Foto di Riccardo Antimiani, via Ansa 

l'analisi

I tre errori che rendono l'autonomia una riforma senza futuro

Giacinto Della Cananea

Tre sbagli (con gravi conseguenze) a cui si va incontro nel ddl proposto da Calderoli. Il primo è il ruolo secondario del Parlamento sui contenuti. Il secondo sono gli effetti probabili della legge. E il terzo riguarda i Lep. Una norma da non approvare con fretta

L’autonomia differenziata delle regioni, mediante il trasferimento di funzioni amministrative dagli uffici statali, è stata prevista dalla riforma costituzionale del 2001, effettuata dal centrosinistra, ma in seguito è stata invocata soprattutto dal centrodestra. Anche al suo interno, però, vi è diversità di vedute. Mentre vari rappresentanti leghisti chiedono  che l’autonomia differenziata sia realizzata al più presto, il premier ha ribadito che l’Italia dev’essere unita, senza divari tra territori e tra cittadini.

 

Tra le opposizioni, molti temono che dare maggiori gradi di autonomia ad alcune regioni incrini l’unità nazionale. Ci si può chiedere se il nuovo schema di disegno di legge predisposto dal ministro Calderoli comporti questo rischio. Rispetto al testo precedente, esso presenta miglioramenti. L’accordo tra lo stato e la singola regione che chiede l’attribuzione delle funzioni amministrative ha una durata non superiore a dieci anni. È stato esteso – da 30 a 60 giorni – il termine entro il quale il Parlamento può esaminare lo schema di intesa preliminare.

 

Si può auspicare che, nel corso della discussione parlamentare, il testo sia ulteriormente rettificato. Tuttavia, allo stato attuale, non si può escludere che siano commessi tre errori, che avrebbero gravi conseguenze. Il primo è di metodo, perché riguarda il ruolo del Parlamento. Da più parti si è osservato che allo stato attuale le Camere potrebbero soltanto esaminare lo schema di intesa preliminare, senza incidere sui contenuti. Insomma, il governo è l’unico dominus d’una decisione che riguarda tutti e che richiede perciò larghe intese, prima che la legge sia approvata.

 

Anche la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni relative ai diritti civili e politici tramite semplici decreti del presidente del consiglio emargina il Parlamento. Il secondo errore riguarda gli effetti che conseguirebbero all’approvazione della legge e delle intese. Tra le funzioni amministrative di cui si è chiesto il trasferimento, ve ne sono svariate riguardanti la tutela della salute. Ma siamo sicuri che, dopo tre anni di pandemia, gli italiani desiderino un’ulteriore differenziazione del sistema sanitario? Ed è ragionevole regionalizzare funzioni riguardanti le infrastrutture, mentre il nostro paese è impegnato nello sforzo di realizzare quelle finanziate dal Pnrr?

 

Il terzo errore che va evitato riguarda i livelli essenziali delle prestazioni. La previsione attuale, secondo cui essi devono essere determinati prima del trasferimento delle funzioni, senza che ne sia stabilito il finanziamento, comporta il rischio che sia ripristinato il vecchio criterio della spesa storica. Ciò cristallizzerebbe gli attuali divari, proprio mentre si afferma di volerli superare. Insomma, una legge di sistema non dovrebbe essere approvata frettolosamente.

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