(foto Ansa)

Un Conte in barile

Conte, il genio muto. Non va al gay pride, sta zitto sul fascismo e incassa in Rai

Salvatore Merlo

L’ex premier è dolce come un bigné e felpato come una moquette: l’unico prestigiatore capace di far sparire sé stesso. Ma se il Pd o Schlein balbettano, eccolo che parla

Pochette grossa e cervello fino. Giuseppe Conte ormai sta al Pd come una specie di Brigida, quella della famosa canzone napoletana, solo che lei era amara in apparenza e dolce in sostanza, mentre lui è l’opposto: “Mo cu ‘sti modi ohi Giuseppi  / tazza e’ caffè parite / ‘n coppa tenite o zucchero / in funno amara site…”. E allora mentre quelli macinano a vuoto, e in Parlamento fanno pure l’Aventino, lui bada al sodo e si fa dare dei posti in Rai. Quelli strepitano sull’autoritarismo del governo? E lui fa eleggere Fofò Bonafede al Consiglio superiore della giustizia tributaria. Quelli denunciano le braccia tese alla parata del 2 giugno? E lui si prende la presidenza della Commissione di Vigilanza.

 

Dolce come un bigné e felpato come una moquette, unico prestigiatore capace di far sparire se stesso oltre ai conigli, si tiene lontano da tutte le sparate quotidiane del Pd, ma subito ricompare – puff – quando si accorge che ella, cioè Elly, insomma Schlein, ha lasciato uno spazio libero. Come canta l’altro Conte (Paolo): “Descansate nina, che continuo io”. Dunque lei balbetta sulla guerra e sulle armi, riesce a posizionare il Pd sulla tripla “favorevole, contrario e astenuto”? Ed ecco che invece lui si avvolge nella bandiera della pace, denuncia il bellicismo, si oppone all’invio delle armi, diventa il beniamino della Cei, di Santoro e di Orsini e pensa pure di candidare alle europee l’ex direttore di Avvenire Marco Tarquinio. Insomma, solo apparentemente fuori stagione, questo ex presidente del Consiglio è in realtà così vispo e garrulo che sembra appena uscito da un istituto di restauro.

 

Mercoledì, per esempio, gli hanno chiesto se andava al gay pride. E lui: “Non sfilerò, ho altri impegni ed evito pure le feste di compleanno”. Se infatti c’è ella, anzi Elly, egli non c’è. Sarebbe inutile. E se non c’è da guadagnarci nulla nel parlare, allora egli non parla. Muto. Non come un pesce, ma come un Conte in barile. Dunque, per dirne un’altra, non esiste in archivio essuna dichiarazione pubblica nella quale Conte abbia pronunciato le parole “utero in affitto” o “maternità surrogata”. E così come s’era tenuto lontano dalle polemiche tra governo italiano e francese sui migranti, quelle che eccitavano il Pd, allo stesso modo, ora che tutto a un tratto una parola su tre è fascismo, fascista, antifascismo e antifascista, lui si è rivolto così a Giorgia Meloni: “Il suo rinnegare le nostalgie del fascismo è apprezzabile”. E intanto incassa. Alla sua prima incongrua comparsa sulla scena, poco più di quattro anni fa, pensammo che fosse attrezzato per la politica più o meno come lo zulu medio lo è per la psichiatria. E invece Giuseppe Conte sta alla politica come coloro che, vecchi, stanno al morbillo: non l’hanno avuto dei ragazzi o da giovani, e ora gli scoppia con veemenza.

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.