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L'analisi

Allargare il polmone verde del paese coi soldi del Pnrr è più difficile di quanto si creda

Antonio Pascale

I soldi europei vengono stanziati, i progetti vengono delineati, ma manca la materia prima. La causa è l'abbandono dei vivai forestali, la mancanza delle giuste piante e di spazi adatti ad essere alberati

La premessa è importante: le piante sono gli unici organismi viventi che mettono in comunicazione terra e cielo. Le piante assorbono acqua e sostanze nutritive con le radici, la soluzione migra lentamente verso la chioma, qui, le foglie aprono gli stomi e fanno entrare questo famigerato gas, l’anidride carbonica e grazie ai cloroplasti e alla luce si sviluppa la reazione fotosintetica che come risultato produce amido (che serve alla pianta, ma anche a noi) e acqua e ossigeno. Quindi noi siamo figli delle piante, non delle stelle come cantava il bravissimo Alan Sorrenti nel lontano 1977. Premessa importante, perché appunto le piante, oltre a calmare gli  animi e consolare gli afflitti (accade in qualche giardino), stoccano anidride carbonica. Dunque, si tratta di un convertitore naturale di C02 che potrà esserci utile, visto che ce n’è in eccesso, visto poi i cambiamenti climatici e considerato che l’ingegneria climatica promette bene ma nella pratica è ancora carente. Conclusione? Le piante vanno piantate, e infatti nell’ambito del Pnrr sono stati stanziati 330 milioni di euro per piantare circa 6,6 milioni alberi da qui al 2024. Bene, no? E invece no, del resto le stranezze del nostro paese sono note a tutti. Abbiamo una fortissima tendenza ad annunciare slogan, superlativi progetti e deliziosi intenti, che poi però si fermano al primo ostacolo e tutto collassa, anche se, nonostante il collasso poi si risolve tutto a tarallucci e vino: e siamo pronti per nuovi e roboanti annunci. Così è per le piante, dobbiamo piantarle? Sì, certo, tuttavia ci accorgiamo che non ce le abbiamo. Perché non abbiamo le piante? Perché non abbiamo più, o non sono sufficienti, i vivai forestali. Certo, di vivai ne esistono, ma producono piante di interesse agrario per gli agricoltori e per me che mi devo mettere il glicine fuori al balcone o l’orchidea in bagno, roba ornamentale e profumata, per carità ma il Pnrr nasce con altri obiettivi.

 

I vivai forestali (che sono patrimonio nazionale  e distribuivano gratis alberi a quei comuni che ne facevano richiesta per la forestazione urbana oppure per rimboschimenti) erano gestiti dal Corpo forestale dello stato, che come ricordiamo dal 2017, via Renzi/Madia, è stato inglobato nella Benemerita.  Dunque? Dunque, nel passaggio di consegne molti vivai delle regioni sono in condizioni di abbandono. Il risultato è che manca la materia prima, niente alberi da piantare. Aggiungi poi che mica metti le specie che vuoi. Ogni città (il Pnrr prevede la piantumazione degli alberi specialmente nelle città) vuole le sue specie perché, certo, mica puoi mettere una specie montana a Napoli, così, per soddisfare la voglia di alta quota. Gli alberi poi vanno curati, irrigati, potati e soprattutto scelti a dovere, altrimenti finisce che ci facciamo la guerra noi e gli alberi. Oppure finisce che metti due mandorli in fiore in vaso e li lasci lì e dopo due mesi parecchi di questi non solo sfioriscono ma muoiono. Poi andrebbe considerato il fatto, non secondario, per dir la verità, che per piantare gli alberi bisogna trovare lo spazio, sennò appunto finisce che li metti sul primo marciapiede disponibile, interrandolo alla meno peggio. Per non parlare di alcune zone così densamente popolate che gli urbanisti le chiamano “insieme Q”, cioè luoghi storicamente, antropologicamente così dense che non entra neppure uno spillo, figuratevi un abete rosso o un bel cedro del Libano. Queste complicazioni valgono per i nuovi alberi e andrebbero risolte. Per esempio, è importante che i vivai che producono specie arboree per le città siano certificati, basta poco per rovinare una piantumazione.

 

Altro discorso interessante sarebbe quello relativo agli alberi già esistenti, cioè ai nostri boschi. Molto belli, il patrimonio di biodiversità più grande in Europa e che però ancora una volta, affinché il bosco non diventi boscaglia impenetrabile, necessiterebbe di un corpo forestale ben addestrato che se ne prendesse cura e magari accorresse nel caso non così raro che il bosco prenda fuoco (e magari spegnerlo in giornata). Come finirà? Finirà che gli alberi diventeranno una metafora, il loro ciclo produttivo è molto lungo, a volte supera il secolo, mentre il nostro impegno politico  e deliberativo, viste e considerate le famose necessità della politica  e della poltrona nonché l’impegno cogente che i politici hanno nei talk, insomma il nostro ciclo deliberativo dura poco: noi facciamo collassare i nostri migliori intenti nel giro di qualche mese: mi sa che invece di vedere verde vedremo nero, nel senso metaforico, si intende.

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