il voto a montecitorio

La maggioranza crolla alla Camera: il Def non viene approvato. Un guaio per Meloni

Valerio Valentini

Il centrodestra si perde per strada quasi 50 voti: l'Aula di Montecitorio non autorizza lo scostamento di bilancio. Salta il taglio del cuneo fiscale. L'ira di Giorgetti. Processo agli assenti. Il caso Barelli in Forza Italia

Succede presto o tardi a tutti i governi. E oggi, nel primo pomeriggio di questo giovedì di fine aprile, è successo anche a Giorgia Meloni: la sua maggioranza è andata sotto alla Camera. A sorprendere, però, sono sia i tempi sia i modi. I tempi, perché ad appena sei mesi dal battesimo dell'escutivo patriottico, questo scivolone - di quelli che di solito segnalano l'inizio del precipitare degli eventi - pare un po' troppo precoce. E per i modi, soprattutto. Perché quello di oggi non era un voto ordinario: si discuteva la relazione al Def, il Documento di economia e finanza.

Si doveva autorizzare, cioè, l'indebitamento dello stato: e per questo era richiesta una maggioranza assoluta. Servivano, insomma, 201 voti. Ne sono arrivati solo 194, sette in meno del minimo sindacale, ma soprattutto 46 in meno del totale potenziale, se è vero che i gruppi di maggioranza possono contare su 237 voti, a cui si aggiungono i 3 delle minoranze che hanno dato il loro sostegno. Ed è clamoroso, ovviamente: perché senza il via libera allo scostamento di bilancio, il governo non potrà varare le misure che aveva progettato. Anche il tanto publicizzato taglio del cuneo fiscale da 3 miliardi di euro finisce in nulla.

Inizia, invece, il processo alla maggioranza, con tanto di Var. Di chi è la colpa? Del giovedì pomeriggio, certo, dell'ansia di tornare a casa. E va bene. Della scarsa sollecitudine con cui il ministro per i Rapporti col Parlamento, il meloniano Luca Ciriani, ha segnalato la delicatezza del voto? Può darsi. Ma a emergere, almeno sulle prime, è una sciatteria generale. La Lega aveva 11 assenti ingiustificati; Forza Italia 9, Fratelli d'Italia 5. Ma c'è di più: perché se a questi si aggiungono anche i deputati "in missione", compresi i membri di governo, si devono aggiungere altre 19 defezioni. Ed è notevole che in Forza Italia a mancare all'appello sia perfino il capogruppo Paolo Barelli, insieme al suo vicario, Raffaele Nervi. Una truppa mandata sul fronte decisivo senza il generale e il suo vice? Ohibò. 

Di certo c'è che Meloni, nel frattempo in viaggio diplomatico a Londra, apprenderà la notizia con un certo disappunto. E si capisce, perché la figuraccia ha pochi precedenti, su un voto così importante. Un incidente, quello verificatosi a Montecitorio, che di fatto rende il Def carta straccia. "Il problema è che i deputati non sanno, o non si rendono conto", già sbuffa il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, evidentemente contrariato. È toccato a lui tornare in Cdm, a stretto giro dopo il voto, per far varare un nuovo Documento finanziario. Secondo fonti dell'esecutivo il documento non ha subito modifiche rispetto a quello già trasmesso, mentre è stata presentata la Relazione da sottoporre al voto del Parlamento. Il primo appuntamento è domani alle 14 in Senato. 

 

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.