e scardinare il calendario della Camera che vedrebbe l’approdo della ratifica del Mes in Aula il 30 giugno. Rinvio, ultima spes. 
 

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.