Silvio Berlusconi a Fiuggi nel settembre 2018 per "L'italia e l'Europa che vogliamo" (foto Roberto Monaldo / LaPresse) 

l'editoriale del direttore

La vera eredità politica del Cav. è in Europa. Lezioni per Meloni

Claudio Cerasa

Pnrr, migranti, crescita. Le alleanze giuste per risolvere i guai dell’Italia, in Ue, somigliano più a quelle che ha indicato Berlusconi che a quelle che sta costruendo la premier. La salute del leader di Forza Italia e qualche indicazione per il futuro

Le preoccupanti condizioni di salute di Silvio Berlusconi – il bollettino medico di ieri ci informa che il Cav. soffre “da tempo di leucemia mielomonocitica cronica”, è “ricoverato in terapia intensiva per la cura di un’infezione polmonare”, ed è in condizioni “gravi” anche se “non intubato” – costringono anche gli osservatori meno cinici a dedicare una discreta dose di attenzione a un argomento delicato che generalmente viene incasellato all’interno di una macro area tematica che tende a coincidere con un concetto difficile da maneggiare in queste ore. L’argomento ovviamente è uno: quali sono i tratti più significativi dell’eredità politica del Cav. che possono aiutarci a capire qualcosa in più sul futuro del centrodestra?

  

Il tema forse più importante, e più utile da mettere a fuoco oggi, riguarda una questione che si trova  al centro della cosiddetta agenda Meloni. E la questione anche qui è semplice da inquadrare: come costruire con l’Europa un rapporto sano, profittevole, capace di non penalizzare in modo sistematico il nostro interesse nazionale? Nella sua vita, Berlusconi ha avuto un rapporto travagliato con l’Europa, lo sappiamo, e per molto tempo l’establishment politico dell’Ue (ricordiamo tutti le risatine di Sarkozy e Merkel rivolte all’Italia berlusconiana) ha fatto di tutto per far sentire il Cav. un corpo estraneo alla democrazia europea (e anche il Cav., sornione, a volte ci ha messo del suo per alimentare in Europa i pregiudizi pigri relativi all’Italia).

  

Eppure, se si sceglie di allargare l’inquadratura e osservare le traiettorie passate e presenti del centrodestra, non si farà fatica ad ammettere, per tornare ai nostri giorni, che le alleanze giuste per provare a risolvere i problemi dell’Italia, in Europa, sono alleanze che somigliano di più a quelle che ha tentato di costruire Berlusconi che a quelle che sta tentando di costruire Meloni. Berlusconi, specie nell’ultima parte della sua esperienza politica, ha fatto di tutto per tenere il centrodestra all’interno di una cornice chiara ed efficace: non si governa in Europa con gli estremisti di destra, non si governa in Europa senza alleanze con Francia e la Germania, non si governa in Europa senza costruire con i grandi paesi europei accordi per far contare l’Italia fuori dai suoi confini nazionali.

  

Non sempre il gioco è riuscito al Cav., è chiaro, ma visto con gli occhi di oggi è evidente che lo schema del centrodestra berlusconiano è l’unico all’interno del quale Giorgia Meloni può muoversi, nel futuro, per far contare l’Italia su quattro partite cruciali: avere maggiore solidarietà sull’immigrazione, avere maggiore flessibilità sul Patto di stabilità, avere maggiore sostegno dall’Europa contro il protezionismo americano, avere maggiore aiuto dall’Europa per poter rimodulare alcuni punti del Pnrr.

  

Berlusconi e Meloni al Quirinale dopo un incontro con Mattarella nell'ambito delle consultazioni, 21 ottobre 2022 (AP/Gregorio Borgia) 
   

In tutte queste partite, Giorgia Meloni si sarà resa conto che per ottenere risultati i suoi migliori amici sono i suoi peggiori avversari mentre i suoi peggiori amici potrebbero essere i suoi miglior alleati. Per avere più solidarietà sui migranti, i peggiori nemici di Meloni sono proprio i suoi amici nazionalisti. E pensate che sostegno potrebbero dare al governo italiano il primo ministro polacco (Morawiecki), il primo ministro ungherese (Orbán) e il primo ministro ceco (Fiala): zero, ovviamente. Per avere più solidarietà sul Patto di stabilità, la speranza di Meloni è che i suoi alleati di Svezia, Finlandia e Ungheria, desiderosi di avere in economia un’Europa meno generosa con i paesi spendaccioni, contino quanto il due di picche.

  

E lo stesso discorso vale sul Pnrr. Perché se l’Italia dovesse decidere, opzione remota ma non impossibile, di modificarlo in modo profondo, strutturale, l’Italia dovrebbe andare incontro a un voto all’interno dell’Ecofin, dove i suoi peggiori nemici potrebbero essere ancora i governi sostenuti da maggioranze di estrema destra (Svezia, Finlandia). Il nostro David Carretta, su queste pagine, ha spesso ricordato che in Europa il peggior nemico dell’Italia è spesso l’immobilismo del nostro paese, perché non puoi chiedere nuovo debito comune se non riesci a spendere quello che hai già, perché non puoi chiedere sconti sul Patto di stabilità se non riesci a portare avanti le riforme strutturali concordate con l’Europa, perché non puoi chiedere maggiore solidarietà sui migranti se, scegliendo di favorire i movimenti secondari all’interno dell’Europa dei migranti, decidi di violare il trattato di Dublino senza volerlo modificare. Il ragionamento è corretto ma è speculare a una  svolta che presto dovrà fare capolino nella testa di Meloni. Prendere atto del fatto che le alleanze costruite nel passato con la destra estrema non sono compatibili con la difesa del nostro interesse nazionale (meno Vox, più Ppe). Prendere atto del fatto che le alleanze con i partiti e i paesi europeisti sono infinitamente più utili per l’Italia delle alleanze con i paesi euroscettici (e se poi decidi di costruire alleanze fragili, e sconvenienti, finisce che i paesi europeisti ti mettono nell’angolo, come è successo qualche settimana fa con le norme sul motore a scoppio, che hanno salvato i propulsori termici alimentati con carburanti sintetici, i cosiddetti i e-fuel, come chiedeva la Germania, mentre hanno penalizzato i cosiddetti biocarburanti, che l’Italia chiedeva di salvare). E capire che in un’Europa in cui il patto di Visegrád è morto, in cui Francia e Germania sono sofferenti, l’unico modo per ottenere successi è rendersi conto che i veri amici con cui costruire un futuro sono quelli che fino a qualche tempo fa consideravi nemici. Sono le coordinate dell’Europa. Sono le coordinate della realtà. Sono, in fondo, le coordinate del Cav.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.