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La solita danza sull'Autonomia. Calderoli ci riprova, Meloni frena: "No a territori di serie A e B"

Ruggiero Montenegro

"D'accordo con la premier", dice la Lega, con una mezza retromarcia. Oggi il ministro per gli Affari regionali porta in pre consiglio il suo disegno di legge: nella ripartizione della competenze sarà centrale il parere del governo. Il nodo dei Lep e i calcoli elettorali del Carroccio

Un passo avanti e uno indietro. La danza, il canovaccio, è grossomodo sempre lo stesso. Si ripete ormai da qualche da mese: Roberto Calderoli prova lo scatto, rilancia l'autonomia differenziata, e qualcuno dai piani alti di Fratelli d'Italia - da Lollobrigida a Rampelli -  interviene e smorza i toni, frenando il ministro. E allora dal Carroccio provano, non senza insofferenze, a riallinearsi. È successo un'altra volta in queste ore, se ne è incaricata direttamente Giorgia Meloni.

Così mentre il titolare degli Affari regionali recapitava ai suoi omologhi la nuova bozza del progetto di legge, che oggi sarà analizzata nel pre consiglio, la premier ribadiva i paletti: "Non ci rassegniamo all'idea che ci siano territori e servizi di serie A e B", ha detto davanti alla platea dei sindaci, radunati in migliaia a Roma per la presentazione del Progetto 'Polis-Casa dei servizi digitali' di Poste Italiane, che porterà uno sportello unico nei paesi più piccoli, attraverso cui richiedere direttamente documenti e prestazioni, anzichè fare la spola tra un ufficio e l'altro.

Meloni parlava agli amministratori, certamente. Ma è chiaro anche che il tempismo non è stato scelto per caso. "Non ci sia spazio per i personalismi e le piccole beghe politiche sulla pelle dei cittadini", ha ammonito la presidente del Consiglio. E ancora: "Tutti i livelli istituzionali devono darsi lealmente aiuto a vicenda”. Difficile non cogliere il riferimento al Carroccio e alle sue fughe in avanti. D'altra parte non è un mistero che l'autonomia non sia esattamente la priorità di Meloni, che anzi vorrebbe per ora tenere in cassetto, consapevole di quanto questo terreno sia scivoloso per una maggioranza che di recente, per dire, si è già incartata sulle intercettazioni.

Fratelli d'Italia, lo ha ribadito più volte, vorrebbe semmai che l'autonomia andasse di pari passo con il presidenzialismo – "la madre di tutte le riforme" – con tempi ben più dilatati. A stretto giro è poi arrivata la replica della Lega, che da una parte si è detta in  "assoluto accordo" con la premier, ma dall'altra ha precisato: "Gli italiani di serie A e di serie B ci sono oggi. Noi vogliamo unirli all'insegna dell'efficienza e dell'autonomia". 

Il nodo principale, che si trascina da tempo, restano i Lep (i livelli essenziali delle prestazioni): come garantire uniformità sul territorio, come devono essere definiti e da chi. Calderoli ripete da settimane che il suo progetto ne terrà conto, arrivando anche a minacciare la querela verso chi sostiene che il suo disegno "spaccherebbe l'Italia". Una posizione che in fondo non convince nemmeno gli alleati di governo. Tanto che il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli, a metà gennaio, era intervenuto, avvertendo: “Della fretta e della scarsa condivisione con cui abbiamo approvato la riforma del Titolo V, ancora paghiamo le conseguenze. Se fossi il ministro Calderoli non vorrei fare la fine di Bassanini criticato da tutti gli amministratori, di destra e sinistra. L’architettura dello stato va migliorata, ma non si può più sbagliare, pena il collasso”. 

 

Ostacoli che tuttavia Calderoli ritiene superabili – se non già superati – dalla bozza di Ddl che sarà discussa oggi in vista del Consiglio dei ministri di giovedì. "Il trasferimento delle funzioni concernenti materie o ambiti di materie riferibili ai Lep, può essere effettuato, secondo le modalità e le procedure di quantificazione individuate dalle singole intese, soltanto dopo la determinazione dei medesimi Lep e dei relativi costi e fabbisogni standard", si legge all'articolo 4 del documento.  Quanto alle intese, e alle competenze richieste, saranno le regioni a definirle, trasmettendo poi l'atto al presidente del Consiglio, a cui dunque spetterà un ruolo centrale, l'ultima parola. Ed è questa una scelta che segna un passo nuovo, perché negli scorsi giorni la centralità del Parlamento – che oggi diventa più laterale – non era stata mai messa in discussione. Tutte le intese, inoltre, avranno durata "non superiore a dieci anni".  Non mancheranno certamente le polemiche e i distinguo, anche i governatori del sud in capo a Forza Italia in questi mesi non hanno mai nascosto le perplessità.

Ma per la Lega, almeno per il momento, questo è forse secondario. Più importante è portare a casa un risultato – ancorché minimo – in vista delle regionali. E in particolare di quelle lombarde dove la questione è assai sentita. E se la riconferma di Attilio Fonatanasondaggi alla mano – non sembra in discussione, diversa è la partita delicatissima che riguarda i rapporti di forza interni alla maggioranza. Il Carroccio ha bisogno di rilanciarsi, alle politiche di settembre è stata più che doppiata da FdI. Nel frattempo è nato pure il Comitato nord di Umberto Bossi, per tornare alle origini.  E un'altra scoppola elettorale in casa, per Salvini, non sarebbe facile da spiegare. 

 

 

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