Il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti (Ansa)

L'editoriale dell'elefantino

Così la destra strappa le politiche sociali agli avversari modernisti

Giuliano Ferrara

Dopo popolo e nazione, ora il governo si prende anche la famiglia con figli. Le misure per arginare il calo demografico e incentivare le nascite sono ormai percepite come ideologiche: la proposta di Giorgetti rivela le piaghe del dibattito pubblico

Dalle reazioni alla proposta fiscale di Giancarlo Giorgetti, ministro dell’Economia che dice “due figli, niente tasse”, si capisce che la natalità nonché i tassi di fertilità e fecondità sono categorie di destra ideologica o come tali sono percepite. La dichiarazione rivelatrice fra tante è quella della correttissima sociologa Chiara Saraceno, convinta che invece della detassazione dei prolifici servano “progetti di lungo termine” (ma la generazione che cos’è se non il colmo del lungo termine?) oltre a dosi da cavallo supplementari di welfare (tax and spending, il grande mito della sinistra universale). Non male anche la generica, cauta ma sicura, diffidenza sull’efficacia: le tasse non sono il problema, si dice a sinistra, ben altre sono le ragioni per cui le donne non vogliono più tanto fare figli (vero, ma è un terreno di discussione molto delicato e equivoco). Poi, come indica un tweet di Fulvia Bandoli, c’è lo scandalo etico: il fisco deve riequilibrare e redistribuire secondo giustizia, non premiare chi si accoppia, concepisce e partorisce. E qui è ancora più chiaro: sarà mica un merito sociale fare figli?

 

L’avversione al ciclo della natalità, e alla collegata maternità & paternità, è di una stoffa molto resistente e si può scommettere che, se il governo decidesse di fare davvero quello che promette via Giorgetti, draghiano sì ma pur sempre leghista, dunque indirettamente collegabile alle sparate anti sostituzioniste, la diffidenza culturale o ideologica si trasformerebbe in opposizione politica aperta, se già non sia così al momento. L’anticipazione del Foglio ha messo il dito nella piaga comunicativa e sociale della natalità in relazione alle politiche pubbliche e fiscali, sono cose più resistenti delle baldanzose polemiche e sull’ignoranza del ministro Lollobrigida e sui trascorsi antisorosiani e kalergici della stessa presidente del Consiglio, quella della sua famiglia politica che meglio ha imparato le meravigliose tecniche dell’oblio di sé, in un misto di nirvana e di psicoanalisi junghiana. Forte di nove figli e della sua formazione cattolica, l’ex ministro Graziano Delrio è finora l’unico a essersi sottratto, pur con qualche riserva, alla chiamata alle armi nel folto drappello degli antinatalisti.

 

Ovviamente stanno per nascere e nasceranno molti figli e figlie di coppie di sinistra, di innamorati globalisti delle più diverse sfumature individualiste e liberali. Il fertility day, come lo chiama un mio caro amico, è il plebiscito di ogni notte trasversale alle ideologie. Questo non è il problema per molt* giovani ardenti. Tanto più che la gestazione per altri, la maternità come scelta di aiuto a coppie sterili o omosessuali, e la filiazione per così dire intrafemminile, senza diretta partecipazione maschile all’atto copulativo (vi piace questo gergo di procura?), si sposano al mercato globale del corpo femminile e del seme maschile, e il mercato, specie quello ingegneristico e genetico, si sa, è molto contemporaneo, molto intrinseco a una società di diritti, aperta, più individualistica che focolareggiante. Mai come oggi la maternità è più una leva laica che un mito edificante cattolico. Un leggendario apologo d’antan, che sembra e forse è inventato, parla di tre amiche femministe in viaggio, due delle quali scatenate contro la penetrazione e la terza possibilista, che al ritorno la fanno più semplice di quanto sembrava, con stupore della possibilista, visto che si scopre che una delle due femministe molto radicali è incinta, e non con tecniche genetiche.

 

Il busillis è di una disarmante linearità. La destra ideologicamente e elettoralmente si è presa in larga misura popolo e nazione, agricoltura e operai dell’industria, artigianato e piccola e media impresa, molto commercio e servizi, e ha lasciato liberi diritti di minoranza, logiche di élite, pensiero cataclismatico e climatico, migrazionismo spinto. Ma non le basta. Ora, le circostanze demografiche negative aiutando, vuole prendersi ben bene il più classico ideogramma identitario, comune all’occidente cristiano e a tutte le altre società del secondo terzo e quarto mondo (chissà se sono locuzioni accettabili): la famiglia con figli. Il fisco come leva per spingere in alto, dai bassifondi in cui sono scese, fertilità, fecondità e natalità, con il congruo complemento della paternità (di natura – diciamo – patriarcale) e della maternità, ecco qualcosa di apparentemente neutro che, con la complicità ideologica di una sinistra modernizzante ma non attenta alla sostanza delle questioni, può diventare una bandiera, come si dice, epocale.

 

Per quanto l’immacolata Concezione di Maria e la sua Verginità, dogmi cristiani difficili da svellere ancora per un po’, siano letti come pietre d’inciampo della dottrina cattolica in materia di filiazione e genitorialità, è evidente che lo spartiacque ideale si fissa lungo questi confini: la natalità e il natalismo alludono al sangue o al biologico e ai suoi legami di incarnazione, sono addirittura affini al concetto controverso di stirpe malgrado l’universalismo della pratica, nonostante mille risorse del melting pot, comunque rinviano a famiglia, focolare, controllo sociale entro ruoli definiti, e storicamente sono stati robusti gagliardetti nelle mani di regimi di massa autoritari, con l’eccezione del totalitarismo comunista cinese e della sua politica restrittiva del figlio unico, ora abbandonata dopo tanti danni. Tutti questi fattori negano in apparenza princìpi di radicale autonomia, possesso di sé, libertà etica e morale di decidere egualitariamente perfino il proprio sesso, altro che l’orientamento sessuale. Quindi la politica forse necessaria per arginare il declino demografico con una leva sicura e spiccia, probabilmente seducente per le giovani coppie filiature, si aggiunge alle altre che la destra ha strappato dalle mani dei suoi avversari modernisti e anticonservatori. Andiamo bene.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.