Il caso

Santanchè offre all'ex socio Briatore la presidenza dell'Ente nazionale turismo

Simone Canettieri

La ministra del Turismo vuole il manager e imprenditore a capo dell'Enit come ambasciatore del made in Italy. Lui ci sta pensando, anche Meloni lo vuole

L’obiettivo è ambizioso: trasformare l’Ente nazionale per il turismo italiano (Enit) nel “braccio operativo nell’attuazione delle politiche di promozione del made in Italy nel mondo”. Così ha deciso la ministra Daniela Santanchè che ha riformato l’ente facendolo diventare una spa. Dopo la non brillante, seppur molto visualizzata campagna Open to meraviglia, arriva la svolta. Il governo Meloni punta molto sul nuovo Enit. E la ministra di FdI ha già trovato il nome del presidente dell’ente: Flavio Briatore. L’imprenditore ha ricevuto l’offerta per il nuovo incarico. Ed è subito Open to Twiga. 

La “Santa” e “il Flavio” sono amici e soci in affari da anni. Appena arrivata al governo, dovendo occuparsi con la sua delega anche di spiagge, gli ha venduto le quote del poco spartano stabilimento balneare di Forte dei Marmi (un’altra percentuale è andata al compagno di lei, Dimitri Kunz d’Asburgo Lorena). Secondo l’idea della ministra, Briatore è l’ambasciatore ideale dell’Italia all’estero: manager sportivo in Formula 1, un’esperienza decennale nell’ospitalità di lusso con catene in tutto il mondo. Cantore della vita smeralda in Sardegna e delle bellezze nostrane, piccolo Trump made in Verzuolo non ha mai nascosto l’aderenza, a colpi di politicamente scorretto, al centrodestra. Già amico del Cav. e di Matteo Salvini ora nutre forti simpatie per Giorgia Meloni: basta ascoltarlo quando lo chiamano a commentare le faccende della politica in tv.

E’ il cultore della destra billionaire: cantieri aperti, riforma della giustizia, abolizione del reddito di cittadinanza, turismo come come eccellenza su cui puntare tutto. Ecco perché Santanchè ha pensato a lui per affidargli la presidenza di questa scatola magica, l’Enit, destinata a diventare il megafono del Belpaese. Nonché la cassaforte di una promozione mirata in tutto il globo terracqueo. Briatore si è preso qualche giorno di tempo per decidere, ma gli è stato fatto sapere che anche a Palazzo Chigi sarebbero molto contenti della nomina. Sognava il movimento “Del Fare”, progetto politico populista trasversale mai decollato, ora si torna a parlare di lui. Già ai tempi del governo gialloverde, Salvini pensò di affidargli un incarico. All’epoca Briatore interrogato da questo giornale rispose così: “Potrei dirgli di sì, a patto di esser messo nelle condizioni di fare le cose. Il tempo è prezioso, specie alla mia età. Se ne sottraggo un po’ a mio figlio e alla mia famiglia, non voglio sprecare le giornate in commissioni inutili a sentire idioti che non hanno mai viaggiato in vita loro”. Poi ci fu il Papeete. Adesso la storia si ripete. E Briatore potrebbe rispondere invece che “sei fuori!” con un più accondiscendente “ok sono dentro!”.
 

  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.