(foto LaPresse)

dopo la visita di ieri

L'Italia lavora a un “modello Pnrr” per i fondi europei alla Tunisia

Francesco Bercic

Subito 150 milioni, poi altri 900 da concedere in prestito ma subordinati ad alcuni vincoli sulla falsariga del Piano di ripresa Ue. Meloni spinge per un negoziato veloce, mentre resta incerto il futuro dell'accordo fra Saied e Fmi

Visto lo stallo fra Fondo monetario internazionale e il presidente della Tunisia, Kaïs Saïed, sui quasi due miliardi di prestiti economici subordinati alla realizzazione di una serie di riforme nel paese africano, è l’Unione europea a prendere in mano le trattative con il leader tunisino. E, come si è visto ieri nel vertice a Tunisi in cui erano presenti anche il primo ministro olandese Rutte e la presidente della Commissione von der Leyen, a spingere per un protagonismo di Bruxelles nei fondi da destinare alla Tunisia è prima di tutti Giorgia Meloni. Il governo italiano è così diventato il principale promotore di quella che a tutti gli effetti diventerebbe la riproposizione in terra africana del “modello Pnrr”: una serie di prestiti da parte della Commissione da concedere a Saïed, associati ad alcuni vincoli che possano però essere accettati dal leader africano, visto il veto alle riforme stabilite dal Fmi.

 

Il percorso è stato tracciato: l’intesa fra Ue e Tunisia verrà certificata con la firma di un memorandum attorno a quattro macro-obiettivi a fine giugno, negli stessi giorni in cui si svolgerà a Bruxelles il Consiglio europeo. Proprio lì si capirà, dunque, se le pressioni italiane per una rapida conclusione della trattativa siano andate a buon fine: perché l’immigrazione rimane terreno di divisioni fra i paesi membri e perché le cifre annunciate sono comunque importanti. Si parla di 150 milioni da sbloccare subito, senza condizioni, con una seconda tranche da 900 milioni che porterebbe la mobilitazione complessiva a oltre un miliardo di euro.

 

In realtà, come ha confessato la stessa Giorgia Meloni, per ora la parte più cospicua dei prestiti rimane in ogni caso condizionata all’accordo fra Fmi e Saïed. Ma ciò che conta, al di là del negoziato, è il dato politico: il ruolo esercitato in sede europea dall’esecutivo di Giorgia Meloni per convincere gli altri paesi ad allinearsi alla posizione italiana. Un obiettivo che, ovviamente, ha nella gestione dei flussi migratori il suo perno; ma che, come dimostra ancora il vertice di ieri, riguarda anche la stabilità economico-politica del nord Africa nonché il capitolo fondamentale degli approvvigionamenti energetici.

 

Le dichiarazioni di svariati rappresentanti del governo non fanno allora che confermare la spinta dell’Italia per un “Pnrr tunisino”. “La mancanza di aiuto dell’occidente non solo mette la Tunisia in difficoltà, la consegna in mano a potenze che vorrebbero usarla per mettere in crisi l’occidente tra qualche anno”, ha affermato il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ribadendo la necessità di portare gli Stati Uniti sulla stessa linea dei partner europei. E proprio in America è programmata per oggi la visita del ministro degli Esteri, Antonio Tajani, impegnato in diversi incontri in cui il dossier tunisino rappresenterà una delle priorità.

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