Il caso

Gli insegnanti marinano lo sciopero di Landini. Numeri di un flop

Gianluca De Rosa

L’adesione tra i docenti ad almeno una delle due giornate di protesta a livello nazionale a metà dicembre è stata dell’1,6 per cento, percentuali poco superiori quelle di personale Ata ed educatori, rispettivamente il 2,9 e il 2,5 per cento. Pesa l'assenza della Cisl che del mondo della scuola è diventato il primo sindacato

l mondo della scuola e dell’università non ascolta più il sindacato? Insegnanti, educatori e ricercatori hanno abbandonato i segretari di Cgil e Uil Maurizio Landini e Pierpaolo Bombardieri?  Andiamoci piano con le suggestioni. Certo è che a guardare i dati dell’adesione all’ultimo sciopero generale dello scorso 16 dicembre contro la legge di bilancio, e sommandoli con le giornate di sciopero regionale del mondo della scuola della settimana precedente, ci si trova davanti a numeri molto chiari. Gli scioperi sono stati un flop.


Su un campione molto vasto, oltre l’83,5 per cento degli istituti rilevati, l’adesione tra i docenti almeno a una delle due giornate di protesta a livello nazionale è stata dell’1,6 per cento, percentuali poco superiori quelle di personale Ata ed educatori, rispettivamente il 2,9 e il 2,5 per cento. Livelli d’adesione bassissimi. Quasi mai viste a proteste organizzate dalle federazioni dei sindacati confederali. Con qualche eccezione in Liguria, Emilia-Romagna e Toscana dove si è superato il 4 per cento tra i docenti e sfiorato (o raggiunto) il 10 tra i bidelli. In tutte le principali regioni del Mezzogiorno, invece, l’adesione di insegnanti e personale Ata non ha superato neppure l’1 per cento.


A pesare è stata molto probabilmente l’assenza della Cisl che non ha partecipato né agli scioperi di comparto, né alla mobilitazione generale di venerdì scorso, rafforzando ancora una volta l’impressione di un’unità sindacale molto complicata da raggiungere. Non sembra un caso che nelle tabelle per gli accertamenti provvisori della rappresentatività delle sigle sindacali per il triennio 2022-2024, quando s’incontrano i numeri del comparto Istruzione e ricerca, si scopre che anche qui (come da tempo tra il personale amministrativo dei ministeri) è avvenuto il sorpasso della Cisl sulla Cgil. La Cisl Fusr detiene ormai quasi il 23,8 per cento delle deleghe contro il 20,4 della Flc Cgil. La confederazione guidata da Luigi Sbarra è dunque oggi la più rilevante per il comparto dell’Istruzione. Ma certo questo dato non basta.

 

Flc Cgil e Uil scuola sommate valgono ancora il 35,8 per cento degli iscritti al sindaco del mondo della scuola e delle ricerca. Proprio per questo i numeri degli scioperi di dicembre sembrano quanto mai impietosi. Le ragioni possono essere molteplici. Quel che certo però è che poco più di sei mesi fa, era il 30 maggio, allo sciopero nazionale del mondo della scuola al quale aveva aderito anche la Cisl il dato dell’adesione superò il 17,5 per cento. Chi conosce le realtà sindacali però non parla di una maggiore capacità di mobilitazione della Cisl rispetto alle federazioni degli altri due sindacati confederali, ma semplicemente di un ruolo meno politico e più pragmatico svolto dal sindacato di Sbarra. Quando si scioperò lo scorso maggio infatti fu proclamata una mobilitazione nazionale di settore, più attrattiva rispetto a uno sciopero generale trasversale ai settori o a uno sciopero di comparto solo su base regionale, soprattutto non era appena stata aumentata la busta paga degli insegnanti.

Di più su questi argomenti: