Foto di Roberto Monaldo, via LaPresse 

l'intervista

Autonomia e competitività. “Con Meloni si può collaborare”, dice Manfredi

Valerio Valentini

Il sindaco di Napoli è preoccupato dalla proposta di Calderoli: "Privilegiare le regioni a discapito dei comuni non funziona". E sul Pnrr: via ai nuovi impianti, mentre per i fondi su scala locale bisogna coltivare i rapporti con il governo: "Deve funzionare"

Evidentemente, il modello De Luca non deve piacergli granché. “In che senso?”. Lui, il presidente campano, i disoccupati che protestano non li fa entrare al palazzo della regione. E invece Gaetano Manfredi, sindaco di Napoli, rimanda l’intervista di due ore rispetto all’orario concordato. “Ho dovuto riceverli: sono persone che vanno ascoltate se si vuole provare a risolvere i loro problemi. E quello del lavoro, qui, è un problema enorme”. Al che tocca cominciare col Reddito di cittadinanza: si fida della riforma in cui si è impelagato il governo? “Sono molto preoccupato, confesso. Perché non ho ben capito come si voglia procedere. Anche questo discrimine così categorico tra occupabili e no: ma ‘occupabile’ è una categoria molto sfuggente. Tra gli occupabili potenziali ci sono ad esempio molti ultracinquantenni con bassissima scolarizzazione, che dal mondo del lavoro sono stati espulsi da anni”. Che fare? “Noi a Napoli abbiamo assegnato lavori di pubblica utilità ai percettori del Rdc. È un buon metodo per distinguere facilmente tra chi vuole trovare un lavoro e chi vuole solo un sussidio”. Com’è andata? “L’85 per cento di quelli contattati, ha accettato di lavorare”.

 

E l’autonomia? “Anche qui, mi preoccupa. Per tre motivi. Il primo è che il paese, per essere competitivo, su molte materie deve darsi una strategia che sia quantomeno nazionale, se non europea. Parcellizzare le competenze su energia, infrastrutture, ricerca e sviluppo, temo finirebbe per rallentare tutta l’Italia. Poi c’è una questione legata all’equilibrio tra gli enti locali. Privilegiare troppo le regioni, a discapito dei comuni, non funziona. Anzi, anche nella gestione dei fondi di coesione, spesso i sindaci hanno maggiore capacità di mettere a terra i progetti. E poi c’è una questione di divario. Non solo tra nord e sud, ma anche tra centro e periferia. E qui eviterei la lagnanza: il punto non è reclamare, al sud, maggiori risorse. Il Mezzogiorno, semmai, deve pretendere di essere messo nelle condizioni di essere competitivo. Anche la Commissione europea considera i divari territoriali una fonte di ritardo dello sviluppo”. Un esempio? “L’istruzione. Al nord il tempo pieno raggiunge punte dell’80 per cento in certe province. Al sud la media è intorno al 20. A conti fatti, un ragazzo siciliano frequenta un anno di scuola in meno di un suo coetaneo lombardo”.

 

A proposito di competitività: come va col Pnrr? Molti sindaci del sud lamentano ritardi e complicazioni. “Il rincaro dei prezzi incide molto sui tempi e sulla realizzabilità dei progetti. Ma diamo il massimo, anche in un comune che ha un personale sottodimensionato e mediamente anziano. Anzi. Oltre al miliardo di finanziamenti ottenuti col Pnrr, io punto a vedermene assegnati altri su due progetti che rientrano nei parametri del Recovery. Uno per il potenziamento delle reti idriche, l’altro per la costruzione di nuovi impianti per i rifiuti”.
Attenzione: un sindaco di sinistra a favore di nuovi impianti. “Ho già autorizzato un impianto di compostaggio in città. Ne servirebbero altri per il trattamento di vetro e plastica. Continuiamo a portare troppo rifiuti fuori regione: è anti economico e anti ecologico”.

 

Poi c’è l’altro Pnrr, quello su scala locale, che Napoli sta affrontando. “Col governo Draghi abbiamo lanciato questo modello, sì: un sostegno economico da parte di Roma condizionato al raggiungimento di obiettivi di efficienza e produttività. Sta funzionando. E forse, finalmente, si archivierà l’epoca dei dissesti e dell’austerità”.

 

Sta funzionando anche col nuovo governo? “Deve funzionare, certo”. Letta e Bonaccini, per aver detto che la Meloni ha fatto meno danni del previsto, sono stati ingiuriati da mezzo Pd. “Io col governo ho una buona collaborazione di tipo istituzionale. E del resto i sindaci devono risolvere i problemi dei cittadini, non alimentare la polemica politica. Su quel piano, il dialogo è più facile”. Ed è anche per questo suo essere anzitutto un amministratore che ha benedetto la candidatura di Bonaccini al congresso? “Nessuna benedizione, tanto più che non sono un iscritto. Ma con Stefano, e oltre che con lui col mio amico di Bari, Antonio Decaro, ci si intende sul linguaggio delle cose del fare. Poi, per altri versi, l’energia rinnovatrice di Elly Schlein la trovo utilissima”. Che ruolo, per il Pd? “Quello di perno del fronte progressista riformista”. Un fronte ampio quanto? “Da Conte a Calenda, per dirla in uno slogan. Ma serve lavorare sui progetti. Fare proposte improntate a un radicale riformismo. Su lavoro e le sue nuove frontiere; sulle disuguaglianze; sui giovani. Se diamo una risposta nuova a questi problemi, le intese si costruiscono”.

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.